La parola magica del governo è “cartolarizzazione”. Da affidare a società private specializzate, nel solco di quanto è accaduto nell’ultimo quindicennio con i crediti deteriorati delle banche in crisi, per cercare di incassare quantomeno una (piccola) parte di quei 1.207 miliardi di euro che lo Stato non è riuscito finora a riscuotere dai contribuenti. Una cifra monstre, sulla quale esecutivi di ogni colore – anche quelli “tecnici” – hanno provato a mettere una pezza. Senza risultati apprezzabili, a giudicare dall’ultima, recentissima “Relazione sulla performance delle agenzie fiscali”, che ha registrato come tra il 2000 e il 2023 gli importi da loro riscossi si siano fermati all’8,47% delle somme dovute, ma non pagate, dalle imprese e dai singoli cittadini.

Ora ci prova il governo Meloni, che al consiglio dei ministri di ieri ha dato il via libera definitivo al decreto legislativo della riforma fiscale, con una particolare attenzione al macrotema della riscossione, anche nel tentativo di mettere fieno in cascina viste le tante promesse elettorali che si stanno scontrando con l’esiguità delle risorse a disposizione.

“Questo provvedimento riordina tutto il sistema della riscossione dei tributi – spiega il viceministro economico-finanziario Maurizio Leo – con l’obiettivo di razionalizzare la disciplina e fissare tempi certi. E’ stato introdotto un meccanismo in base al quale ogni anno ci sarà una pianificazione della riscossione che verrà concertata tra Mef e Agenzia delle Entrate. E alla fine di ogni mese l’Agenzia dovrà comunicare qual è lo stato dell’arte della riscossione”. Mesi che diventano tre, al massimo, se ci fossero ritardi a trasmettere “i flussi informativi”.

Il cuore della riforma è comunque quello relativo al “discarico”, insomma ai soldi che dopo cinque anni l’Agenzia delle Entrate non è ancora riuscita a incassare. Quelli che poi finiscono nel famoso “magazzino” di 1.207 miliardi. Su questo versante, annuncia Leo, “dopo i rilievi parlamentari ci potrà essere anche la cartolarizzazione dei crediti”. Mentre per i debiti più piccoli, “fino a 120 mila euro – puntualizza Leo – ci sarà la possibilità di effettuare una rateizzazione più lunga, con una dichiarazione di difficoltà economico-finanziaria del contribuente”.

Nel Consiglio dei ministri sono stati poi approvati sia un decreto legislativo con la “semplificazione dei controlli” sulle imprese, comprensiva di incentivi “per chi si comporta in maniera virtuosa”, parola del ministro Zangrillo, e i disegni di legge con il rendiconto di bilancio 2023 e l’ assestamento per questo 2024. “L’aggiornamento tiene conto del livello dei saldi di finanza pubblica previsti a legislazione vigente dalla legge di bilancio, ed è coerente con il quadro macroeconomico previsto nel Documento di economia e finanza 2024 dello scorso aprile”, assicura in questo caso il ministro Giorgetti, con una nota in cui si spiega che “nel complesso le variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento determinano un miglioramento del saldo netto da finanziare di circa 164 milioni di euro in termini di competenza, e di circa 408 milioni di euro in termini di cassa rispetto al saldo risultante dalla legge di bilancio”.

Quanto al rendiconto 2023, viene evidenziato che “i saldi in termini di competenza e cassa saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato sono rispettivamente di -227.600 e -538.420 milioni in termini di competenza ed -282.600 e -593.431 milioni in termini di cassa”.