«Nun ce scassate ‘o Paese». Era lo striscione di apertura ieri a Napoli della manifestazione nazionale contro il disegno di legge Calderoli, che introduce l’autonomia differenziata e che, dopo l’approvazione al Senato, è ora in commissione Affari costituzionali alla Camera. Hanno partecipato al corteo almeno 5mila persone, con delegazioni da Puglia, Basilicata, Calabria, Veneto, Lombardia e Piemonte, per chiedere lo stop del provvedimento in nome dell’unità nazionale e della parità di diritti fra tutti i cittadini. Hanno vinto la scommessa i comitati contro l’autonomia differenziata, che hanno promosso l’iniziativa, nella speranza di tenere insieme sigle e realtà eterogenee: dalla Cgil ai sindacati di base, dal Pd a Rifondazione comunista e a Sinistra italiana; dai Cinque Stelle a Potere al Popolo, dai Verdi ai collettivi universitari.

Almeno una decina i sindaci di comuni grandi e piccoli nel corteo e tutti con la fascia tricolore. Come Marida Episcopo, eletta in autunno a Foggia dopo due anni di commissariamento del suo comune per infiltrazioni malavitose. Durante la manifestazione è stato letto un messaggio inviato dal presidente dell’Anci, Antonio Decaro.

Assente Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, e la circostanza non è passata inosservata. Mancava pure Vincenzo De Luca, il presidente della giunta campana, ma sfilava in corteo il suo vice: Fulvio Bonavitacola. A metà percorso è arrivato il leader dei 5S Giuseppe Conte, che ieri era a Napoli: si è sistemato al fianco dell’ex presidente della Camera, Roberto Fico.

«Continueremo con la battaglia parlamentare – hanno detto – e cercheremo di far leva sulle contraddizioni nella maggioranza. Se il ddl sarà approvato, bisognerà fermarlo con il referendum». Nel frattempo, ha sottolineato Peppe De Cristofaro (Avs), «è un bene che questa battaglia venga portata nelle piazze, perché l’autonomia differenziata è un disegno scellerato e avrà effetti devastanti anche per il Nord. Per il Mezzogiorno sarà una vera e propria mannaia». La parte del ddl relativa alle intese Stato – Regioni è la più insidiosa, secondo De Cristofaro: «Una Regione può avocare a sé le competenze in settori strategici e sarà poi difficile tornare indietro anche se cambieranno le maggioranze al governo e se ci si accorgerà che quelle intese non funzionano».