Politica

«No al capo assoluto in un’Italia spezzata»

«No al capo assoluto in un’Italia spezzata»Il convegno di ieri in Corso d'Italia

Riforme Associazioni e costituzionalisti, ospiti della Cgil, contro premierato e autonomia differenziata: «Vogliono cancellare il concetto di uguaglianza sostanziale»

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 2 marzo 2024

L’associazione Salviamo la Costituzione ha una certa esperienza quanto a lotte alle manomissioni istituzionali. Ha debuttato svolgendo un ruolo da protagonista nell’affossamento della controriforma del 2006 targata Berlusconi. In questi anni ha continuato ad operare, anche se si è inabissata al di sotto del pelo dell’acqua di fronte ai grandi media, portando le sue idee nelle scuole e in giro per il paese. Adesso il bat-segnale si è riacceso: il campanello d’allarme è rappresentato dalle iniziative della destra al governo sul premierato e l’autonomia differenziata. Così chiama a raccolta associazioni e gruppi affini alla sede nazionale della Cgil. Il titolo dell’assemblea riassume l’attacco in corso: quello di avere «un capo assoluto in un’Italia spezzata».

GAETANO AZZARITI, costituzionalista, dà il benvenuto e denuncia un «clima ostile alla Costituzione repubblicana». Prima di citare atti formali si riferisce agli accadimenti recenti, parla del la libertà di riunione e manifestazione minacciate. Poi ricorda che il problema non è tanto che si voglia cambiare la forma di governo (non ci sarebbe nulla di male) ma che lo si faccia in assenza equilibri costituzionali. L’allarme, in verità, viene da lontano. «Il parlamento viene messo ai margini da trent’anni, è diventato un organo ricettivo di ciò che fa il potere forte». Cerca di compensare l’azione del presidente della repubblica col suo ruolo di intermediazione. Infatti, sottolinea Azzariti, lo vogliono indebolire: al contrario deve essere rafforzato. Dunque, eccoci davanti a un «disegno sistematico» volto a colpire l’unità del paese e gli equilibri istituzionali. Siamo di fronte al «superamento della democrazia rappresentativa in favore di una democrazia identitaria: il popolo si riconosce nell’identità del capo». «Da costituzionalista dico che non sarà l’ingegneria istituzionale a salvaguardare la nostra idea di democrazia – precisa a questo punto – Serve la politica, la cultura, un popolo determinato, convinto di voler salvare se stesso e i principi della Carta». Oggi si riunisce, sempre in Corso Italia, La Via Maestra, campagna che unisce alla Cgil oltre cento reti associative di questa assise interlocutrice naturale. «Ci battiamo per evitare il peggio – dice Azzariti – Ma proponiamoci di costruire il meglio».

RIEPILOGANDO i punti problematici della riforma Meloni e del combinato disposto col regionalismo differenziato, Ugo De Siervo, anche lui giurista, fa notare il «risultato eccezionale» prodotto dal progetto del premierato: «È riuscito a mettere d’accordo nella critica tutti i costituzionalisti». Landini sottolinea come ormai metà dei cittadini non votino più e non si riconoscano nei sistemi di rappresentanza. E fa notare come spesso questi ultimi siano quelli che stanno peggio. «Nel 2023 su 7 milioni di rapporto di lavoro attivati solo il 13% sono a tempo indeterminato – prosegue – Ciò accade per le politiche degli ultimi vent’anni, non solo a causa di questo governo. La democrazia va in crisi quando la gente ha la percezione che non si può fare nulla per invertire le disuguaglianze crescenti. Ma noi non vogliamo solo difendere la Costituzione, vogliamo realizzarla per cambiare le cose». Poi rilancia lo strumento del referendum per abrogare le leggi ingiuste e, appunto, cambiare concretamente le cose. «Il tempo in cui agire è questo – conclude il segretario generale della Cgil – E ognuno deve fare la sua parte».

GIANFRANCO PAGLIARULO sostiene che la «difesa del manganello» formulata nei giorni scorsi dalla presidente del consiglio «rappresenta anche un attacco al Quirinale». «Vogliono chiudere la fase della Costituzione per aprirne una del tutto oscura», sintetizza il presidente dell’Anpi. Per il quale c’è il rischio che dopo le europee si giunga a una fase di «decantazione» che potrebbe condurre i due terzi delle camere ad approvare un premierato in qualche modo corretto (come già chiede qualcuno) e privarci anche della possibilità del referendum. Pure don Luigi Ciotti mette l’accento sui milioni di italiani che hanno smesso di votare. «C’è un’abissale distanza tra la politica e la realtà che tocchiamo con mano – dice il fondatore di Libera – L’interesse particolare dei partiti, tutti quanti, ha tolto l’orizzonte il bene comune e la società: viviamo in clima di propaganda». Per Rosy Bindi la destra non si è mai sentita «a casa sua» con questa Costituzione. Per questo vuole cambiarla e mettere il «sigillo sulla trasformazione di un modello sociale che non persegue più l’uguaglianza sostanziale».

SILVIA ALBANO, per Magistratura democratica, spiega come il premierato sconquasserà la funzione degli organi di garanzia e aggiunge al pacchetto delle minacce anche il disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere, il cui vero scopo non è impedire la carriera unica, già di fatto impedita per gran parte dalla riforma Cartabia, ma incentivare il numero dei membri del Csm di nomina parlamentare fino alla metà e togliergli alcune delle sue funzioni. A proposito di organi di garanzia, Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale si dice «preoccupato» dallo scenario e dalla possibilità che una parte delle opposizioni decide alla fine di interloquire con la maggioranza sul premierato. Si diceva prima dei manganelli: Patrizio Gonnella di Antigone illustra la pericolosa chiusura del cerchio tra disegni costituzionali e microfisica del potere. Il plebiscitarismo avanza anche con le modifiche alla legge sulla tortura e con il nuovo reato (uno dei tanti) di «rivolta penitenziaria». Comprende anche i casi di resistenza passiva. Anche i gandhiani rischiano, nell’era delle controriforme.

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