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Pappa al clorpifiros

Pappa al clorpifiros

Intervista Sono noti i danni che da mezzo secolo questo insetticida provoca soprattutto ai bambini, eppure solo ora la Commissione europea sta valutando se vietare o meno il «fratello cattivo» del Glifosato

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 27 giugno 2019

Ha un nome ostico, cui deve forse il comodo anonimato in cui ha vissuto, inquinato, avvelenato per più di cinquant’anni. Si chiama Clorpirifos, ed è solo in questi ultimi tempi che il pubblico ha saputo della sua esistenza, da quando l’Efsa ha preso in mano il dossier per la riautorizzazione all’uso di questo insetticida in Europa.

Danneggia in modo irreversibile il cervello dei neonati, dimostrano studi effettuati negli Stati Uniti su popolazioni stabilmente esposte, aumentando l’incidenza di disturbi cognitivi e rubando in media 2 punti e mezzo di Qi ai bambini di tutta Europa. Il Clorpirifos, insomma, è il fratello cattivo del Glifosato, il cui feuilletton negli anni scorsi, tra ricerche prezzolate, indicibili connivenze e imbarazzanti rivelazioni, si è concluso un paio d’anni fa con una sciagurata proroga dell’autorizzazione all’uso di cinque anni. Tutto lascia supporre che nel caso del Clorpirifos le cose non andranno troppo diversamente: l’Efsa ha affidato alla Spagna, il paese europeo che ne usa in assoluto di più e in cui il 10 percento di frutta e verdura risulta contaminata, la cura del dossier di riapprovazione. Non solo. L’unico studio sulla tossicità evolutiva citato nella documentazione presentata dalle aziende produttrici (è così che funziona, sono i produttori a fornire la documentazione scientifica sulla base della quale le agenzie devono stabilire regole e divieti) risale al 1998, è stato commissionato dalla Dow Chemical e molti scienziati indipendenti hanno sollevato importanti questioni sulla sua serietà. E, indovinate un po’, nega qualsiasi tossicità del Clorpirifos. Ma la comunità scientifica internazionale è convinta del contrario. E a quanto pare è risultata convincente, visto che già 200.000 persone hanno firmato la petizione #BanChlorpyrifos che circola in rete. Ne parliamo con Patrizia Gentilini, oncologa, ematologa e membro esecutivo del comitato scientifico dell’associazione Medici per l’Ambiente.

Forse sta succedendo qualcosa.

Meglio tardi che mai perché sono almeno quindici anni che la comunità scientifica, i pediatri, i neurologi, i medici e i ricercatori lanciano l’allarme su questa sostanza che rientra nella grande famiglia degli organofosforici. Questi composti sono stati sintetizzati in origine a fini bellici, come strumenti di guerra chimica. Una volta finita la guerra c’erano gli arsenali pieni e si è pensato bene di utilizzarli spargendoli nell’ambiente. Mi auguro che la Commissione europea giunga finalmente a fare questa raccomandazione e che il Ministero della Salute non faccia poi quello che fa purtroppo normalmente per centinaia di molecole: deroghe, che permettono che sostanze riconosciute come pericolose continuino a essere utilizzate.

Oggi in Italia il Clorpirifos è consentito?

Sì, è consentito e ampiamente utilizzato. Voglio ricordare che negli Stati Uniti l’agenzia per la protezione ambientale aveva messo a punto una strategia per metterlo fuori legge prima dell’elezione di Trump. Non ha fatto in tempo e ovviamente ora la questione è sparita dall’agenda.

Che danni provoca questo insetticida?

Il Clorpirifos è un organofosforico e queste sostanze hanno essenzialmente effetti sul sistema neurologico: provocano paralisi perché inibiscono la degradazione di un neurotrasmettitore, l’acetilcolina. Un effetto noto da decenni, tanto che i limiti di legge per la sua presenza negli alimenti e nelle acque sono stati stabiliti proprio tenendo conto di questo effetto. Ma si sa anche un’altra cosa: che pure a dosi molto più basse, infinitesimali, non in grado di inibire la degradazione dell’enzima, gli organofosforici possono alterare il neurosviluppo. Queste molecole ormai sono dentro di noi perché passano dalla madre al feto nel periodo della vita intrauterina e hanno un impatto sul cervello nel momento in cui è più permeabile alle sostanze estranee, agli inquinanti, agli agenti cancerogeni. Addirittura si calcola che ogni anno in Europa i costi per i danni cognitivi ai bambini dovuti ai soli organofosforici, Clorpirifos in testa, ammontino a 194 miliardi di euro: aumento dei disturbi cognitivi, dello spettro autistico, dell’attenzione, dell’iperattività, alterazioni di tipo relazionale, comportamenti aggressivi. Un altro effetto che si è osservato, sempre sulle cavie, è un’alterazione dell’equilibrio ormonale, in particolare un abbassamento dei livelli di ossitocina, che è l’ormone responsabile dell’attaccamento materno alla prole. Nelle cavie le femmine esposte a Clorpirifos non sviluppavano attaccamento e non si dedicavano alle cure parentali. Queste sostanze, insomma, possono pregiudicare la nostra capacità relazionale, affettiva ed emotiva. Ci sono poi effetti sul microbiota intestinale, l’insieme di batteri che vivono nel nostro intestino e che sono fondamentali per la nostra salute perché provvedono alla sintesi di vitamine, acido folico e nutrienti e garantiscono il buon funzionamento del nostro cervello. E ci sono studi molto accurati che mettono in relazione la degradazione del microbiota con l’emergere di patologie dello spettro autistico.

Perché non si tiene conto di questi danni nella legislazione attuale?

Perché è stata presa in considerazione solo la capacità di bloccare l’azione dell’acetilcolinesterasi e su quella si sono stabiliti limiti di legge. Negli esami di laboratorio, sulle cavie, sono stati osservati gli stessi effetti che stiamo constatando sull’uomo: anche a dosi infinitesimali queste molecole interferiscono con i geni coinvolti nel neurosviluppo. Nella presentazione degli studi alla base della legislazione vigente però non si sono tenute in considerazione le alterazioni provocate sulle specifiche aree del cervello coinvolte nel neurosviluppo, bensì le alterazioni su tutto il cervello: annacquando, per così dire, il risultato. Quindi, gli esperimenti sono stati condotti in modo corretto, ma poi se ne è data una lettura volutamente fuorviante.

A questo punto, come ci si difende?

Beh, per cominciare mangiando biologico. Senza illudersi che possa bastare, ovviamente, ma è dimostrato da tutti gli studi che il cibo biologico ha molti meno residui di pesticidi e di metalli. Quindi è importante dare da mangiare ai bambini alimenti biologici, non solo frutta e verdura ma anche latte uova, cereali. Ed è fondamentale fare lo stesso per le donne in gravidanza.

Chi produce gli insetticidi che contengono Clorpirifos?

Il maggior produttore mondiale di Clorpirifos è la multinazionale statunitense Dow Chemical. Però le multinazionali si stanno consociando, si passano i brevetti. Alla fine i grandi produttori di queste sostanze si contano sulle dita di una mano. Non stupisce che le multinazionali facciano quanto in loro potere per aumentare i propri profitti: è per questo che sono stati creati i vari organismi di controllo. Ma anche l’opinione pubblica ha un ruolo fondamentale e deve essere messa in condizione di sapere. E’ importante sollevare queste questioni perché le generazioni che vengono, i nostri figli e nipoti, si troveranno ad affrontare i problemi enormi di inquinamento. Mase noi riduciamo anche la loro capacità cognitiva, la loro intelligenza, stiamo facendo un danno veramente imperdonabile.

Perché lei ha deciso di occuparsi di tutto questo?

Ho fatto il medico ospedaliero in un reparto di oncologia per tutta la vita, oggi ho 70 anni e ho visto l’epidemiologia cambiare. Ho cominciato a farmi domande. Negli ultimi 15 o 20 anni sono aumentati molto i pazienti giovani in oncologia, è aumentata l’incidenza di linfomi, leucemie acute, cancro al testicolo. E la causa di tutto, al di là di quello che dicono molti miei colleghi oncologi che non vedono oltre il proprio naso, è nell’ambiente. Non ho problemi a sostenere questa tesi con nessuno.

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