Metti una piccola città del Meridione, un festival di cinema e dei grandi cineasti internazionali. Gli ingredienti di una sfida che il Laceno d’oro, giunto ormai alla 48esima edizione, ha vinto grazie a un lavoro appassionato e alla relazione con un pubblico che dimostra come quella a Sud di Napoli non sia per forza una periferia della cultura, mancheranno le occasioni e gli investimenti ma non certo l’interesse.

La gente di Avellino ha infatti riempito le sale del Cinema Partenio nel centro città e del Movieplex a Mercogliano, complici anche gli ingressi gratuiti a tutte le proiezioni di un festival che ha ormai una storia importante: fu fondato nel ’59 da Pier Paolo Pasolini, Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio con lo scopo di premiare le opere migliori nel solco del neorealismo. Dopo numerosi cambiamenti il Laceno d’oro, diretto oggi da Maria Vittoria Pellecchia, è luogo di visione per alcune delle proposte più interessanti del cinema internazionale, per scoprire i registi campani di domani e per incontrare grandissimi cineasti. Quest’anno a ricevere il premio alla carriera sono stati Paul Schrader e Robert Guédiguian, entrambi protagonisti di una retrospettiva e masterclass – che hanno preceduto la presentazione in anteprima dei loro nuovi film, rispettivamente Il maestro giardiniere e E la festa continua! – in cui hanno risposto alle domande di un pubblico partecipe e persino emozionato. In platea molti giovani e allievi delle università ma anche uno «zoccolo duro» di cinefili che qui si ritrova con molta più facilità rispetto ai grandi appuntamenti programmati o mega festival che tendono per loro natura alla dispersività.

PER QUANTO RIGUARDA il concorso internazionale, la giuria composta da Alessandro Comodin, Daniele Dottorini e Charlotte Serrand ha premiato Zinzindurrunkarratz di Oskar Alegria, un viaggio nei Paesi baschi lungo la strada che i mandriani percorrevano per raggiungere la montagna. Il padre del regista, o meglio la sua camera Super8, sono la guida di questa esplorazione tra presente e passato.

Il Premio speciale Laceno d’Oro Doc se l’è invece aggiudicato Jean-Gabriel Périot. Il suo Facing Darkness riprende un dispositivo in parte già da lui utilizzato, quel «ritorno sul set» dove il set è però la realtà con le sue trasformazioni: se in Ritorno a Reims era la Francia proletaria dei suoi genitori, in questo nuovo film Périot si è concentrato sull’assedio di Sarajevo. Da quale prospettiva raccontare quegli anni in cui la capitale bosniaca è stata una prigione a cielo aperto? La scelta del regista è stata quella di affidarsi a chi ha provato a documentare la guerra, riprendendo con i pochi mezzi a disposizione. La prima parte di Facing Darkness mostra proprio quei «reperti», filmati realizzati per lo più con camere hi8 da giovani studenti o persone che lavoravano nel reparto mediatico dell’esercito bosniaco. Sono immagini fortissime, dove emerge un’estrema insicurezza nell’attraversare la città, salire sull’autobus poteva voler dire essere colpiti e i parchi si trasformavano in cimiteri.

La redazione consiglia:
Ritorno a Reims, dagli anni cinquanta al nazionalismo NELLA SECONDA PARTE Périot, insieme a una piccola troupe, incontra gli autori di quei video; una conversazione nasce proprio a partire dalla re-visione sul posto di quei materiali resa possibile da un tablet. C’è qui una riflessione sul gesto del fare cinema, sulla relazione che intrattengono documentazione, realtà e emozioni, tanto che Périot e il suo gruppo entrano spesso in campo, proprio a evidenziare le coordinate anche tecniche che il cinema sempre porta con sé. Un dispositivo che ingabbia leggermente il regista nel momento in cui la meta-riflessione lo astrae dal flusso delle testimonianze, spesso potenti, che i filmmakers danno di quei terribili anni. Emerge una rabbia ancora molto forte nei confronti della comunità internazionale e dell’Europa, rea di aver abbandonato per molto tempo la città al suo destino, e un’amara riflessione sulla guerra: potrebbe tornare in qualsiasi momento, se ne è mai davvero andata? A guardare le tensioni che attraversano ancora la Bosnia, è difficile rispondere.