Italia

Mattarella: «Inaccettabile la violenza sulle donne e le disparità sul lavoro»

Mattarella: «Inaccettabile la violenza sulle donne e le disparità sul lavoro»Matilda De Angelis e il presidente Matterella durante la cerimonia per l'8 marzo al Quirinale – LaPresse

8 marzo al Quirinale E sull'invasione dell'Ucraina il presidente della Repubblica ha dichiarato: «Fermiamo la guerra anche se c'è da pagare un prezzo per le nostre economie»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 marzo 2022

«La crescita del ruolo delle donne in tutti gli ambiti della vita politica, istituzionale, economica, sociale è una condizione per lo sviluppo del paese»: a ricordarlo è stato il presidente Mattarella nel suo intervento al Quirinale per la Giornata internazionale dei diritti della donna. «Nessuno può negare i passi in avanti fatti grazie soprattutto ai movimenti femministi ma dobbiamo avere consapevolezza dei problemi» che ancora bloccano i percorsi personali e professionali. È il presidente a metterne sul tavolo alcuni: le violenze «siano esse aggressioni fisiche per strada, nei luoghi di lavoro e di svago, in famiglia, o pressioni psicologiche e ricatti»; il gap salariale a sfavore delle donne a parità di mansione; il sessismo nei colloqui di lavoro. «Non dobbiamo più consentire – ha sottolineato Mattarella – che si chieda alla donna e soltanto a essa: “Sei sposata? Hai figli? Hai in progetto di avere figli?” collegando alla risposta un handicap per l’assunzione».

L’Italia è un paese che cresce meno degli altri partner Ue perché ostacola le donne, rendendo loro difficile l’accesso al lavoro e all’indipendenza. A dirlo sono gli indicatori economici, ricordati dallo stesso presidente della Repubblica: «Il tasso di conseguimento della laurea evidenzia un risultato nettamente migliore delle studentesse: 42,7% tra le donne, 29,2% tra gli uomini. Ma, se allarghiamo lo sguardo oltre i nostri confini, le donne laureate in Italia sono di 12 punti sotto la media dei paesi Ue. L’Italia presenta un basso tasso di occupazione tra le giovani donne sotto i trent’anni. La percentuale di occupate tra di loro è 30 punti sotto la media dell’Unione. Troppo elevata nel nostro paese anche la quota tra le giovani fino a 34 anni che non studiano e non lavorano: oltre il 29% a fronte di una media europea del 18%».

E poi c’è la mentalità italiana che impone l’obbligo della cura quasi esclusivamente sulle donne così una mamma italiana su 5, a due anni dalla nascita del figlio, decide di lasciare il lavoro: «È una sconfitta per tutta la società – ha sottolineato Mattarella -. Lo Stato, le istituzioni centrali e quelle delle autonomie devono sviluppare una rete di welfare efficiente e capillare, capace di rimuovere il più possibile dalle spalle delle donne il peso dell’assistenza familiare, figli e anziani. Formazione professionale, studio, specializzazione sono una leva fondamentale per trovare occupazione e uscire da marginalità e di subalternità».

Alla cerimonia ha partecipato Oksana Lyvin: originaria di Brody, vicino Leopoli, prima donna al mondo a dirigere l’orchestra del Festival di Bayreuth e prima direttrice di una fondazione lirica italiana (il Teatro Comunale di Bologna). Il presidente ha preso spunto dal suo intervento per ringraziarla («un modello in un campo abitualmente occupato da uomini») e per condannare la guerra in Ucraina: «L’ingiustificabile conflitto va fermato, la nostra responsabilità di europei ci chiama a un più forte impegno per la pace, perché si ritirino le forze di occupazione e si fermino le armi, perché sia ripristinato il diritto internazionale e siano rispettate le sovranità nazionali. In gioco non c’è solo la libertà di un popolo ma la pace, la democrazia, il diritto, la civiltà dell’Europa e del genere umano».

La condanna dell’invasione è netta: «La disperazione dei genitori del piccolo Kirill (il bimbo di 18 mesi morto a Mariupol ndr) esprime l’insensatezza della guerra, la crudeltà e il cinismo dell’aggressione russa. Non è tollerabile e non dovrebbe essere neppure concepibile che qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati; pretendendo che gli stati più forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai paesi vicini». Un ritorno al passato «che va fermato anche a costo di sacrifici. Opporsi a questa deriva di scontri e di conflitti potrebbe provocare dei costi alle economie dei paesi che vi si oppongono ma questi sarebbero di gran lunga inferiori a quelli che si pagherebbero se quella deriva non venisse fermata adesso».

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