L’eterno ragazzo dalla folta capigliatura non smette di macinare concerti in giro per il mondo e raccogliere nuovo materiale discografico. Senza dimenticare la fitta schiera di collaborazioni con artisti lontani fra loro, negli ottanta con Bowie per This is not America, passando per Orchestrion fino a John Zorn. Dream box è il suo cinquantaduesimo lavoro appena rilasciato in formato cd, vinile e digitale su etichetta Bmg. Comprende nove tracce «ritrovate» dal chitarrista americano che, rimettendo ordine negli archivi personali, si è imbattuto in questi pezzi che aveva registrato per sola chitarra elettrica. Canzoni che lui stesso definisce «qualcosa di unico per me: è fondamentalmente una compilation di tracce solistiche registrate nell’arco di alcuni anni, che ho riscoperto ascoltandole in tour».

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Sulla strada autoriale di Pat MethenyNove canzoni per sola chitarra elettrica registrate nel corso degli anni e ricollocate in questo nuovo disco. Che cosa si è ripromesso nel proporre al suo pubblico questa particolare combinazione?

Nessuno è più sorpreso di me da questa uscita. La maggior parte di ciò che ho inserito sono cose che non ricordavo nemmeno di aver fatto e che ho scoperto frugando nel mio computer. Le avevo inserite in un file dove conservo versioni demo di canzoni, accanto a momenti in cui sto provando un nuovo strumento. Man mano che le ascoltavo, mi accorgevo che queste incisioni illuminano un aspetto della musica che forse non avevo cristallizzato in un disco – e in questo modo – prima. Suonare la chitarra elettrica, con quel tipo di tocco, è qualcosa su cui ho lavorato molto nel corso degli anni. Forse se avessi cercato di arrivarci, non avrei potuto farlo nello stesso modo in cui lo fa questo materiale «ritrovato».

Tra i brani originali spicca anche una ripresa di un classico di Chet Baker, «I fall in love too easily». Una versione che rispetta l’intima essenza dell’interpretazione di Baker…

Vero, anche se il mio riferimento per quel brano sono in realtà più le molte versioni che Miles Davis ha fatto nel corso degli anni. Tuttavia, è una melodia che non avevo suonato molto. Ho fatto un tour di duetti un paio di anni fa con Ron Carter e lui mi ha suggerito di riprendere quel pezzo.

C’è anche una perla di Gerry Mulligan, «Morning of the Carnival». Un approccio decisamente fluido e rilassato…

Per me questo è uno dei brani originali di bossa nova che descrive davvero un certo sentimento e un certo modo di suonare gli accordi dietro una melodia. Il mio riferimento è la versione eseguita nel film stesso da cui origina (Orfeo Negro, 1959, di Marcel Camus, ndr), anche se è una melodia che è stata suonata e amata da molti artisti nel corso degli anni.

Tanti dischi e tour praticamente infiniti sui palchi di tutto il mondo, caratterizzano la sua carriera. Non è facile rimanere concentrati e ispirati: c’è un segreto?

Sin da ragazzo ho sempre sentito la necessità di comprendere ogni più intimo segreto della musica. Ma per scoprirlo realmente, non c’è altra strada che suonare, sempre. E in particolare essere un band leader, così posso scrivere la musica che spero mi conduca in un posto dove potrei scoprire di più sulle cose che sono interessato a perseguire.

La nostra è un’epoca di grandi conflitti, la guerra è ricomparsa in Europa e in America gli scontri sono all’ordine del giorno. Con l’incubo di una nuova presidenza Trump alle porte. Come vive queste situazioni?

Sono consapevole di quanto sta accadendo intorno a me e nel mondo. Ma sono stato in giro abbastanza a lungo da sapere che, sebbene abbiamo ancora molta strada da fare, stiamo fondamentalmente facendo progressi. E la musica è in qualche modo una parte di come avviene quel progresso, spesso in modo molto sottile…