Visioni

Sulla strada autoriale di Pat Metheny

Sulla strada autoriale di Pat MethenyPat Metheny

Note sparse Il ritorno discografico dell'artista americano dal titolo «Road To The Sun»

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 24 marzo 2021

Come una punta che in età matura arretra il proprio raggio di azione, Pat Metheny si reinventa regista lasciando ad altri la finalizzazione delle proprie idee. Non fosse per la bonus track questo sarebbe il primo album in cui il 66enne musicista del Missouri è soltanto autore. Compositore, anzi, in senso stretto, per una musica fissata su pentagramma prima che su disco. Un nuovo inizio in senso artistico e «editoriale», Road To The Sun, prima pubblicazione di Metheny per la Modern Recordings (label della BMG) dopo un ventennale legame con la Nonesuch. C’è concordanza perfetta, dice Pat, tra «l’amore della nuova etichetta per una musica senza confini» e «il musicista che aspiro a essere». Prodotto da Steve Rodby, l’album propone due suite per chitarra classica eseguite rispettivamente da Jason Vieux e dal Los Angeles Guitar Quartet. Alle premiate dita del primo, Grammy Award nel 2015, sono affidate le note dei Four Paths of Light, quasi degli études contemporanei. Il gruppo formato da John Dearman, William Kanengiser, Scott Tennant e Matthew Greif è invece incaricato di interpretare la suite in sei movimenti che dà il titolo all’album.

STILISTICAMENTE il lavoro raccoglie l’eredità del lato più meditativo e new age dell’autore, riproponendo quelle spirali melodiche — per anni cullate dai tasti di Lyle Mays — generate dai suoi arpeggi perpetui. Il già variegato linguaggio natìo, al contatto con nylon, si fa a tratti barocco, notturno, finanche flamenco. Se al primo ascolto timbro e pronuncia possono suonarci apocrifi, la calligrafia del testo è inconfondibilmente methenyana, e mette nero su bianco sensazioni già intuite da tanti autori di nuova generazione (penso al polacco Pasieczny) che hanno omaggiato Pat con loro composizioni: l’annosa incomunicabilità tra classico, jazz e popular non ha più ragion d’essere, finalmente. Ma anche il Metheny performer appone la sua firma: l’ultima traccia è una trascrizione di Für Alina, brano pianistico del 1976 di Arvo Pärt, qui eseguito con la celebre Pikasso a 42 corde: «Negli ultimi anni il compositore estone ha letteralmente conquistato il pubblico occidentale. Affrontare una delle sue opere mi è sembrato un modo interessante per concludere l’album». La sua agenda, nel frattempo, continua a segnare le date italiane previste per il mese di maggio in città come: Roma, Milano, Ravenna, Padova, Torino. Ci si prova, a essere ottimisti.

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