New green deal? Il nucleare torna a far capolino (per ora)
Un «reattore emiliano» A fare luce sull’insieme di operazioni (anche societarie) e di studi, che evidentemente durano da un po' di tempo, è un comunicato ufficiale emesso ieri dalla Newcleo, neonata società di ingegneria con sede a Londra, diretta da Stefano Buono, che si prefigge di sviluppare (manco a dirlo) «una energia nucleare sicura, pulita e inesauribile per un mondo ad emissioni zero» come si legge nel comunicato stampa
Un «reattore emiliano» A fare luce sull’insieme di operazioni (anche societarie) e di studi, che evidentemente durano da un po' di tempo, è un comunicato ufficiale emesso ieri dalla Newcleo, neonata società di ingegneria con sede a Londra, diretta da Stefano Buono, che si prefigge di sviluppare (manco a dirlo) «una energia nucleare sicura, pulita e inesauribile per un mondo ad emissioni zero» come si legge nel comunicato stampa
In pieno dibattito sulla transizione energetica, la notizia di un rilancio del nucleare con significativa presenza italiana non è da prendere sottogamba. A fare luce sull’insieme di operazioni (anche societarie) e di studi, che evidentemente durano da un po’ di tempo, è un comunicato ufficiale emesso ieri dalla Newcleo, neonata società di ingegneria con sede a Londra, diretta da Stefano Buono, che si prefigge di sviluppare (manco a dirlo) «una energia nucleare sicura, pulita e inesauribile per un mondo ad emissioni zero» come si legge nel comunicato stampa.
Il progetto in questione rientra nella categoria dei cosiddetti SMR (Small Modular Reactors, potenze da pochi Mw fino a 300 Mw) ed in particolare dei prototipi LFR AS 200 e TL 5 (reattori veloci a metalli liquidi, come il piombo) di cui la società Hydromine nuclear energy (oggi acquistata dalla Newcleo) è detentrice di parecchi brevetti.
La presenza italiana, oltre all’amministratore delegato Buono, è composta da Luciano Cinotti (un passato in Ansaldo nei reattori veloci) e, in prospettiva da un team di progettisti con sede a Torino.
Entro i prossimi cinque anni, l’azienda intende realizzare un prototipo industriale non nucleare a grandezza naturale in collaborazione con ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile), che condivide anche uno dei brevetti di Newcleo.
Nel suo comunicato la Newcleo parla anche di Thorio e di ADS (Accelerated Driven System) acceleratore di particelle accoppiato ad un reattore che oltre a produrre energia servirebbe a «distruggere» i residui radioattivi della fissione, idea che fu a suo tempo di Carlo Rubbia che, non a caso, viene ripetutamente menzionato e ringraziato nel comunicato stampa della società. Ultima nota di cronaca riguarda la discreta presenza di investitori italiani tra cui spicca il nome di John Elkann.
La prima cosa che salta agli occhi di questa operazione sono proprio i riferimenti a Carlo Rubbia la cui fama in Italia va ben oltre i suoi meriti scientifici, essendo stato eretto a suo tempo ad alfiere della sicurezza nucleare (sistemazione dei rifiuti radioattivi a Saluggia) e in qualche modo accreditato di un profilo non propriamente nucleare allorquando propose le centrali solari termodinamiche.
Ingenua valutazione, evidentemente, che certo la Newcleo non si sarebbe permessa di spendere il nome di Rubbia senza una sua esplicita benedizione a questo progetto.
Altro aspetto da sottolineare è che, per quanto riguarda la realizzazione di un modello in Italia, si parla di «prototipo non nucleare», cioè un modello di prova senza materiali fissili come fu negli anni ‘80 il PEC (prova elementi combustibili) realizzato al Brasimone (in Emilia Romagna) che doveva testare a «freddo» (cioè senza uranio) gli elementi di combustibile del reattore francese Superphoenix.
È una abile accortezza per non impattare da subito con l’ostilità al nucleare in Italia, certificata da due referendum, così come non è un caso il coinvolgimento dell’Enea (e magari proprio la componente che ha gestito a suo tempo il Brasimone) che presenta anch’essa un profilo «alternativo» a cominciare dal nome.
Ma c’è un convitato di pietra in questa impresa (che comunque si presenta difficile tecnicamente e finanziariamente) che non è stato nominato, ed è il ministro della transizione ecologica Cingolani il quale, oltre a esprimersi in favore dei mini reattori, è il miglior interprete di quel new green deal che accomuna trasversalmente settori del capitale finanziario, corporation in cerca di riscatto, ma anche ampi settori di quella buona borghesia (media e piccola) che non vede l’ora di scrollarsi di dosso questo «fastidio» delle crisi climatica, per cui è pronta ad appoggiare qualsiasi proposta tecnologica, ivi compreso il nucleare, in nome di quello sviluppo sostenibile nel cui nome, ormai, si attuano le peggiori politiche ambientali. È presto per gridare al lupo, ma come ho più volte ricordato l’abbandono dei combustibili fossili, non accompagnato da una sostanziale riduzione della produzione e consumo di merci, apre le porte al ritorno del nucleare.
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