Olanda, l’addio di Rutte: «Dopo le elezioni basta politica»
L’annuncio del premier apre un periodo di incertezza nella politica dei paesi Bassi
L’annuncio del premier apre un periodo di incertezza nella politica dei paesi Bassi
Quattro elezioni, quattro governi e tredici anni dopo la prima nomina come premier, il primo ministro olandese Mark Rutte ha dato le dimissioni e ha annunciato la volontà di abbandonare la politica, guidando il governo solo fino alle prossime elezioni. Le sue parole hanno convinto il partito di opposizione rossoverde Groenlinks a ritirare ieri mattina la mozione di sfiducia già pronta, evitando così al per quattro volte premier olandese di sottoporsi a un umiliante voto parlamentare.
A PROVOCARE la crisi del governo e le successive dimissioni del primo ministro è stata la decisione del partito cristiano conservatore ChristenUnie (CU) di ritirare il proprio appoggio all’esecutivo guidato da Mark Rutte dopo la mancata intesa tra le forze della maggioranza su un ulteriore indurimento delle misure in materia d’asilo. A volere una stretta era proprio il partito liberale (VVD) del premier, il più numeroso in parlamento, che non ha saputo convincere la sparuta pattuglia parlamentare del CU con i suoi 5 deputati sui 150 della Camera Bassa olandese. Conservatori sulle materie etiche, progressisti sui temi sociali, i suoi rappresentanti non hanno digerito la proposta di distinguere tra due categorie di richiedenti asilo: quelli in fuga dai paesi di guerra avrebbero avuto meno diritti rispetto a coloro che avevano raggiunto l’Europa perché sottoposti a forme di persecuzione personale.
L’ANNUNCIO del liberale Mark Rutte segna la fine di una lunga era per la politica olandese, guidata fin dal 2010 proprio dal politico nato a L’Aia. Dopo il fallimento dell’alleanza tra il socialdemocratico PvdA e il democristiano CDA nel primo decennio del nuovo millennio, Mark Rutte ha guidato quattro esecutivi, il primo anche con l’appoggio esterno del populista PVV di Geert Wilders: il suo partito, il VVD, è risultato il più votato alle elezioni del 2010, del 2012, del 2017 e del 2021.
IN QUESTI lunghi anni non sono mancati gli scandali e i momenti difficili per il premier olandese che, però, è riuscito sempre a passare indenne la tempesta, diventando il punto di riferimento per una parte importante della popolazione olandese. Da ultimo è arrivata la questione dei sussidi all’infanzia che ha provocato la caduta del terzo governo Rutte nel 2021 e la proclamazione delle elezioni anticipate nel medesimo anno. Nonostante Rutte e il suo partito liberale fossero tra i maggiori responsabili di un sistema che andava sistematicamente a penalizzare le famiglie con almeno un coniuge di origine straniera, l’assenza di una reale alternativa politica e un clima culturale spostato a destra hanno favorito l’affermazione del VVD di Rutte come primo partito anche alle ultime elezioni olandesi.
Le dimissioni del governo Rutte e la sua decisione di uscire dalla vita politica hanno provocato una serie di commenti soddisfatti da parte delle opposizioni. «L’era Rutte ha fatto abbastanza danni all’Olanda», ha detto la leader del socialista SP, criticando l’assenza di adeguate misure governative in ambito socio-economico negli anni al potere di Mark Rutte. Compiaciuto della notizia è stato anche il partito ruralista, il BBB, che nella caduta del premier liberale vede aprirsi delle possibilità di poter risolvere la questione dell’inquinamento degli allevamenti che aveva motivato la sua nascita qualche mese fa e la sua affermazione alle elezioni provinciali di marzo.
LA CADUTA del quarto esecutivo Rutte e la sua uscita di scena aprono un periodo di incertezza per i Paesi Bassi. Visto lo scenario parlamentare molto frammentato è probabile che si vada a nuove elezioni in autunno. In quell’occasione si capirà quanto profondamente la figura di Mark Rutte e la sua lunga carriera non solo abbiano lasciato un segno nella politica olandese ma quanto siano stati determinanti nel favorire l’affermazione del liberale VVD con le sue politiche liberiste in economia e di chiusura nei confronti di migranti e minoranze. A sinistra, invece, sembra prospettarsi un’unione elettorale, già sperimentata nelle aule parlamentari, tra il socialdemocratico PvdA e il rossoverde Groenlinks: i loro membri, già da lunedì, hanno la possibilità di esprimersi sul referendum interno indetto dalle due forze politiche.
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