Obiettivo Mosul (fotoreportage)
Guerra al Califfo Dentro l’operazione lanciata per strappare la seconda città irachena allo Stato islamico, che la controlla dal giugno 2014. Peshmerga kurdi, milizie sciite, formazioni tribali sunnite ed esercito di Baghdad formano una forza di 100 mila uomini. E hanno l’appoggio di Usa, Turchia e Iran. Ma ognuno combatte per i propri interessi. In trappola poche migliaia di jihadisti e oltre 1 milione di civili
Guerra al Califfo Dentro l’operazione lanciata per strappare la seconda città irachena allo Stato islamico, che la controlla dal giugno 2014. Peshmerga kurdi, milizie sciite, formazioni tribali sunnite ed esercito di Baghdad formano una forza di 100 mila uomini. E hanno l’appoggio di Usa, Turchia e Iran. Ma ognuno combatte per i propri interessi. In trappola poche migliaia di jihadisti e oltre 1 milione di civili
A lungo annunciata, il 17 ottobre 2016 è partita l’operazione per la liberazione di Mosul. La seconda città irachena per importanza, hub commerciale del paese, comunità a maggioranza sunnita ma cara a sciiti, cristiani e kurdi, è occupata dallo Stato islamico dal giugno 2014.
Alla battaglia prendono parte 100mila uomini, per lo più truppe governative e unità di controterrorismo a cui si aggiungono peshmerga, miliziani sciiti, compagini tribali sunnite e cristiane assire. Contro hanno una forza militare limitata, 6-8mila islamisti arroccati in una città blindata da campi minati, cecchini, trincee. Ma soprattutto da oltre un milione di civili, quelli rimasti dopo la fuga di massa di due anni e mezzo fa.
La controffensiva è partita da Qayyarah, comunità sede di una strategica base militare a sud di Mosul: liberata a settembre è diventata trampolino verso il capoluogo di Ninawa per polizia e esercito iracheni ma anche per le forze Usa.
A quasi due mesi dal lancio delle operazioni, Mosul è circondata: a nord premono le forze kurde di Erbil, a est e ovest l’esercito iracheno, mentre le milizie sciite legate all’Iran si sono portate a ovest, a Tal Afar, chiudendo il cerchio. Al momento il composito fronte ha ripreso oltre 20 quartieri, oltre a decine di villaggi del distretto, e si trova a est dell’Eufrate in attesa di varcarlo per dirigersi verso il centro della città.
Ma un fronte composito porta con sé anche obiettivi diversi e spesso divergenti. A partire dai convitati non proprio di pietra: alla battaglia prendono parte Stati uniti, Turchia e Iran. I primi con i raid aerei, i secondi con truppe nella base di Bashiqa (che infiammano le tensioni con il governo iracheno), i terzi tramite le milizie sciite che guidano. E se Teheran condivide con Baghdad la necessità di unità del paese, Washington e Ankara puntano a una divisione etnica che lo renda più controllabile.
Settarismi esterni che fanno da specchio a quelli interni che si traducono nelle prevedibili violenze contro i civili sunniti perpetrate da milizie sciite, peshmerga e – è l’accusa di organizzazioni internazionali – anche da unità dell’esercito.
L’autore di queste foto
Dopo aver frequentato la scuola di giornalismo di Torino Emanuele Satolli si specializza in fotogiornalismo e realizza un servizio per la rivista Time sulle tossicodipendenze in Russia. Il progetto, Krokodil Tears, inserito dal settimanale Usa tra le migliori pubblicazioni del 2013, è stato esposto al Lumix Festival di Hannover e al Festival della Fotografia Etica di Lodi. Satolli si è occupato anche dei problemi legati all’immigrazione in Centro America con il lavoro In the Bag for North pubblicato su varie riviste internazionali. Attualmente vive e lavora a Istanbul. In Turchia si è occupato tra l’altro della situazione dei rifugiati siriani.
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