Max Von Sydow, il tormento, l’estasi, il cattivo ideale
Cinema Addio all’attore carismatico di Ingmar Bergman, dal «Settimo sigillo» a «La fontana della vergine». Negli Usa lavora con Sydeny Pollack, Woody Allen, George Stevens e Friedkin che lo dirige nell’«Esorcista»
Cinema Addio all’attore carismatico di Ingmar Bergman, dal «Settimo sigillo» a «La fontana della vergine». Negli Usa lavora con Sydeny Pollack, Woody Allen, George Stevens e Friedkin che lo dirige nell’«Esorcista»
La partita a scacchi con la morte è terminata, Max Von Sydow l’attore feticcio di Ingmar Bergman, interprete di quattordici suoi film è scomparso domenica 8 marzo a 90 anni. Nel lungo e strenuo combattimento con i demoni del regista l’attore è stato una delle sue principali controfigure, da Il settimo sigillo del 1957, Il posto delle fragole, Il volto, La fontana della vergine, L’ora del lupo: «Spettri, diavoli e demoni, buoni malvagi o solo fastidiosi mi hanno soffiato sul volto…» scrive Bergman in Lanterna magica e per sempre nella storia del cinema, il volto di Max von Sydow diventerà il riflesso di un pensiero fisso e tremendo, proprio a cominciare dal personaggio di Antonius Block, il cavaliere in fuga dalla peste che ha perduto la fede e cerca le prove dell’esistenza di Dio.
NEGLI STESSI anni in tutta Europa il cinema rivoluziona lo sguardo, l’attenzione è rivolta all’uomo nuovo, con la camera che si avvicina sempre di più ad ogni piega della fisionomia e lascia tra parentesi lo sfondo e le complicate interazioni scenografiche, così gli inconfondibili tratti scolpiti e sofferenti di Max von Sydow, caratterizzati da problematiche intellettuali di impossibile soluzione sono la pagina bianca su cui Bergman può a lungo tormentarsi.
Pseudonimo di Karl Adolf von Sydow, figlio di una baronessa che esercitava la professione di maestra e di un professore universitario di etnologia, frequentò il Royal Theater Dramatic di Stoccolma dal 1948 al 1951, con Ingrid Thulin tra le sue compagne di corso per entrare poi nella compagnia del teatro di Malmo nel 1955. La scena teatrale fino ad allora dominata da Alf Sjoberg (con cui Von Sydow aveva già girato nel ’49 il film Solo una madre) e Olof Molander a quel punto lasciò il posto alle innovazioni di Bergman con la sua nuova concezione di compagnia teatrale, che contemporaneamente agli spettacoli teatrali in inverno utilizzava in estate gli stessi attori della compagnia anche per i film, due all’anno.
Nel ’57 Il posto delle fragole e Il volto dove interpreta il protagonista Vogler l’illusionista muto, tra problematiche di razionalità e forse soprannaturali, messo a confronto con il console e il medico nella Svezia dell’800 fino alla terrorizzante rievocazione di un episodio raccontato nella sua biografia dal regista, l’incubo di restare chiuso in una morgue, rimasto solo con i morti, a dieci anni nell’obitorio dell’ospedale.
NEL ’60 è il proprietario terriero che opera una feroce vendetta sugli assassini della figlia nella Fontana della Vergine in una Svezia medievale di oscuri presagi, nel ’61 è la figura chiave paterna di Come in uno specchio in quell’isola di Faro scelta dal regista come suo luogo ideale, e sullo schermo come scenario di incomunicabilità.
I fantasmi più neri («una panoramica dei demoni») tornano a tormentare il pittore Johan Borg in L’ora del lupo.
Chiamato negli Stati Uniti, ecco che tutta la complessa problematica espressa dal suo personaggio verrà sintetizzata affidandogli il ruolo di Gesù in La più grande storia mai raccontata di George Stevens (1965), e poi a seguire sarà padre Merrin nell’Esorcista di William Friedkin (1975), virando poi le sue ascendenze cinematografiche di carattere religioso verso quelle del «cattivo», non prima di aver partecipato anche ad alcuni film italiani: Cadaveri eccellenti di Rosi (1975), Il deserto dei Tartari di Valerio Zurlini (1976), capitano Ortiz nell’imperscrutabile fortezza, e Cuore di cane (’77) di Alberto Lattuada.
Sarà la spia Joubert in I tre giorni del Condor di Pollack (’75), l’imperatore Ming in Flash Gordon (1980), un ufficiale nazista di Fuga per la vittoria di John Huston (1981) e il cattivo di turno in Mai dire mai (’83)
DEI 163 FILM da lui interpretati (l’ultimo, Echoes of the Past è ancora in postproduzione) è ridiventato interprete per cinema d’autore con Woody Allen (Hannah e le sue sorelle), con Wim Wenders (Fino alla fine del mondo, ’91), con Lars von Trier (Europa ’91) David Lynch (Dune ’84), Tavernier (La morte in diretta, 1980), Spielberg (Minority Report), alternati a Ghostbusters, Star Wars, Il trono di spade. E torna ad essere cardinale nei Tudor.
Ha solo sfiorato l’Oscar, nominato per Pelle alla conquista del mondo (1987) di Bille August e nel 2012 come miglior attore non protagonista per Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry (2011)
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