Appena qualche giorno fa, Rami Livni, giornalista, editorialista e attivista aveva chiesto agli elettori progressisti di non avere esitazioni e di andare numerosi alle urne per bloccare il ritorno di Benyamin (Bibi) Netanyahu al potere e l’avanzata della destra estrema. «Le persone di sinistra o di centro-sinistra – ebrei e arabi, sionisti e non sionisti, pragmatici e radicali, persone del campo ‘chiunque tranne Bibi’ – vadano a votare. Preferibilmente per il Meretz, perché nonostante le sue carenze è il partito il cui impegno per la sinistra come visione del mondo è coerente e più credibile» aveva scritto. Non sembra che il suo appello sia stato recepito. Il Meretz, il partito che è stato, con nomi diversi, la casa di personalità politiche ed intellettuali come Shulamit Aloni e Yossi Sarid, tra i primi israeliani ebrei sostenitori della nascita dello Stato di Palestina, ha subito una pesante emorragia di voti. Ieri sera era posizionato dalla Commissione elettorale centrale sotto, seppur di pochissimo, la soglia di sbarramento del 3,25%, quindi fuori dalla Knesset dopo quasi trent’anni. Un risultato che, se confermato, rappresenterà un disastro per l’unico partito sionista che nella Knesset chiede uno Stato per i palestinesi sotto occupazione militare e un vantaggio per la coalizione di Netanyahu che guadagnerebbe altri seggi.

Per la leader del Meretz Zehava Galon, tornata appena qualche mese fa alla guida del partito, è cominciata la fase delle riflessioni e, forse, come già chiedono alcuni, delle dimissioni dal suo incarico. I sondaggi prima del voto avevano messo in allarme la direzione del Meretz. Galon aveva letto i dati come la conseguenza dell’appello a laici e progressisti giunto dal premier centrista Yair Lapid al «voto utile» ossia a sostenere il suo partito, Yesh Atid, più grande e più in grado di contrastare il Likud di Netanyahu e le destre. Non pochi simpatizzanti del Meretz, secondo Galon, pur di fermare il ritorno di Bibi avrebbero scelto Yesh Atid indebolendo il partito e condannandolo, forse, a lasciare la Knesset a vantaggio proprio della destra.

Una motivazione fondata ma che è una causa secondaria del tonfo del Meretz, spiega al manifesto Yigal Bronner, docente universitario di scienze politiche e attivista di ciò che resta del cosiddetto «campo della pace» israeliano. «Il Meretz era in declino da anni» dice «non ha voluto e saputo ridefinire il suo ruolo di forza di sinistra, ha continuato ad essere solo un punto di riferimento per la classe media istruita, progressista, ashkenazita e non si è avvicinato alle classi popolari, alle periferie delle città dove il costo della vita, la disoccupazione e il degrado sono un flagello. Non solo, sotto l’urto delle tendenze ultranazionaliste ora prevalenti nell’opinione pubblica, ha diluito l’impegno per una soluzione negoziata con i palestinesi. Errori tragici». Eppure, conclude Bronner, «i suoi dirigenti continuano a denunciare l’appello di Lapid e il mancato accordo elettorale con i Laburisti».