La decisione di commissariare il Pd di Caserta e quello campano era stata presa con la vittoria di Elly Schlein il 26 febbraio. Per arrivare alle nomine c’è voluto più di un mese. Ieri i nomi: Susanna Camusso in Terra di lavoro e Antonio Misiani al regionale. Tre gli snodi: le dimissioni di Franco Roberti, il 21 marzo, da presidente della Commissione del Pd Campania per il rinnovo del tesseramento. Dimissioni che hanno sancito l’impossibilità di approvare l’anagrafe degli iscritti a Caserta (dove ci sono stati i tesseramenti gonfiati) e, soprattutto, hanno impedito agli uomini del governatore De Luca di forzare la mano e arrivare all’elezione di Rosetta D’Amelio a segretaria regionale.

Di mezzo anche la partita degli incarichi al Nazareno ancora aperta. L’attesa ha comunque allarmato i sostenitori della neosegretaria. Per mettere in chiaro gli umori, il 25 marzo è arrivato un appello con 168 firme (molti di Art1, area dem o ex), titolo: «Una speranza e un’opportunità per la sinistra. Vogliamo dare una mano». Venerdì scorso a Napoli l’infocata assemblea che ha sancito la nomina di Giuseppe Annunziata (vicino ai consiglieri regionale e, in particolare, a Mario Casillo) come segretario metropolitano e l’Art1 Francesco Dinacci come presidente del partito napoletano. Nel dibattito lo scontro tra De Luca e il parlamentare Marco Sarracino, segretario uscente e in predicato di entrare nella segreteria Schlein. Infine ieri le nomine.

Alla festa del Domani, Schlein ha chiarito: «Il commissariamento non so se avrà un costo. Avrebbe un costo molto maggiore non essere conseguenti alla promessa di trasparenza, di ricostruzione e di rispetto delle regole. Avevamo denunciato delle situazioni opache, con pacchetti di tessere, capibastone o persone che si sentono padroni delle tessere. Nelle primarie problemi di questo tipo li abbiamo avuti in territori molto ben localizzati e da segretaria non consento a nessuno di gettare fango sulle persone che sono andate a votare. Dobbiamo fare scelte per avere chiarezza e trasparenza. È proprio per rispetto agli iscritti ed elettori che in Campania abbiamo fatto questa scelta». Il riferimento è a Caserta ma anche a De Luca, che da decenni orienta in modo bulgaro il voto a Salerno ed è impegnato in un braccio di ferro per ottenere il via libera al terzo mandato da governatore. Un tema, quest’ultimo, su cui Schlein ha detto no.

A Caserta dovrà mettere ordine Camusso, ex segretaria generale della Cgil, eletta senatrice nel collegio Campania 2 lo scorso settembre dopo un’estate di polemiche per essere stata «catapultata» a scapito dei politici del territorio. Più delicata la casella del regionale. Misiani conosce bene il sindaco partenopeo, Gaetano Manfredi, e ha dato una mano importante nella stesura del Patto per Napoli che ha evitato al comune il dissesto. Parlamentare dal 2006, tesoriere del Pd con Bersani ed Epifani, viceministro dell’Economia nel Conte 2, ha un rapporto consolidato con Andrea Orlando e di sicuro è una figura di peso.

In regione troverà un partito spaccato, come dimostrato dall’assemblea di venerdì, a cui hanno partecipato i deputati Dario Franceschini, Roberto Speranza, Valeria Valente e Stefano Graziano. In platea anche Antonio Bassolino. E De Luca, che non si era mai presentato a un appuntamento del partito di Napoli. Se Dinacci e Manfredi hanno indicato la via dell’alleanza con i 5S, il governatore ha chiuso la porta: «Sono soddisfatto per aver fatto la battaglia per Gaetano sindaco. C’era qualche creativo che pensava al campo largo» (cioè a un sindaco 5S). E sul terzo mandato: «Il destino della Campania si decide in Campania».

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Primarie Pd, no comment da De Luca: si allontana il terzo mandatoDoveva finire così ma Sarracino ha chiesto la parola, chiudendo l’assemblea con una controffensiva punto su punto: «L’alleanza con M5S è nata qui a Napoli. Abbiamo vinto le elezioni. Questa roba si chiama campo dei progressisti e dei riformisti. Sono le forze alternative al centrodestra, più serie di quel civismo che oggi sta con noi e domani sta da un’altra parte. Quello è trasformismo e ha indebolito il Pd. Serve un Pd autonomo rispetto agli enti locali e agli amministratori. E serve sintonizzare i gruppi dirigenti locali con la nuova linea nazionale. Quella votata dai militanti che hanno bocciato quella degli amministratori».