«It’s personal». Come un vecchio film di kung fu, un vigilante movie o un poliziottesco, c’è poco altro da sapere. Il revenge movie è fatto così: svegli il cane che dorme e le becchi di santa ragione. Se poi al cane che dorme ammazzi il cane che è l’ultima cosa che gli resta della moglie morta, allora son dolori. Ci si accomoda in poltrona, s’innesta il pilota automatico e si va. Vero. Il Keanu Reeves post-Matrix ha faticato e fatica ancora a mantenere il profilo alto da superstar che i Wachowski gli hanno cucito su misura con la trilogia della rete. Se 47 Ronin è un disastro, Man of Tai-chi è un vero e proprio «chi l’ha visto?». Motivo per cui da John Wick non è che ci si aspettasse grandi cose (ma il trailer con i Sonics lasciava ben sperare).

E forse è per questo motivo che non dispiace affatto, John Wick. Il tutto, infatti, è così rigorosamente «tongue in cheek» (ossia volontariamente autoironico) da offrire l’impressione di essere tornati ai tempi del film d’azione firmati dai registi delle seconde unità. E proprio come Caccia mortale di Vic Armstrong, Arma non convenzionale di Craig R. Baxley, John Wick è una serie di set-piece estremamente impressionanti messi in scena da Chad Chahelski (controfigura di Reeves per Matrix) e da David Leitch, cascatore, attore e regista, appunto, di seconde unità.

Ora: si può senz’altro obiettare che di action-movie ultra stilizzati e ultra violenti post-John Woo è pieno il mondo. E si può anche aggiungere che non c’era proprio urgenza di averne un altro. Eppure la fattura spettacolare di John Wick è tale che l’appassionato di cinema d’azione può permettersi d’essere indulgente senza commettere un crimine estetico troppo grave.

Vero, anche, che di acrobazie coreografiche all’odore di cordite, ne abbiamo viste a dismisura, ma come capita come i generi popolari non conta tanto la ripetizione quanto il grado d’intensità con la quale si riprocessa il tutto. D’altronde come con il rock’n’roll e il metal più operaio, non si sta tanto a tagliare in quattro il capello dell’innovazione formale ma ad apprezzare l’intensità della performance al di là del valore strettamente musicale. Considerato che in questo genere di film il cast è tutto o quasi, e se Reeves è modestamente onesto nel rifare se stesso, sono i volti comprimari (Leguizamo, Dafoe, McShane, Reddick) che speziano una ricetta ben nota.