Nel Pnrr 25 miliardi per la rete ferroviaria. Tanta alta velocità, poco ai treni locali
Cura del ferro Per la missione delle “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, Bruxelles erogherà complessivamente 25,13 miliardi mentre gli altri 6,33 arrivano dal Fondo complementare governativo. Per ora resta l'impostazione dal governo Draghi, senza finanziamenti per il Ponte sullo Stretto. Ma Salvini ci prova ugualmente.
Cura del ferro Per la missione delle “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, Bruxelles erogherà complessivamente 25,13 miliardi mentre gli altri 6,33 arrivano dal Fondo complementare governativo. Per ora resta l'impostazione dal governo Draghi, senza finanziamenti per il Ponte sullo Stretto. Ma Salvini ci prova ugualmente.
Mentre decine di migliaia di viaggiatori si affannavano per trovare una via d’uscita al caos ferroviario determinato dal deragliamento di Castello, Matteo Salvini riuniva al Mit i presidenti delle regioni Calabria e Sicilia Occhiuto e Schifani, i vertici di Rfi, Anas e Italferr, e Pat Cox coordinatore della Commissione Ue per il corridoio Scandinavia-Mediterraneo, per cercare sponde al progetto del ponte sullo Stretto di Messina. A sostegno del quale ha annunciato addiritttura un tour europeo in cerca di finanziamenti.
Finanziamenti che almeno in questo caso non ci sono nella parte del Pnrr dedicata alle infrastrutture. Una eredità del governo Draghi che, al momento, Giorgia Meloni non sembra prudentemente voler toccare. Perché gli investimenti, in soldoni 31,46 miliardi per la missione delle “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, hanno come obiettivo anche la rete ferroviaria nel Mezzogiorno. Una rete oltremodo penalizzata negli ultimi trent’anni dalla scelta tutta politica di realizzare tunnel interminabili, stazioni sotteranee e terzi valichi nel centronord della penisola. Con gran dispiego, e spreco, di risorse.
Per convincere Bruxelles, che erogherà 25,13 miliardi mentre gli altri 6,33 arrivano dal Fondo complementare governativo, il “governo dei migliori” ha puntato forte sulle ferrovie, cui sono destinati investimenti sulla rete per 24,77 miliardi. In particolare, va da sé, all’alta velocità, con la giustificazione che in Italia solo il 6% del traffico passeggeri, e l’11% di quello merci (contro una media Ue del 17%.), avviene su rotaia.
Anche stavolta comunque il pendolarismo locale viene meno considerato, con solo 2,97 miliardi per il rafforzamento dei nodi metropolitani che collegano le grandi città al proprio hinterland. Mentre all’alta velocità verso il sud sono dedicati 4,64 miliardi, con interventi sulla Napoli-Roma, la Palermo-Catania e la Salerno-Reggio Calabria. E altri 1,58 miliardi saranno impiegati per la Roma-Pescara, la Roma-Ancona e la Napoli-Battipaglia-Taranto. Mentre al traffico locale nel Meridione su linee “normali” ci sono a disposizione soltanto 2,4 miliardi.
Corposi invece gli investimenti, 8,57 miliardi, per le linee ad alta velocità del centronord. Dal completamento della Brescia-Verona-Vicenza per un collegamento veloce completo tra Milano e Venezia, al potenziamento della Genova-Milano e Genova-Torino. Sarà potenziata anche la Verona-Brennero, con la tangenziale ferroviaria di Trento.
Questa la teoria. Mentre nella pratica il governo Meloni per il momento ha intenzione di spendere solo 3,1 miliardi per le “opere pubbliche complesse”, di cui solo una parte per le infrastrutture ferroviarie. Un dato che, in un recente convegno organizzato dal gruppo Sole 24 Ore ad Assolombarda ha fatto dire a più di un relatore che risorse e progetti ci sono, ma la “messa a terra” è ancora in alto mare.
Il direttore del quotidiano confindustriale, Fabio Tamburini, è stato esplicito: “Sarebbe ingeneroso dare la colpa al governo in carica. Ma un conto è presentare progetti e mandarli a Bruxelles, poi però si deve passare alla fase organizzativa, e qui ci sono le difficoltà che stiamo attraversando in modo evidente”. Il rimedio? Per il viceministro leghista Rixi naturalmente “è necessario semplificare i processi autorizzativi”.
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