L’interrogativo che pesa come un macigno sul corpo della guardia costiera e sul governo ellenico, lo pronuncia Dimitris Baltakos, ex capo del Reparto speciale, davanti alla telecamera della Bbc: «Ci sono centinaia di video che mostrano la Guardia costiera mentre salva le persone; perché salvarne alcune, e lasciarne morire altre?». Secondo Baltakos i suoi colleghi «non hanno nulla da nascondere», ma stando a un’inchiesta dell’emittente britannica, quegli uomini chiamati a garantire i soccorsi nei mari dove anche questa estate migliaia di turisti si bagneranno, hanno provocato la morte di 43 migranti, respingendoli a forza nelle acque territoriali turche.

Tra le vittime, nove persone sono state gettate «deliberatamente» tra le onde, senza neanche il giubbotto salvagente. La Bbc ha analizzato 15 episodi occorsi tra il maggio del 2022 e quello dell’anno scorso, grazie alle fonti dei giornalisti locali, delle ong e della guardia costiera turca. In quattro casi è riuscita a verificare i resoconti parlando con testimoni oculari. Un uomo camerunese, approdato nell’isola di Samos, ha raccontato di essere stato braccato a forza da «poliziotti con il volto coperto» e poi portato a largo su una motovedetta della Guardia costiera, assieme a altri due compagni, che per primi sono stati gettati in mare. «Uno ha gridato “Salvatemi, non voglio morire…”. Alla fine solo la sua mano era fuori dall’acqua. Lentamente il mare lo ha inghiottito» ha raccontato il camerunese.

Anche lui è stato gettato tra le onde, senza salvagente, stordito da una scarica di pugni sulla testa. Ma al contrario degli altri due, i cui corpi sono stati recuperati sulle coste turche, sapeva nuotare. Testimonianze che non rappresentano un caso isolato, ma sembrano delineare una strategia precisa per impedire ai richiedenti asilo di raggiungere la Grecia, come denunciano da anni gli operatori umanitari nelle isole. Un altro superstite ha raccontato di essere stato buttato in acqua con le mani legate, e di essere sopravvissuto solo perché si è messo a galleggiare sulla schiena. Alcune storie drammatiche coinvolgono persino minori: un migrante siriano, respinto su una zattera gonfiabile assieme a 80 persone, ha visto morire sette bambini mentre l’imbarcazione prendeva acqua e le loro richieste di aiuto rimanevano inascoltate.

Chiamato a commentare le testimonianze scioccanti, il portavoce del governo ellenico, Pavlos Marinakis, ha ripetuto la difesa di rito di fronte alle denunce di respingimenti: «Ciò che viene menzionato nell’inchiesta non è provato, le donne e gli uomini della guardia costiera salvano decine di vite umane ogni giorno». Anche la Guardia costiera ellenica ha respinto categoricamente le accuse. Nessuna osservazione invece dal premier Mitsotakis, incaricato ieri a Bruxelles, assieme a Donald Tusk, di condurre i negoziati sulla nomina del presidente della Commissione Ue per conto del Ppe. A proposito dell’inchiesta un portavoce della Commissione europea ha chiarito, durante un incontro con la stampa, che le autorità greche sono responsabili per le indagini sul caso e ha aggiunto: «Le decisioni sui finanziamenti europei non si basano sulle notizie dei giornali, ma sul quadro giuridico applicabile».

Anche l’ex capo della Guardia costiera Baltakos, chiamato dai reporter della Bbc a commentare il video di un respingimento nell’isola di Lesbo, ha negato che si trattasse di un’azione illegale. Poi, durante una pausa in cui avrebbe dimenticato di avere il microfono aperto, ha commentato in greco con un altro uomo, a proposito dei colleghi nel video: «Non so perché lo abbiano fatto in pieno giorno… È chiaramente un crimine». Una verità che trova posto soltanto fuori dall’inquadratura.