Niente più cozze: inquinamento ed ex Ilva tolgono mille posti di lavoro
Taranto Nel primo seno del mar Piccolo non ci sono le condizioni: si prova a portarle nel mar Grande
Taranto Nel primo seno del mar Piccolo non ci sono le condizioni: si prova a portarle nel mar Grande
Circa quaranta imprese e mille addetti ai lavori a rischio, 70% di novellame (mitili con lunghezza delle valve inferiore ai 3 centimetri) andato perduto, compromettendo la produzione attuale e quella dei prossimi anni, e 9 mila tonnellate di prodotto, per un valore economico di 8 milioni di euro, andate in fumo. I numeri, impietosi, sono quelli della mitilicoltura a Taranto che, in un territorio su cui insistono le attività produttive del siderurgico, della raffineria Eni, dell’arsenale militare e della cantieristica navale, va via via sempre più dissolvendosi.
NELLO JONIO, a causa delle elevate temperature, le cozze muoiono per asfissia prima ancora di essere raccolte dalle acque. La presenza del prodotto nel secondo seno del Mar Piccolo, poi, è eccessiva (il sovraffollamento determina taglia inferiore e temperatura delle acque ancora più elevate) a causa di un’ordinanza regionale del 2012 che vieta, pena il sequestro, mitilicoltura e messa in commercio di cozze di dimensioni superiori ai 3 centimetri provenienti dal primo seno (quello più esposto all’inquinamento).
Nei mercati e nelle pescherie, ormai, si vendono mitili provenienti da Irlanda, Spagna e Grecia per sopperire alla mancanza di prodotto locale, mentre cooperative e sindacati di categoria richiedono a gran voce misure di sostegno e il riconoscimento dello stato di calamità. Nonostante la gravità della situazione, il commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto (volte, tra le altre cose, al risanamento del primo seno del Mar Piccolo) Vito Felice Uricchio, in carica dallo scorso marzo, risulta ancora privo di struttura di missione e fondi di funzionamento.
A MARGINE DI UN FABBISOGNO stimato di circa 500 milioni di euro, per ottemperare a quanto stabilito dal Protocollo d’intesa sottoscritto nel 2012 dall’allora commissario Vera Corbelli per la bonifica di un’area pari a 564 km2, il professor Uricchio dispone di “soli” 52 milioni di euro. I primi mesi del 2025 dovrebbero portare nuova contabilità in dotazione al commissario; partiranno, infatti, le procedure negoziate relative al piano di attuazione del Just Transition Fund, 796 milioni di euro messi a disposizione per Taranto dall’Unione europea per sostenere una serie di azioni, come la sostenibilità delle produzioni legate al mare, «tese a supportare la transizione di quei territori fortemente dipendenti dai combustibili fossili».
NEL FRATTEMPO, è ripreso il progetto sulla «Valutazione dei tassi di decontaminazione in lotti di mitili trasferiti dal primo seno del Mar Piccolo al Mar Grande», l’altro mare su cui si affaccia la città. «Il piano, prevede la possibilità di spostare i molluschi in determinate aree del Mar Grande in modo di agevolare sia la loro maturazione che l’acquisizione di elementi utili alla definizione del quadro ambientale». I 100 esemplari di mitili campione, una volta lasciati maturare nei siti individuati in Mar Grande, «saranno analizzati per verificare se la concentrazione degli inquinanti assorbiti dal mollusco durante la permanenza nel primo seno sia eventualmente diminuita». In attesa che vengano sbloccati i fondi, i tentativi di dare nuovo impulso alle attività della mitilicoltura tarantina vanno avanti. Resta da capire come quest’ultime possano procedere dato il recente Memorandum of understanding firmato da Adi e Ilva in amministrazione straordinaria con Dri d’Italia (partecipata dello stato), che prevede sì la costruzione dell’impianto del preridotto di ferro che alimenterà i due forni elettrici che verranno, ma con un impianto che sarà a sua volta alimentato a gas. Una decarbonizzazione che fa ancora ricorso al fossile e che richiederà, come già annunciato dallo stesso ministro delle Imprese Adolfo Urso, l’installazione di un rigassificatore (presumibilmente una nave), che stazionerà nella rada di Mar Grande.
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