Politica

Matteotti, quelle parole coraggiose, nell’aula di oggi

Giacomo MatteottiGiacomo Matteotti

La cerimonia Il posto occupato da Matteotti nell’aula di Montecitorio non sarà più assegnato ad alcun deputato. Lo ha annunciato il presidente Lorenzo Fontana aprendo, con un intervento molto equilibrato, la commemorazione […]

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 31 maggio 2024

Il posto occupato da Matteotti nell’aula di Montecitorio non sarà più assegnato ad alcun deputato. Lo ha annunciato il presidente Lorenzo Fontana aprendo, con un intervento molto equilibrato, la commemorazione ufficiale per il centenario dell’ultimo discorso pronunciato alla camera dal segretario del partito socialista unitario. Sebbene all’epoca non vi fossero posti assegnati ai deputati, dalle foto dell’epoca si è potuto stabilire con certezza che il 30 maggio 1924, Matteotti intervenne proprio dal quarto banco partendo dal basso nel settore più a sinistra dell’emiciclo.

Contrariamente alla prassi, quel pomeriggio, il presidente della giunta delle elezioni, Antonio Casertano, iniziò a leggere, nel disinteresse generale dell’aula, un lunghissimo elenco di nomi di deputati (326 per l’esattezza), per la quasi totalità eletti nel listone fascista, proponendo la loro convalida. Le opposizioni prontamente chiesero il rinvio degli atti alla giunta per i necessari approfondimenti. I popolari per bocca di Giovanni Gronchi annunciarono l’astensione. Fu a quel punto che in aula tumultuante prese la parola Matteotti.

«Mi è facile vederlo, dritto al suo banco dell’estrema sinistra: figura esile, slanciata, un po’ rigida, che si stacca dallo schienale di cuoio rosso. Matteotti aveva l’oratoria semplice, contenuta, quasi secca, senza fiori letterari, martellante e sottolineava fatti ed episodi con gesti misurati, sobri. La voce era acuta, spesso aggressiva, non fatta certo per attutire i colpi secchi portati dal ragionamento. Tutto, in lui, era elegante e signorile». Così lo avrebbe descritto Vera Funaro, moglie di Giuseppe Emanuele Modigliani.
Il discorso di Matteotti durò oltre un’ora, per le continue e minacciose interruzioni da parte dei deputati fascisti e si concluse con la richiesta di «annullamento in blocco della elezione di maggioranza». Poco dopo la conclusione dell’ intervento di Matteotti scoppiò quello che La Stampa definì un uragano infernale. Dello stesso tenore il titolo del Corriere della Sera: Tumultuosi incidenti e pugilato alla camera durante la discussione per la convalida di 200 deputati della maggioranza

Era accaduto che il vice presidente della camera, il fascista Francesco Giunta, rivendicando orgogliosamente il suo ruolo di squadrista avesse minacciato, con riferimento alla «congrega che va dall’on. Amendola all’on. Matteotti … di mettere a posto quella masnada di uomini». Per tutta risposta il generale Roberto Bencivegna, del gruppo dei liberali amendoliani, si diresse verso i banchi dei fascisti scatenando una rissa furibonda. I quotidiani dell’epoca avrebbero dedicato più spazio agli scontri in aula che alla dura denuncia matteottiana.

Questa era la camera del 1924, dominata dai fascisti e lontana anni luce dal bon ton istituzionale nei rapporti tra maggioranza e opposizione evocato e raccomandato da Luciano Violante nel suo intervento commemorativo.

Il «collasso» della democrazia liberale che aprì le porte al fascismo, inoltre, non può essere ricondotto solo alla perdurante instabilità dei governi di matrice liberale, ma piuttosto, come denunciò a più riprese Matteotti in parlamento, all’aperta complicità degli apparati di sicurezza dello stato nei confronti dello spadroneggiare della milizia privata al servizio del Pnf e degli agrari.

Le iniziative organizzate in queste settimane in tutt’Italia in occasione del centenario dell’assassinio di Matteotti possono rappresentare, dunque, un’occasione per riflettere sulla reale natura del fascismo, sul carattere violento e antidemocratico fin dal 1919, giustamente evidenziati dallo storico Emilio Gentile nella sua prolusione. Infine, si deve annotare che la presidente Meloni ha riconosciuto una verità storica, ovvero che Matteotti fu «ucciso da squadristi fascisti per le sue idee». Non sarebbe guastato aggiungere un riferimento all’appartenenza di Amerigo Dùmini e dei suoi complici alla cosiddetta “Ceka fascista” al servizio di Mussolini: un modesto suggerimento per il comunicato stampa di palazzo Chigi il prossimo 10 giugno, centenario del rapimento e dell’uccisione di Giacomo Matteotti.

*L’autore è deputato Pd, autore del libro «Matteotti, l’Italia migliore»

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