Visioni

McCartney, le foto ritrovate e i frammenti del secolo breve

McCartney, le foto ritrovate e i frammenti del secolo breveFan dei Beatles a New York, foto scattata dall’auto dei Beatles sulla Fifty-Eighth – foto di Paul McCartney, 1964

Eventi Il 28 giugno inaugura alla National Gallery of Portraits di Londrala la mostra «1964: Eyes of the Storm»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 22 giugno 2023

C’è da immaginarsela, la scena. Pulizie di primavera in tempo di lockdown, sei lì a frugare tra i cassetti e ti ritrovi un migliaio di vecchi negativi e fotografie dimenticate. Nulla di che, solo l’album ricordo di quando hai conquistato il mondo. Novembre 1963, venerdì 22. Nel giorno dell’uscita del loro secondo lp i Beatles sono attesi sul palco di Stockton-on-Tees. In mattinata la Cbs americana ha trasmesso il suo primo servizio sulla band, presto obliterato dalle breaking news. Le Vernon Girls stanno per aprire il concerto quando John Lennon si rivolge a loro: «Avete sentito? Hanno sparato al presidente Kennedy». Lo show va avanti, e così il tour. Liverpool, Londra, Parigi: Paul McCartney documenta il viaggio con la sua Pentax 35mm. Nel frattempo alla CBS si sono ricordati di quel breve filmato e lo hanno riproposto in prima serata. È quello di cui l’America ha bisogno per emergere dal lutto, pensano, innescando una viralità ante litteram.

Gli scatti dell’ex Beatles in un catalogo appena pubblicato anche in Italia

7 FEBBRAIO 1964, un altro venerdì. I Beatles atterrano all’aeroporto newyorkese appena intitolato a Kennedy, accolti da cinquemila fan. Oltre 73 milioni, il giorno dopo, per il loro debutto televisivo all’Ed Sullivan Show. Un vortice di sguardi, dagli occhi del pubblico a quelli dello stesso Paul, che ancora si chiede: «Chi sta guardando chi?». 1964: Eyes of the Storm, al plurale. Così si intitola la mostra con cui la National Gallery of Portraits di Londra riapre i battenti, dal 28 giugno al 1° ottobre. Di quel migliaio di scatti ne sono stati scelti 275, abbondanti di ritratti: il ghigno di John, le facce di Ringo, la prematura introspezione di George. Paul e la sua Pentax si mostrano allo specchio di una stanza d’albergo. Gli albori della Beatlemania, i backstage, le «caravans of folks» che li inseguono inquadrate dal lunotto posteriore della macchina che sfreccia via, l’esplosione cromatica di Miami. Immagini esposte e raccolte nel catalogo pubblicato in Italia da La Nave di Teseo, con un lungo testo in cui l’autore, al netto della nostalgia, esprime un approccio fotografico pienamente cosciente, di cui ricostruisce la genesi risalendo alla vecchia Kodak Brownie di famiglia, utensile diffuso per fermare i ricordi nell’Inghilterra degli anni Cinquanta.

FOTOGRAFI professionisti sarebbero diventati suo fratello Mike e sua figlia Mary, erede di mamma Linda Eastman. Una vita da un lato all’altro dell’obiettivo: «Mi piaceva fotografare i giornalisti, non per rivalsa, ma perché erano un interessante gruppo sociale. Non sono mai stati nostri nemici». Sottolinea il fascino e la difficoltà dell’analogico — «You couldn’t be lazy» — ed elargisce dettagli sulle stampe a contatto, come quella che ritrae George e John sotto una X rossa, segno di una selezione fatta già sessant’anni fa.
Rilevanti sono le considerazioni sociali che i suoi stessi scatti gli ispirano, esibendo un’Inghilterra ferma «alla generazione dei miei genitori» ma prossima alla rivoluzione culturale e sessuale, mentre l’America inciampa nelle sue contraddizioni. Soprattutto, colpisce lo sguardo partecipe verso quell’umanità che avrebbe popolato i suoi versi migliori. «My people», scrive rivendicando le proprie origini proletarie mentre ricorda l’uomo ritratto con la pala in mano: «Cosa avrà fatto quella sera una volta tornato a casa? Avrà raccontato di aver visto i Beatles seduti a tavola?». «Riguardando quelle foto ci trovo una sorta di innocenza», prosegue. «Per noi, tutto era nuovo».

Paul McCartney in un concerto in Brasile, 2019, foto Ansa

A NOI INVECE risultano nuove queste immagini che all’innocenza aggiungono la forza dell’inquadratura soggettiva. Nuova è la sensazione di sovrapporre il nostro occhio a quello dei protagonisti, di cui tentiamo di indovinare sensazioni e tensioni. Non serve lo specchio per restituirci lo sguardo del fotografo, che riflesso in quello dei suoi compagni ci attrae in un nuovo vortice visivo. Di nuovo, «chi sta guardando chi?».
Ma facendo un passo indietro, dall’occhio del ciclone scorgiamo un mondo intero, immortalato e messo tra virgolette con una narrativa che è sì personale ma mai auto-riferita. Sottratti alla sfera privata, questi scatti vanno ora a depositarsi nell’album di famiglia del Novecento, in attesa che Paul ripren

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento