«La repressione è sempre stata intorno a me e a tutte le artiste iraniane, può provenire dal governo ma anche dal mio ambiente, da parte dei colleghi uomini» spiega Nesa Azadikhah quando riusciamo a raggiungerla nel corso del lungo tour che la sta portando ad esibirsi da Parigi a Tbilisi, da Beirut a Oslo. Nata nel 1984 a Tehran, musicista già da giovanissima – «a sei anni ho imparato a suonare il tombak, a sedici sono diventata una dj» – il legame di Azadikhah con la sua città è forte e si esprime su più livelli. La piattaforma che ha creato nel 2014 si chiama infatti Deep House Tehran, un portale attivissimo che mira a supportare e far conoscere la scena di musica elettronica locale attraverso programmi radiofonici, ascolti in anteprima e recensioni.

Nesa Azadikhah
Sento di contribuire a ciò che sta avvenendo con tutte le emozioni, la rabbia e i sentimenti che provengono da dentro di me e che metto nella mia musicaMa la vita della capitale iraniana ha un ruolo importante anche nella grammatica creativa di Azadikhah: «Sono sempre stata ispirata dai suoni della città intorno a me, dalle conversazioni delle persone ai rumori delle auto, ho cominciato a registrarli e a convertirli in suoni nuovi da inserire nelle tracce». Una modalità compositiva che si può ascoltare nell’ep Random City (2016) o nella colonna sonora della serie prodotta da Arte Iran #NoFilter (2017), incentrata sulla vita dei giovani nella capitale. All’indomani della rivoluzione – Azadikhah sceglie con decisione questa parola – scoppiata dopo l’uccisione di Mahsa Amini, la musicista si è esposta sostenendo il movimento e promuovendo musica creata in solidarietà al grido Donna, vita, libertà; è la creatività di un Paese che cerca finalmente di emergere nonostante i rischi che corre quotidianamente chi non sottostà ai rigidi divieti imposti dal regime politico-religioso. Secondo le leggi iraniane una donna non può cantare (se non in duetto con un uomo) né ballare, proprio ciò che fanno in tanti e tante al ritmo della musica di Nesa.

Cosa è cambiato per te dopo le ultime rivolte in Iran?

Essere un’artista donna in questo Paese non è semplice perché è fondato su un sistema patriarcale dove tutto ruota intorno alla mascolinità e agli uomini. Come potete immaginare, non esiste una vera e propria scena musicale né una vita notturna in pubblico, tutto è molto underground e accade nelle città durante i fine settimana all’interno delle case, in un’atmosfera privata. In questa situazione critica però stanno accadendo cose decisamente positive, ci sono molti uomini che sostengono le donne e la loro rivoluzione, ed è veramente bello da vedere.

Stai portando avanti molte attività in solidarietà a quanto accade nel tuo Paese. Quale contributo può dare la musica?

Da quando la rivoluzione è iniziata ho partecipato a molti programmi radio per far conoscere la situazione ma allo stesso tempo la piattaforma che ho fondato, Deep House Tehran, ha dovuto interrompere la sua attività quotidiana per dedicarsi più specificamente a ciò che sta avvenendo, condividendo video o lavori artistici realizzati in supporto al movimento. In quest’ottica è uscito da poco una compilation sull’etichetta Apranik Records, che abbiamo creato io e Aida, una bravissima artista iraniana che vive a San Francisco. Nella prima parte dell’album ci sono 12 tracce di donne che praticano diversi generi musicali. Dal mio punto di vista l’arte non è mai separata dalla politica, sento di contribuire a ciò che sta avvenendo con tutte le emozioni, la rabbia e i sentimenti che provengono da dentro di me e che metto nella mia musica.

Molti artisti e artiste sono costretti a lasciare l’Iran, tu stai suonando molto all’estero attualmente. Qual è il tuo rapporto con la diaspora?

Sì, in questi anni abbiamo visto tanti artisti e persone impegnate in diversi campi lasciare il Paese, perché nel corso del tempo tutto è diventato più chiuso e limitato ed è sempre più difficile esprimersi. Io non ho ancora abbandonato l’Iran, per coincidenza sono partita per questo lungo tour due giorni prima che la rivoluzione iniziasse, ma non mi sento di dire che sia stato un buon tempismo perché non sono molto a mio agio durante i concerti, con il pensiero continuo ad essere a casa. Gli eventi degli ultimi mesi hanno cambiato il modo in cui le persone di altri Paesi guardano all’Iran, prima si tendeva a considerare il popolo iraniano omogeneo al governo, ma stavolta nostra voce è stata ascoltata e il mondo ha capito che non vogliamo questo regime.

Quale ruolo ha internet per le tue creazioni?

Un ruolo molto importante, per noi che facciamo musica e ancor più per i dj, essere aggiornati e conoscere i nuovi software è fondamentale e senza internet sarebbe praticamente impossibile. Ma anche per la rivoluzione, internet ha fatto sì che le persone potessero fotografare e diffondere ciò che accadeva per strada e tutti i relativi incidenti, se la rete e i social media non ci fossero stati sarebbe stato difficile per questo movimento anche solamente esistere.

Quali sono i tuoi programmi per il prossimo futuro?

Sto programmando diversi showcase e collaborazioni di Deep House Tehran con radio in tutto il mondo in solidarietà con il movimento per i prossimi mesi. Continuerò a suonare in Europa finché avrò il visto, e nel frattempo sto lavorando ad un album ambient.