Tra astrazione e senso concreto, carneo delle cose, quasi sempre in stretta relazione, reciprocità, e in attinenza con la «visagéité», con l’uscita dall’imperio del soggetto, del suo viso «profondamente» connotato; tra immaginazione e ragione, e poi dimensione metatestuale; senso della superficie (al di là di profondità psichiche) e vertigine cosmologica (come in alcune Cosmocomiche); all’origine dell’esperienza creativa e speculativa di Italo Calvino sembra esserci un nucleo, un’accensione visuale. Non il semplice cogitare ma un che di contemplativo rivolto all’estensione e complessione delle cose. «La narrazione che ne deriva sviluppa una logica interna all’immagine stessa», scrive Marco Belpoliti nell’introduzione a Italo...