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«Pendolari dimenticati dal chiodo fisso di Salvini per il ponte sullo Stretto»

«Pendolari dimenticati dal chiodo fisso di Salvini per il ponte sullo Stretto»

Intervista Il presidente di Legambiente Stefania Ciafani. «Dovrebbe drenare 11,6 miliardi in nove anni. Sono curioso di capire dove recupereranno 2,8 miliardi previsti per il 2025. L’Alta velocità ha cambiato le abitudini di una parte dei cittadini, ma non deve essere il buco nero che attrae tutte le risorse»

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 10 ottobre 2024

«Il chiodo di Roma Termini non è tanto il problema. Il problema è il chiodo fisso di Matteo Salvini sul ponte sullo Stretto. Se prima avevamo un problema, l’idrovora di fondi pubblici dell’Alta velocità, così ne aggiungiamo un altro. E se già il Paese si dimenticava di pendolari e trasporto regionale, con questa imposizione milioni di abitanti potranno dimenticarsi di potersi muovere in maniera più civile» attacca Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.

Perché Salvini ha acceso la miccia, attaccando direttamente gli operai responsabili dell’errore che ha messo in ginocchio il trasporto bloccando il nodo di Roma Termini?
La grande enfasi dimostrata da Salvini sulla vicenda dimostra che non ha molte carte da giocare su come rilanciare il sistema ferroviario nel nostro Paese. Mi riferisco in particolare a quello dimenticato, ai trasporti regionali, all’interno dei quali viaggiano anche i pendolari. È successa una cosa inaccettabile, perché per un chiodo non può saltare la mobilità ferroviaria, ma questo deve far riflettere su come il Paese si attrezza per rispondere alle emergenze. Il ministro non se la può cavare dicendo chi ha sbagliato pagherà: come dimostriamo nei rapporti presentati quest’anno, su treni regionali e aree urbane, anche lui ha contribuito a creare le condizioni per peggiorare il quadro nazionale.

In che modo?
La legge di Bilancio per il 2024 non prevedeva risorse per il trasporto rapido di massima. Zero euro per metropolitane, tramvie, filovie. Eppure, è iniziato questo percorso che in 9 anni dovrebbe drenare 11,6 miliardi di euro per fare il ponte sullo Stretto. 700 milioni già stanziati per il 2024. Nei primi tre anni, fino al 2026, dovrebbero essere 3,5 miliardi di euro. E se ancora non abbiamo indiscrezioni sulla prossima legge di Bilancio, quel che è certo è che lo Stato non sa dove trovare le risorse per pagare quello che deve garantire e sono curioso di capire come recupereranno 2,8 miliardi di euro per il Ponte. Il rischio che il fondo per il trasporto resti a zero è molto evidente, realistico. È un dramma. In particolare, investire sulle tramvie, infrastrutture leggere, permetterebbe di decongestionare le città. Ad oggi ne abbiamo un settimo di quelle presenti in Germania. Questo gap dobbiamo iniziare a colmarlo.

All’orizzonte, invece, c’è l’autonomia differenziata, una devoluzione.
L’autonomia differenziata esiste già sul trasporto regionale. Lo Stato si occupa di Alta Velocità. Gli Intercity non esistono quasi più. Le Regioni, delegate allo sviluppo del trasporto regionale, mostrano differenze clamorose tra Nord e Sud. Per molti italiani non c’è possibilità di scelta. Se sono trapanese e voglio andare a Ragusa, io oggi, giovedì di ottobre, ho due possibilità: una combinazione con 5 treni, in viaggio dalle 6,24 alle 21. Ho, partendo alle 11,24, 4 treni, un viaggio di 12 ore. Nel Mezzogiorno è impossibile scegliere il trasporto regionale. Nelle aree metropolitane, per lavoro o tempo libero, chi non ha l’auto non ha la possibilità di muoversi. Chi può, prende le auto, intasando le strade.

E alimentando in questo modo il cambiamento climatico. Lo evidenzia anche Ispra, nell’ultimo «Inventario sulle emissioni in Italia».
L’Europa ha due problemi, i trasporti e l’edilizia. Lo stato dell’arte non è figlio delle inadempienze di Salvini, ma un problema pluridecennale. Solo Giovannini, ministero nel governo Draghi, aveva rimodulato lo stanziamento delle risorse, finanziando autobus elettrici, nuovi treni, con allocazioni che avevano creato una discontinuità. Dopo 2 anni di governo Meloni e 5 anni di gestione Salvini, con queste premesse dei primi due anni, aumenteremo ancor di più il divario tra chi si muove col mezzo ferroviario nella parte del Paese che se lo può permettere e una parte dei cittadini non si muove. L’Alta velocità ha cambiato le abitudini di una parte dei cittadini, ma non deve essere il buco nero che attrae tutte le risorse. C’è un paese ancora a binario unico non elettrificato, anche nel Nord, anche in Veneto o in Lombardia. Questo la dice lunga su come aver delegato le Regioni a gestire una partita fondamentale per la riduzione delle emissioni inquinanti locali e globali che ha portato a 21 politiche diverse, l’antipasto di quello che rischiamo demandando alle Regioni le 23 materie della legge per l’Autonomia differenziata.

In questo contesto, c’è ancora chi attacca i ciclisti e ogni forma di mobilità urbana a basso impatto.
Le affermazioni di Vittorio Feltri (consigliere regionale in Lombardia per FdI) denunciano un grande vuoto culturale nel Paese. A fronte di un problema oggettivo, una strage silenziosa di pedoni e ciclisti che fa piangere migliaia di famiglie, non è ammissibile dire che l’unico ciclista che apprezza è quello investito. Servono invece politiche per tutelare i soggetti più deboli sulle strade, chi si muove sulle gambe o sulle due ruote. Su questi temi, i partiti di centro destra sono indietro culturalmente, ma invito Salvini a guardare Treviso. Dove è stato un sindaco leghista, prima di quello di Bologna, a istituire «città 30».

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