Con buona pace della tesi-auspicio secondo cui Mosca avrebbe risparmiato la Azovstal per renderla subito disponibile e produttiva al suo servizio, vista dall’alto con le ultime immagini satellitari di Mariupol l’acciaieria si presenta quasi rasa al suolo.
Sotto, nei tunnel in cui restano assediati centinaia, forse migliaia di combattenti e civili ucraini, una situazione che è già da giorni insostenibile non ha trovato sbocchi neanche ieri, in assenza del corridoio per cui si è molto speso il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, e che era sembrato più volte imminente.

IL GIORNO 66 DELL’INVASIONE è iniziato nella notte con l’artiglieria russa che si è fatta sentire nella parte orientale del Paese, da nord a sud, su tutta l’ampiezza del fronte aperto nel Donbass. Nella serata di ieri un raid missilistico su Odessa, che ha colpito in particolare mettendole fuori uso le piste dell’aeroporto, senza fare vittime – rendono noto le autorità locali. In città dalle 22 di stasera alle 17 del 3 maggio scatta il coprifuoco. In mezzo c’è il 2 maggio, giorno del massacro, in quel maledetto 2014, di 48 militanti di sinistra nella Casa dei sindacati assaltata e data alle fiamme dall’estrema destra ucraina. Secondo la polizia locale la Russia per l’ottavo anniversario avrebbe ingaggiato gang criminali per inscenare «provocazioni» .

Il resto sono bombe. Nell’Oblast di Donetsk la polizia parla di 4 vittime civili, tra cui un bambino. E di una strage di infrastrutture (sempre civili), tra cui una scuola e un ospedale. Anche Kharkiv è stata di nuovo e ripetutamente colpita. Si è poi combattuto a Lysychansk , Sievierodonetsk e Popasna nel Luhansk; forze d’assalto russe sono in azione nei distretti di Slobozhansky e Donetsk; duri scontri si registrano intorno alle aree urbane di Kramatorsk e Sloviansk, dove sembra stringersi la tenaglia da terra dell’offensiva russa.

LO STATO MAGGIORE UCRAINO nega che a tutto ciò corrispondano particolari successi del nemico, ma lancia l’allarme sul crescendo programmato degli attacchi e della mobilitazione di truppe da parte del Cremlino. Il cui bollettino ieri rivendicava quasi 400 obiettivi centrati, inclusi checkpoint, depositi di armi e munizioni, cisterne di carburanti.
Sempre ieri c’è stato ancora un macabro ritrovamento nei dintorni di Bucha. Il villaggio è Myrotske, il report della polizia di Kiev: tre corpi con le mani legate dietro la schiena, gli occhi bendati, «visibilmente e a lungo torturate prima dell’esecuzione».

LE AUTORITÀ DELLE REGIONI RUSSE confinanti, Kursk e Bryansk, denunciano colpi di artiglieria piovuti dall’Ucraina su un posto di blocco vicino alla frontiera e su un terminal petrolifero, senza vittime. Retrovia logistico dell’invasione, la regione è stata teatro anche nei giorni scorsi di misteriosi attacchi e incidenti, già citati da Mosca per minacciare pesanti conseguenze.

Lavrov invece ha affidato all’agenzia di stato cinese Xinhua il suo pensiero: «Usa e Nato se fossero davvero interessati a risolvere la crisi dovrebbero svegliarsi e smetterla di inviare armi al regime di Kiev». Alla Tass invece ha tagliato corto sui rischi di un’escalation atomica il capo del Dipartimento per la non proliferazione e il controllo degli armamenti di Mosca, Vladimir Yermakov: «Tutte le potenze nucleari devono attenersi alla logica sancita dai documenti ufficiali volti a prevenire un conflitto nucleare».

ALLA LOGICA DEL “BAZOOKA” economico che il presidente Usa ha ottenuto dal Congresso – 33 miliardi di dollari, il 70% in sostegno militare diretto – ieri si è aggiunto un supplemento di aiuti e armi da Parigi. Il presidente Emmanuel Macron lo ha annunciato allo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky, insieme alla «sua volontà di agire per ristabilire la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina». Di «sostegno difensivo» e in particolare di Mariupolm il leader di Kiev ha parlato anche con il premier britannico Boris Johnson. Sembra evidente la speranza di invertire i rapporti di forza con l’invio dei nuovi armamenti. Certo non tra l’oggi e il domani.

Da Mosca intanto giunge notizia del numero di profughi ucraini che hanno preso la via della Russia dal 24 febbraio a oggi: circa 1 milione. «Evacuati» o «deportati» a seconda dei punti di vista. La vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk invece dà conto ormai quasi giornalmente via Telegram dei prigionieri ucraini che tornano a casa nell’ambito di scambi concordati. Ieri, 7 civili e 7 militari, giornata «speciale» perché «una delle militari è al quinto mese di gravidanza».