Meloni si rifà viva solo per attaccare le opposizioni
Meloni con il presidente albanese Edi Rama – Ansa
Politica

Meloni si rifà viva solo per attaccare le opposizioni

Governo balneare La premier "incompresa" per il conto saldato in Albania. Tace su benzina, banche e migranti. Fratoianni. «I suoi proclami di un anno fa su accise e flat tax si sono sciolti come neve»
Pubblicato circa un anno faEdizione del 20 agosto 2023

Giorgia Meloni riappare dopo molti giorni di silenzio. Lo fa solo virtualmente, con un post su Facebook, dove invece di rispondere alle tante questioni chiave dell’agenda politica sui cui è latitante – dalla decisione di non ridurre le accise sulla benzina all’emergenza migranti, dai fondi per l’alluvione in Romagna che non arrivano ai diktat di Forza Italia per annacquare la tassa sulle banche – torna invece sul piccolo episodio del conto da 80 euro da lei saldato al ristorante albanese da cui è fuggito un gruppo di turisti italiani.

RICOMPARE SOLO PER attaccare le opposizioni per averla criticata. Cosa vera solo in piccola parte, visto che i leader dei principali partiti di minoranza, da Schlein a Conte al solitamente loquace Calenda, non hanno degnato l’episodio di mezza parola. Però la premier s’indigna per le modeste critiche di qualche deputato di opposizione e attacca a muso duro: «Anche questo mio gesto di pagare il conto, in Italia ha creato polemica, da parte di un’opposizione che evidentemente preferisce un’altra immagine dell’Italia. Me ne dispiace perché speravo che almeno su una cosa così banale si potesse essere d’accordo».

CURIOSO CHE MELONI, che dall’opposizione non lesinava attacchi durissimi ai governi degli ultimi anni, s’indigni per così poco. O che decida di rompere il lungo silenzio ferragostano solo per tornare su un episodio alla «Amici miei». Ma le sue parole tradiscono il nervosismo che si era già evidenziato con la fuga in Albania, scelta decisamente poco consona ad una premier nazionalista, motivata dalla volontà di fuggire al presunto «assedio mediatico» che riteneva di subire nella masseria in Puglia. Curioso anche che la premier non abbia voluto rivelare se col premier Edi Rama ha o non ha discusso di un appoggio italiano all’ingresso dell’Albania in Ue, magari in cambio della partnership per una centrale nucleare da realizzare sull’altra sponda dell’Adriatico e in grado di fornire energia elettrica anche all’Italia.

IL NERVOSISMO DELLA premier in realtà si spiega con ragioni molto diverse dalla «vergogna» provata per il conto non pagato. Come, ad esempio, la pessima gestione della crisi dei carburanti da parte del suo ministro Adolfo Urso, che ha avuto il torto di dire la verità, e cioè che il governo non ha alcuna intenzione di tagliare le accise sulla benzina perché non saprebbe come trovare i 12 miliardi necessari. Alla faccia delle promesse della stessa Meloni e di Salvini, che hanno giurato per anni di voler smantellare questo odioso «pizzo di Stato».

Urso è anche reo di aver confessato che il governo spera che il boom speculativo rientri da solo con la fine delle ferie, senza avere pensare ad eventuali misure da varare nel primo consiglio dei ministri utile, quello del 28 agosto. Non a caso ieri il cognato-ministro Lollobrigida è stato mandato in avanti per tentare di smussare la figuraccia con linguaggio questurino: «Il caro benzina è un fenomeno che il governo sin dall’inizio ha attenzionato». Per poi dire che tagliare il costo della benzina «favorisce chi fa più benzina che di solito sono quelli che hanno macchine più potenti». Il mancato intervento sarebbe dunque motivato dalla volontà di colpire i ricchi e loro supercar. Peccato che Assoutenti abbia stimato che i rincari costeranno circa 417 euro in più all’anno per una famiglia media, «con una stangata per la collettività pari a 10,7 miliardi di euro».

E NON C’È SOLO LA BENZINA. I conti in vista della manovra d’autunno non tornano. Il Pil rischia di stare sotto l’1% previsto (tra aprile e giugno è sceso dello 0,3%), la stagione turistica è andata peggio delle previsioni, le regole europee di stabilità torneranno in vigore nel 2024. Per la manovra ci sono in cassa circa 10 miliardi, ne mancano almeno 15. E la tassa sulle banche rischia di generare meno dei 3 miliardi sperati per via delle modifiche pretese da Forza Italia, furiosa per non essere stata consultata preventivamente. Tajani pretende l’esclusione dal prelievo delle piccole banche di credito del territorio e sopratutto che la misura non si ripeta più.

L’UNICA RELATIVA CERTEZZA è che i soldi per le misure già in vigore sul cuneo fiscale (circa 8 miliardi) dovranno essere trovati. Nessuna novità neppure sulle pensioni, dove se andrà bene resteranno quota 103, opzione donna e ape sociale. La flat tax è già finita nel cassetto degli «obiettivi di legislatura». L’autunno sarà «impegnativo», ha ammesso la premier. Probabilmente molto più delle sue previsioni. «Meloni sta scoprendo il magico mondo della realtà», dice Nicola Fratoianni. «Un anno fa, in campagna elettorale, pontificava di blocchi navali, eliminazione delle accise, flat tax: tutti proclami sciolti come neve al sole. Possiamo dirlo: non erano pronti a governare».

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