Meloni da Orbán, «fratelli» contro Ong e immigrazione
Ungheria Visita lampo a Budapest per assaporare l’idea dell’«Europa cristiana». L’italiana ritiene che Roma dovrebbe dialogare con il «gruppo di Visegrád» anziché Parigi e Berlino. Convergenza «anti-Soros»
Ungheria Visita lampo a Budapest per assaporare l’idea dell’«Europa cristiana». L’italiana ritiene che Roma dovrebbe dialogare con il «gruppo di Visegrád» anziché Parigi e Berlino. Convergenza «anti-Soros»
Visita lampo a Budapest di Giorgia Meloni che nella capitale ungherese ha incontrato il primo ministro Viktor Orbán per un confronto su temi di reciproco interesse. All’Europa dell’asse franco-tedesco la leader di Fratelli d’Italia preferisce quella del Gruppo di Visegrád (V4) di cui l’Ungheria del Fidesz è membro attivo e impegnato con ardore nella difesa dell’Europa cristiana e dei popoli. Questo ardore piace alla Meloni i cui punti di vista su Europa e migrazione convergono con quelli dell’uomo forte che guida l’attuale governo danubiano.
LA CONVERGENZA REGISTRATA fra le parti riguarda la lotta all’immigrazione incontrollata, la difesa dell’identità europea minacciata dagli ingenti flussi migratori costituiti prevalentemente da genti di fede islamica e la difesa delle economie nazionali dalle grinfie dei grandi speculatori. «Ritengo che l’Italia dovrebbe aprire un dialogo con il V4 piuttosto che con Parigi e Berlino» ha detto una Meloni seriamente interessata a quanto avviene a est e al confronto che i quattro di Visegrád portano avanti con Bruxelles.
Musica per le orecchie del premier di Budapest che ha accolto l’ospite a braccia aperte vedendo in essa un’alleata, una che condivide la sua idea di Europa e di sovranità nazionale e che appare pronta a combattere la stessa battaglia.
PER I DUE LEADER politici si tratta di lottare contro la tecnocrazia dell’Ue che vorrebbe dettar legge in casa d’altri e contro le manovre di personaggi accusati di agire dietro le quinte per destabilizzare gli equilibri interni dei paesi membri e ridurre il potere dei governi nazionali. Si parla di George Soros, il magnate americano di origine ungherese che il governo Orbán tratta da nemico della nazione. L’esecutivo magiaro sostiene la tesi che vedrebbe l’interessato portare avanti un piano con cui riempire l’Ungheria e il resto dell’Ue di immigrati musulmani. Tesi sposata dalla Meloni che aspetta solo di approdare al governo per vietare alle Ong di Soros di operare in Italia. In questo il governo Orbán fa scuola, dal momento che di recente la maggioranza ha presentato al Parlamento ungherese un pacchetto di leggi contenente misure atte a colpire le Ong che danno assistenza ai migranti, specie quelle finanziate dal discusso magnate statunitense.
La Meloni mostra di trovarsi in sintonia con lo spirito che ispira questi provvedimenti e di gradire la compagnia del capo di un governo che ha manifestato solidarietà concreta alla Polonia minacciata dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona.
ORBÁN HA DI RECENTE ottenuto l’appoggio del Parlamento per sostenere Varsavia nel suo confronto con la Commissione europea che punta il dito contro le nuove leggi riguardanti il sistema giudiziario polacco.
Leggi che, secondo la Commissione, possono mettere a rischio lo stato di diritto nel paese. L’Ungheria di Orbán si dice pronta a stare al fianco della Polonia fino a un eventuale veto di Budapest, in consiglio europeo, contro l’attivazione delle sanzioni.
Tutto ciò in nome del principio per il quale ogni paese è padrone in casa sua, il che significa, secondo i sovranisti, che essere membri dell’Ue non significa dover sottostare ai dettami di Bruxelles.
Orbán e Meloni sono leader politici di due paesi che a breve vanno al voto: all’Italia tocca domenica, all’Ungheria l’8 aprile. Il partito governativo Fidesz è reduce dalla sconfitta patita lo scorso fine settimana alle elezioni locali di Hódmezővásárhely, una delle roccaforti di questa formazione politica.
AL VOTO PER L’ELEZIONE del sindaco ha prevalso Péter Márki-Zay, candidato cattolico appoggiato dall’opposizione del centro-sinistra e da Jobbik. Secondo diversi analisti si tratta di un segnale preoccupante per il governo Orbán, ma va anche detto che lo schema di Hódmezővásárhely non sarà facilmente applicabile a livello nazionale come dimostra anche il fatto che i partiti avversari del governo avrebbero escluso di volervi far ricorso in vista dell’8 aprile. Di fatto, secondo gli ultimi sondaggi, il Fidesz è al 32-34% contro l’11-13% di Jobbik e il 9% dei socialisti. Il voto dello scorso fine settimana, comunque, dimostra se non altro che unita, l’opposizione può ottenere qualcosa sul piano dell’impegno per contrastare Orbán.
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