Merkel pianta paletti, scontro sulle nomine
Commissione europea La cancelliera insiste sullo Spitzenkandidat e per ora dice no a Barnier
Commissione europea La cancelliera insiste sullo Spitzenkandidat e per ora dice no a Barnier
Tensioni e disaccordo sul clima, mentre non si trova la quadratura del cerchio per le nomine ai top jobs dell’Unione europea. Serata difficile e conflittuale al Consiglio europeo, ieri. C’era la speranza di arrivare a un’approvazione dell’azione per il clima, che aveva raccolto, tra molte difficoltà, l’approvazione di 23 paesi, per stabilire a livello europeo una neutralità carbone entro il 2050. Ma il blocco è venuto da Repubblica ceca, Ungheria e Polonia, che hanno ottenuto dietro le quinte la comprensione di Angela Merkel. Sul clima, quindi, tutto è rimandato a ottobre, dopo il summit dell’Onu a settembre.
Il malumore tedesco sul clima riflette le tensioni sulle nomine, ieri sera in stallo. La Francia si è posta alla guida dell’offensiva sulla neutralità carbone e la Germania punta i piedi contro Parigi. Merkel per il momento non cede sulla modalità dello Spitzenkandidat, che sulla carta dovrebbe attribuire la presidenza della Commissione al candidato espresso dal gruppo politico che è arrivato in testa alle elezioni europee. Si tratta di Manfred Weber, tedesco della Csu, che per un folto gruppo di paesi è un candidato inadeguato, non all’altezza anche sulla forma (non è mai stato ministro), un «ectoplasma» secondo la poco diplomatica definizione data dalla capolista En Marche, Nathalie Loiseau. Così la via d’uscita, ieri all’ora della cena, era di stilare una lista complessiva di una decina di nomi per le cariche più importanti: il presidente della Commissione, Mr o Mrs Pesc, il presidente del Consiglio con un occhio al presidente dell’Europarlamento (che dovrà essere eletto con una maggioranza di 376 voti) e in testa il nome del successore di Draghi alla Bce in autunno. Ma includendo nella lista altre cariche di rilievo, con l’obiettivo di trovare una quadratura del cerchio tra esigenze di appartenenza politica, equilibrio di genere e geografico.
Il blocco principale riguarda il superamento della pratica dello Spitzenkandidat, che la Francia e molti altri non vogliono, perché sostengono che affermare che è il metodo più democratico è una falsità (non ci sono state liste transnazionali) e che le europee hanno spezzato l’egemonia tradizionale tra gruppo Ppe e S&d, la Grosse Koalition tra conservatori e socialisti. Se il nuovo presidente deve essere del Ppe, c’è l’ipotesi Michel Barnier, républicain francese, negoziatore Brexit, che trova simpatie anche tra i verdi e i liberal. Ma Merkel per ora non si è fatta convincere. I liberali, che sono ormai la terza forza e pretendono di essere l’ago della bilancia, hanno anche la loro candidata, la danese Margrete Vestager, ma anche questo nome è difficile da accettare per la Germania, anche se Merkel apprezza personalmente la commissaria uscente alla Concorrenza (che però ha bloccato la fusione Siemens-Alstom), e per di più viene da un paese non euro.
Nelle prossime ore (e forse giorni) i contatti saranno accelerati con l’Europarlamento, per trovare una via d’uscita, poiché il nuovo presidente e la Commissione dovranno essere approvati da Strasburgo: Weber non passerà il voto, «non c’è maggioranza», hanno fatto sapere liberali e verdi. Resta agli starting block il socialista Frans Timmermans, che corre soprattutto per il posto di Mr Pesc, ma lo spagnolo Pedro Sanchez in prima battuta ha difeso questa candidatura nell’ottica dello Spitzenkandidat (di S&D, secondo gruppo).
Unica intesa a 28: sanzioni alla Russia per altri sei mesi, dopo i risultati dell’inchiesta olandese sui 298 morti del volo della Malaysia Airlines abbattuto sui cieli dell’Ucraina dell’est nel 2014. Altro accordo ieri: «Enorme ostilità», ha spiegato l’irlandese Leo Varadkar, a riaprire un negoziato sul Brexit, qualunque sia il prossimo primo ministro a Westminster.
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