Meno fondi del previsto per la prevenzione della bronchiolite
– foto Ap
Italia

Meno fondi del previsto per la prevenzione della bronchiolite

Salute Per prevenire la bronchiolite nei neonati il governo investirà solo cinquanta milioni di euro, assai meno di quanto aveva promesso. Non basterà per proteggere tutti i bambini con meno di un anno di età
Pubblicato circa 10 ore faEdizione del 19 ottobre 2024

Non saranno 75 come annunciato ma solo 50 i milioni che il governo ha stanziato per acquistare il farmaco anti-bronchiolite. Si tratta dell’anticorpo monoclonale nirsevimab prodotto dall’azienda francese Sanofi, capace di prevenire la malattia causata dal virus sinciziale che, secondo un recente rapporto della Società italiana di malattie infettive e tropicali, «nei paesi industrializzati costituisce la principale causa di ospedalizzazione nei bambini».

Una circolare del Ministero della salute prevede che l’anticorpo sia somministrato da novembre a maggio a tutti i nati dopo il mese di luglio 2024. Le dosi saranno acquistate a livello centrale da governo con l’investimento stanziato e le Regioni che hanno già provveduto ad reperirne con fondi propri ne cederanno il 20% alle altre a titolo «solidale».

La riduzione delle risorse rimpicciolisce la platea dei bambini destinatari. Avranno diritto all’anticorpo meno di trecentomila bambini, mentre le campagne regionali avevano come obiettivo la copertura universale, e la malattia può avere effetti gravi anche dopo il primo anno di età. Per coprire tutti i bambini con meno di due anni, sarebbero state necessarie circa 900 mila dosi e ciò non avverrà. Lo si evince anche dall’ammontare dell’investimento: al prezzo praticato dalla Sanofi alle Regioni (poco sopra i 200 euro a trattamento), 50 milioni basteranno per comprare tra le 200 e le 250 mila dosi, non di più. Le dosi disponibili inoltre sono ridotte perché l’Italia si è mossa in ritardo, quando le prenotazioni avevano già quasi esaurito la produzione. Il caso era scoppiato in settembre, quando il ministero aveva inizialmente vietato alle regioni in piano di rientro (cioè con il bilancio in rosso) di acquistare il nirsevimab, salvo poi fare marcia indietro dopo le proteste. A quel punto però il governo ha dovuto fare i conti con la scarsità delle risorse economiche e delle dosi.

Persino negli Usa, dove la sanità pubblica non ha carattere universalistico come in Europa, la campagna vaccinale sarà più capillare che in Italia. Il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie statunitense infatti prevede una platea ben più larga di quella italiana: negli Usa hanno diritto alla prevenzione gratuita tutti i bambini con meno di età inferiore agli otto mesi ma anche quelli di età superiore (fino a 19 mesi) a rischio si sviluppare sintomi gravi in caso di infezione.

A abbassare i costi potrebbe essere la concorrenza: anche la casa farmaceutica Merck ha sviluppato un anticorpo monoclonale che protegge dai sintomi più gravi della bronchiolite. Il suo si chiama clesrovimab, ha le stesse modalità di somministrazione del nirsevimab  e nei test ha dimostrato un’efficacia nell’evitare il ricovero dell’84%, assai vicino all’86-90% dimostrato dal farmaco della Sanofi. Il clesrovimab deve essere ancora approvato per il commercio. Quando otterrà le autorizzazioni, la disponibilità e la competizione tra più opzioni terapeutiche faranno probabilmente abbassare il prezzo di entrambi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento