Penitenza continua di Renzi sulle partite Iva
Quinto Stato Non passa giorno che il governo Renzi indossi il cilicio e si cosparga il capo di cenere sulle partite Iva.
Quinto Stato Non passa giorno che il governo Renzi indossi il cilicio e si cosparga il capo di cenere sulle partite Iva.
Non passa giorno che il governo Renzi indossi il cilicio e si cosparga il capo di cenere sulle partite Iva. A quelle «giovani» under 35 ha triplicato le tasse con la nuova riforma del regime agevolato entrata in vigore dal primo gennaio. A quelle iscritte alla gestione separata Inps ha aumentato di tre punti l’aliquota previdenziale (dal 27,72% al 30,72%). Una trappola mortale per il lavoro autonomo con o senza albo professionale che, per Angelo Deiana (Confassociazioni) e Andrea Dili (Alta Partecipazione), danneggerà 300 mila persone.
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La rivolta delle partite Iva: “Non siamo i bancomat dello Stato”
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Poche ore dopo l’approvazione della legge di stabilità, il presidente del Consiglio Renzi aveva già ammesso l’errore via radio. Tre giorni fa, in Tv alle Invasioni Barbariche, ha camminato sui ceci davanti a Daria Bignardi: «Quello sulle partite Iva è stato il mio autogol, ma rimedieremo» ha detto. Il testimone della penitenza è passato al ministro del Lavoro Poletti che, in risposta ad un’interrogazione alla Camera del Movimento Cinque Stelle, ha ammesso l’errore e promesso di cambiare la norma.
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Il governo 2.0 fa dietrofront anche sulle partite Iva. Renzi “E’ stato il mio autogol”
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Ieri, a Radio Anch’io, Poletti ha aggiunto una confessione sulle capacità del governo di avere una visione e quella di scrivere una norma capace di applicarla: «Volevamo dare una mano ai freelance e invece li abbiamo penalizzati». Poletti ha rinnovato la promessa di agire rapidamente, senza aspettare la prossima legge di stabilità. Probabilmente verrà votato un emendamento riparatore del nuovo regime dei minimi nel Milleproroghe. Risulta meno chiaro cosa voglia fare l’esecutivo sulla previdenza. Il presidente della commissione Lavoro alla Camera Cesara Damiano (Pd) presenterà un altro emendamento al Milleproroghe per congelare l’aumento dei contributi «non oltre il 27%».
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I nuovi poveri sono gli autonomi a partita Iva
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In attesa di una convocazione reale delle associazioni Acta, Alta partecipazione e Confassociazioni che da ottobre stanno guidando la rivolta contro l’oppressione fiscale e previdenziale ai danni degli autonomi nessuno sembra avere ancora inteso le richieste dei diretti interessati: «Scendere a un’aliquota del 24%, pari a quella a cui arriveranno a regime artigiani e commercianti – spiega Anna Soru di Acta – rivedere il sistema di detrazioni e la no tax area per gli autonomi, includerli nel bonus degli 80 euro e un nuovo patto fiscale». Poletti assicura che le risorse ci sono, ma forse allude ad un campione esiguo di professionisti. Prendendole sul serio, queste rivendicazioni andrebbero invece applicate a 3,3 milioni di autonomi, freelance e dipendenti.
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Freelance tartassati e beffati dal nuovo regime dei minimi
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Se a questo aggiungessimo una riforma del Welfare in senso universalistico, a garanzia di tutti e non più del solo lavoro dipendente, il desiderio di espiazione mostrato dal governo si rivelerà un fuoco fatuo. Gli autonomi, nel frattempo, non si fidano. E preparano l’exit strategy: si iscrivono alla gestione commercianti, agli ordini professionali, usano la cessione del diritto d’autore, spostano la residenza fuori dall’Italia. Per sfuggire alla presa, e agli errori, del governo 2.0.
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