Parco Verde di Caivano, il corteo: «Basta spaccio, camorra e stupratori»
In 200 alla manifestazione Giovedì arriva la premier Meloni nel rione dove sono state abusate due cugine di 10 e 12 anni da una banda di dieci ragazzi, due i maggiorenni. Don Patriciello: «Non mandateci soldi ma date ai cittadini i loro diritti»
In 200 alla manifestazione Giovedì arriva la premier Meloni nel rione dove sono state abusate due cugine di 10 e 12 anni da una banda di dieci ragazzi, due i maggiorenni. Don Patriciello: «Non mandateci soldi ma date ai cittadini i loro diritti»
Giorgia Meloni domani sarà a Caivano: a confermarlo è stato don Maurizio Patriciello, il parroco del Parco Verde che ha invitato la premier nel rione alle porte di Napoli. Ieri la zona era ancora deserta, in attesa della manifestazione del pomeriggio dalla parrocchia all’ex centro Delphinia, dove ci sono stati gli stupri delle cugine di 10 e 12 anni (ora in una comunità protetta) da parte di una banda di 10 ragazzi, due maggiorenni di 18 e 19 anni, gli altri di età compresa tra 14 e 17. Alcuni figli di boss del vicino rione, il Bronx.
Circa in 200 nel corteo, sotto la pioggia battente, ma pochi i residenti. «Fermiamo gli spacciatori, i camorristi e gli stupratori del Parco Verde» si leggeva su uno degli striscioni. «Sarebbe davvero bello se Papa Francesco venisse qui» ha detto Patriciello che ha invitato anche Rocco Siffredi: «Sono d’accordo con lui: oscuriamo i siti porno per i ragazzini». Alla premier domani dirà: «Non mandateci soldi. Abbiamo diritto a 60 vigili urbani? Non ne vogliamo uno di meno. Ci vuole un esercito di maestri elementari. Il numero degli assistenti sociali deve essere quello che è sulla carta, i servizi sociali devono essere un supporto per le famiglie, non fare paura perché portano via i bambini. Vogliamo i vigili in strada, le telecamere. Siamo nel cuore della Terra dei fuochi, i territori diventano ghetti. Ridate questo spazio ai bambini e mettete le famiglie in condizione di andare avanti».
La zona è un conglomerato di case popolari, costruite dopo il terremoto del 1980: per decongestionare il centro storico di Napoli, vennero spostate in questi palazzoni intere famiglie senza alcun rapporto con il territorio dove venivano insediate, perdendo legami e lavori del contesto popolare cittadino. Nel frattempo la cintura industriale napoletana si è andata sfaldando con un’accelerazione verso la deindustrializzazione dagli anni Novanta in poi. Gli alloggi provvisori si sono trasformati in definitivi, i servizi non sono mai arrivati e neppure il lavoro. La piscina e l’auditorium sono rimasti in via di realizzazione fino al 1999 poi è subentrato il contenzioso tra aspiranti gestori, quindi l’apertura e poi la chiusura nel 2018. Lo scorso luglio la piscina è stata sequestrata, nel centro in disuso venivano smaltiti i rifiuti: tra pneumatici, carcasse d’auto e siringhe abbandonate dai tossici era stato trovato il cadavere di un uomo.
È lì che i ragazzi hanno portato le cugine. Gli inquirenti analizzeranno i cellulari sotto sequestro: video e messaggi potrebbero confermare un lungo periodo di abusi. Il contesto ha reso possibile l’orrore: i palazzoni sono diventati una zona di spaccio, le case occupate utilizzate come basi, qualsiasi altra attività cancellata perché fonte di disturbo al megamarket della droga. Nessuno diventa ricco tranne i vertici, per la manovalanza non c’è scalata sociale attraverso i soldi dello spaccio. Nel 2013 Antonio Giglio, 3 anni, volò da una finestra del Parco Verde, un anno e due mesi dopo nello stesso palazzo a volare disotto fu Fortuna Loffredo, sei anni. Era stata abusata. Le intercettazioni ambientali portarono alla scoperta di un giro di pedofili, possibile grazie al clima di omertà. Lo stato? Il comune è commissariato, ci sono 3 assistenti sociali (l’ultima assunta da poco) ma dovrebbero essere 7, ci sono le scuole ma non i vigili, la stazione dei carabinieri è stata inaugurata l’anno scorso.
Meloni lunedì aveva detto: «Obiettivo del governo è bonificare l’area: per la criminalità non esistono zone franche». Dopo interi decenni di abbandono, è partita la retorica militaresca. Lo stesso governatore De Luca ieri ha affermato: «A Caivano lo Stato non esiste. C’è bisogno di uno stato d’assedio, come si fa quando mandiamo i reparti militari nei luoghi di guerra». La replica di Patriciello: «Lo Stato non c’è: questa è la diagnosi, noi adesso ci aspettiamo la terapia». La segretaria del Pd Schlein: «Giusto andare a Caivano ma è importante lasciare qualcosa. Non andremo insieme con la premier. La repressione, di cui parla la maggioranza, non basta, serve la prevenzione e, prima che si radichi il pregiudizio sessista nella testa, serve un’educazione culturale delle differenze a scuola».
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