Padre e figlia «on the road», il miraggio di un’umanità semplice
Al cinema «Dafne» di Federico Bondi, vincitore del Premio Fipresci all’ultima Berlinale. Protagonista una ragazza con la sindrome di Down
Al cinema «Dafne» di Federico Bondi, vincitore del Premio Fipresci all’ultima Berlinale. Protagonista una ragazza con la sindrome di Down
Dafne ha i capelli rosso porpora e la erre moscia. Ama vestire colori accesi e le piacerebbe vivere nel Rinascimento, magari a corte di una regina. Ha trentacinque anni e la sindrome di Down, condizione che non le impedisce di vivere una vita piena e serena assieme ai genitori Luigi e Maria. Dafne ama ballare, stare con la gente, ma soprattutto ama il suo lavoro. Perché «il lavoro è sacro», ripete più volte. È attraverso il lavoro, infatti, che l’individuo smette di essere tale e si realizza nella società, divenendo parte di una comunità in cui ci si aiuta e ci si sostiene a vicenda.
È così che non si è soli. L’improvvisa morte della madre (Stefania Casini) arriva come un fulmine a ciel sereno a sconvolgere non solo la sua esistenza, ma anche quella del padre (Antonio Piovanelli), che sprofonda nella depressione. Mentre la ragazza reagisce istintivamente al lutto con aggressività, con rabbia, come se bastasse opporsi agli eventi per riuscire a sistemare le cose. Dafne riprende subito la vita di ogni giorno. Vuole recuperare al più presto la sua normalità. Cerca di ritrovarsi nell’affetto dei colleghi, nei viaggi in autobus che la portano da casa al lavoro e si dimostra invece insofferente di fronte alle fragilità del padre, probabilmente avvertite come ulteriore minaccia alle sopravvissute certezze.
SARÀ UN BREVE e intenso viaggio verso il paese di Maria a cambiare le cose. Un sentiero di montagna, tra momenti di intimità, incontri e piccole sfide a unire padre e figlia, intenti a riscoprirsi poco a poco sotto una nuova luce per costruire un più stretto e maturo legame familiare. Vincitore del Premio Fipresci all’ultima Berlinale, dove è stato presentato nella sezione Panorama, Dafne non è un film sulla disabilità, ma un road-movie esistenziale, un piccolo e onesto racconto di affetti. Federico Bondi e, come lui, la protagonista esordiente Carolina Raspanti, non cercano la compiacenza del pubblico né fanno leva sulla pietà. Al contrario, si promuovono alfieri di una dignità e di un’umanità semplice e fiera che nell’Italia cinica di oggi sembrano quasi un miraggio.
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