È un Natale molto magro per alcuni precari della scuola che sono più precari di altri. Tra supplenze non pagate e percorsi di accesso al ruolo preclusi si aprono altri fronti di lotta per il Ministero dell’Istruzione (e merito) che, al netto della propaganda, fatica a gestire l’ordinario.

Il primo fronte è quello della provincia autonoma di Bolzano, dove da anni esiste un doppio canale di reclutamento: quello delle scuole in lingua tedesca e quello delle scuole italiane. Il primo funziona, il secondo (come nel resto del Paese) no. Fatto sta che per alcuni insegnanti l’immissione in ruolo diventa “un obiettivo fantomatico”, come spiega Francesco Chianese, insegnante d’italiano e storia. “Il sistema tedesco funziona, anzi dovrebbe essere preso a modello perché permette di diventare di ruolo con un iter snello e in pochi anni, il problema è quello italiano e questo crea una enorme differenza fra insegnanti, alcuni dei quali rimangono precari per oltre 20 anni o sono alle prese con concorsi e con le spese per ottenere i Cfu”.

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Fino a ora della questione se ne era occupato con solerzia l’ex consigliere provinciale di Fratelli d’Italia e attuale coordinatore regionale e presidente della Commissione dei Sei, Alessandro Urzì, che agiva a “difesa dell’italianità”.

La necessità di trovare un accordo con Svp per la formazione della giunta altoatesina sembra, però, aver silenziato Fratelli d’Italia. “Finché il deputato Urzì era consigliere provinciale ha duellato a favor di telecamere con l’assessore leghista alla scuola italiana fingendo di chiedere parità di trattamento – denuncia Giuseppe Buondonno, responsabile scuola di Sinistra Italiana – ma ora dove sono i nefasti rappresentanti dell’italianità? Il Concorso che viene sbandierato come soluzione è in realtà l’ennesima ingiustizia: è necessario che insegnanti che lavorano nella scuola di Bolzano abbiano gli stessi diritti degli altri. L’autonomia, che nessuno mette in discussione, non deve diventare una occasione di discriminazione etnico-linguistica o territoriale”.

La disparità di trattamento tra precari non riguarda solo le province autonome: l’altro fronte a cui il ministro Valditara deve risposte è quello dei supplenti che non ricevono lo stipendio da settembre. Alcuni di questi riceveranno i pagamenti dopo Natale. Altri a gennaio. Chi? Quanti? A queste domande il Mim non risponde. Di certo c’è che ci sono centinaia di insegnanti in difficoltà estrema, impossibilitati ormai anche a sostenere le spese minime che consentano loro di andare al lavoro, come la benzina.

“Abbiamo passato tre mesi di fame e ora un Natale a luci spente”, chiosa Luca Campoli, insegnante in una scuola
superiore della provincia di Latina che con altri colleghi ha provato a lanciare una mobilitazione sui social. “Ci sono due questioni – spiega Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil – una di ordine politico: tutti i ministri che si sono succeduti non riescono a comprendere che la scuola non può fare a meno dei supplenti e che quindi il pagamento non può essere una voce accessoria ma una partita di spesa fissa perché non si può dire a chi lavora ‘ti pago quando ci sono i soldi’”.

Poi, per il sindacato, c’è una questione di procedure: “Valditara si era insediato parlando di semplificazioni che non si sono viste e ora siamo all’assurdo perché anche i soldi stanziati non riescono ad essere erogati”. Infine un problema di trasparenza: “Vorremmo avere chiarezza sui numeri e sui tempi di pagamento, non si possono nascondere dietro gli attacchi hacker e le disfunzioni del sistema NoiPa discriminando ancora una volta proprio quei lavoratori e quelle lavoratrici che più degli altri hanno bisogno della retribuzione”.