Nella notte fra il 14 e il 15 maggio la città di Diyarbakır era schizofrenica come i dati che uscivano man mano dalle agenzie. A poche ore dalla chiusura dei seggi, quando il Consiglio elettorale con largo anticipo sull’orario annunciato ha tolto l’obbligo di silenzio, le strade erano deserte.

Nelle case e nei pochissimi luoghi rimasti aperti si vedevano o sentivano le tv accese e sintonizzate sui vari canali televisivi che riportavano notizie ferali come il 60% di preferenze per Erdogan, attribuitogli dall’agenzia governativa Anadolu. Via via che il vantaggio del presidente uscente nei confronti dello sfidante Kemal Kiliçdaroglu andava riducendosi, qualche macchina ha iniziato ad attraversare strombazzante i viali principali.

CON IL PASSARE del tempo diventavano sempre di più. Quando le percentuali hanno raggiunto valori tali da scongiurare una vittoria di Erdogan al primo turno, è arrivata un esplosione di caroselli, clacson, sbandieramenti, cori, fuochi di artificio.

Alcune camionette della polizia con agenti antisommossa hanno ritenuto di dover presidiare le strade proiettando un’ombra inquietante sui festeggiamenti, ma niente di grave sembra essere successo. Molto più tesa la situazione nella città di Cizre, al confine con la Siria e teatro di fatti sanguinosi nel 2015 con la fine della tregua fra governo turco e Pkk: alcuni video mostrano veicoli militari parare lacrimogeni per strada e sono state udite raffiche di arma da fuoco.

A Diyarbakır una gran folla si è riversata nell’area antistante il tribunale, luogo di destinazioni delle schede elettorali conteggiate, per presidiare la scelta dei cittadini tutta la notte come richiesto dall’opposizione, che nel frattempo denunciava una manipolazione dei dati da parte dei mezzi di informazione governativi volti a scoraggiare chi contava in un cambiamento.

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Ma il popolo curdo è tradizionalmente combattivo e, anche se il risultato delle urne non è stato quello sperato, ha comunque voluto esprimere la gioia di vedere Erdogan per la prima volta costretto a un secondo giro di votazione.

IL CONTRIBUTO della cittadinanza curda al risultato è stato molto importante: delle 30 province che lo sfidante Kılıçdaroglu è riuscito a strappare a Erdogan, 13 sono feudi filocurdi. In una serie di province, la coalizione di opposizione ha raggiunto percentuali altissime: il 71,8% a Diyarbakır, il 67,5% a Batman, il 65,5% a Mardin, record nella provincia alevita di Tungeli, al confine nord ovest del Kurdistan turco, dove ha votato Kılıçdaroglu l’80,2% dei cittadini. In media la percentuale di voti per lui nella regione curda ha raggiunto il 72%.

Alle parlamentari, il Partito della Sinistra verde (Ysp) ha conquistato 12 province, tutte nel sud-est del paese, raggiungendo l’8,81% e 61 seggi su 600. A Diyarbakır il partito ha raggiunto il 60,79%; la percentuale maggiore è stata ottenuta ad Sirnak (dove si trova Cizre), il 62,49%; la minore per l’area curda nella religiosa Sanliurfa (24,85%). Il Ysp è ora la terza forza politica del paese, ma si tratta di un risultato ben al di sotto dell’11,8% ottenuto dall’Hdp nelle precedenti elezioni del 2018.

Per evitare il rischio di vedere esclusi i propri membri dalla corsa elettorale a causa della richiesta di chiusura da parte di Erdogan, il Partito democratico dei Popoli Hdp ha deciso di farsi rappresentar dallo Ysp. Secondo alcuni membri del partito il non essersi presentati con il proprio nome può aver disorientato una parte dell’abituale elettorato, soprattutto quello delle aree più profondamente rurali.

NONOSTANTE le piazze mostrassero entusiasmo e speranza, il giorno dopo nelle sedi politiche erano palpabili delusione e preoccupazione. Il secondo turno delle presidenziali non promette bene per la coalizione di opposizione e men che meno per i curdi.

Erdogan parte con un buon vantaggio e i voti da ripartire sono quelli arrivati a Sinan Ogan, candidato esponente dell’élite intellettuale ultranazionalista turca. Il 5,2% dal lui ottenuto in linea teorica potrebbe ripartirsi nelle aree conservatrici di ambo i candidati, ma è già chiaro che verrà indirizzato verso una forza politica che abbia fra le sue priorità la lotta al terrorismo: potrebbe sostenere Kılıçdaroğlu solo nel caso in cui non offrisse nessuna sponda politica all’Hdp.

Qualora non fosse sufficientemente chiaro il suo pensiero, ha dichiarato che il suo obiettivo è rimuovere i partiti curdi dallo scenario politico turco. «Sana söz», te lo prometto, era lo slogan della campagna di Kılıçdaroglu, in riferimento a una Turchia aperta, inclusiva, democratica. La promessa di un sogno che ora appare più lontano che mai.