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Oggi è la giornata internazionale della nonviolenza

Oggi è la giornata internazionale della nonviolenza

Il senso di una data La guerra oggi ha ucciso anche le Parole, e dunque la Verità. L’invasione viene chiamata liberazione, la vendetta viene chiamata giustizia, l’attacco viene chiamato difesa la trattativa viene chiamata resa, la vittoria viene chiamata pace

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 2 ottobre 2024

L’Assemblea generale dell’Onu ha indetto per il 2 ottobre, oggi, la Giornata internazionale della nonviolenza nel giorno della nascita del Mahatma Gandhi, il profeta della nonviolenza moderna. Ma che senso ha, in tempo di guerre feroci, celebrare questa giornata?

Forse lo stesso Gandhi sarebbe stato contrario alla ricorrenza, refrattario com’era a cerimonie rituali e formalità. Tutta la sua vita è stata una sperimentazione delle tecniche della nonviolenza, per la giustizia, per il disarmo, per la pace, per cercare la Verità (che per lui era Dio stesso). La guerra oggi ha ucciso anche le Parole, e dunque la Verità (Dio è morto?).

L’invasione viene chiamata liberazione, la vendetta viene chiamata giustizia, l’attacco viene chiamato difesa, la trattativa viene chiamata resa, la vittoria viene chiamata pace. Nel principio era la Parola, alla fine c’è la menzogna.

In Ucraina, in Russia, in Palestina, in Israele, in Libano, c’è la guerra, e l’Europa intera si sta preparando, riarmandosi e militarizzando la società. Cosa possiamo fare noi?

Al punto drammatico in cui siamo, non sono più sufficienti le analisi, le riflessioni, gli approfondimenti, le considerazioni. Ci vuole soprattutto un’azione che spezzi la catena della violenza e della falsità. Ci vuole un punto fermo da cui ripartire, per ritrovare la via della pace, e ancor prima per non diventare complici della guerra e perpetuare l’imbroglio della pace costruita su macerie e morti.

Nonviolenza è l’azione concreta che obiettori, disertori, renitenti alla leva stanno facendo nei luoghi di guerra. Sono centinaia di migliaia i ragazzi di Russia e Ucraina che si sono resi irreperibili per sfuggire alla mobilitazione militare, molti di loro subiscono processi e carcere. Anche in Israele e Palestina cresce sempre di più il numero di giovani che rifiutano le armi e la violenza e insieme attuano progetti di pace e dialogo.

Scegliere di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita, significa «dare una possibilità alla pace». Se è vero, come ha detto Gandhi, che la nonviolenza è la più grande forza a disposizione dell’umanità, sarà da questi esempi che potrà venire una speranza per fermare il massacro.
Ma dobbiamo fare di più: dichiariamoci noi stessi indisponibili a qualsiasi chiamata alle armi, e rivendichiamo, per loro e per noi, lo status di obiettori di coscienza, facciamo sapere al nostro governo che diserteremo la mobilitazione militare, contro la guerra e la sua preparazione.

Qualcuno potrà dire che si tratta solo di testimonianza, che non c’è una dimensione politica e che anche se una minoranza si sottrae, tanti altri verranno comunque mandati a combattere e la guerra andrà avanti. A costoro rispondiamo «Se vogliamo la pace, non prepariamo la guerra», e facciamo quello che è in nostro potere.

L’obiezione alla guerra la dobbiamo esprimere e vivere adesso. Oggi, non domani. Proprio la nostra azione nonviolenta, insieme a quella di tanti altri, può prefigurare un futuro diverso, migliore. Questo è il senso politico della nonviolenza. È questa la proposta, politica e concreta, della Campagna di obiezione alla guerra.

La nonviolenza ci dice che slogan vuoti e gesti simbolici lasciano il tempo che trovano. Anche il pacifismo, se si limitasse a chiedere pace e sventolare bandiere, servirebbe a poco. Lo diceva già Aldo Capitini, il fondatore del Movimento Nonviolento: «Una volta c’è stato un pacifismo molto blando, tanto è vero che davanti alla prima e alla seconda guerra mondiale vacillò. Il vecchio pacifismo era ottimista e di corta vista. La nonviolenza pone impegni precisi. La nonviolenza è una continua lotta. La nonviolenza è attivissima».

Oggi gli amici della nonviolenza sono impegnati nella Campagna di Obiezione alla guerra, a sostegno degli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva, che hanno capito che per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla.

Facciamo la nostra obiezione di coscienza. Spezziamo il nostro fucile. Con la nonviolenza. È questo il modo concreto per dare un senso alla Giornata internazionale della nonviolenza, e ai giorni che seguiranno.

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