Deposta la corona d’alloro all’Altare della patria a Roma, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scelto di commemorare il 25 aprile ad Acerra. Il comune a nord di Napoli è stato teatro di un feroce eccidio, i primi giorni di ottobre 1943, da parte delle truppe naziste della divisione Göring. Tra il 27 e il 30 settembre c’erano state la Quattro giornate di Napoli: la città più bombardata d’Italia si era liberata da sola (prima in Europa) dall’occupazione nazista. Le truppe tedesche in ritirata misero a ferro e a fuoco i paesi che attraversavano risalendo verso Cassino: almeno 800 civili uccisi per rappresaglia, l’ordine era di fare «terra bruciata». Ad Acerra la popolazione decise di insorgere per accelerare la partenza delle truppe e per fermare rastrellamenti e saccheggi: i morti furono 88 ma recenti studi hanno rintracciato almeno 110 vittime, soprattutto anziani, donne e bambini, il più piccolo di appena un anno.

MATTARELLA aveva già ricordato la strage di Acerra nel 2018, la cerimonia di ieri è servita a ribadire il ruolo del Sud nella Resistenza e nella Liberazione d’Italia, ruolo troppo spesso messo in ombra se non cancellato del tutto. «Documenti e narrazioni orali – il discorso del presidente – presentano una realtà che contrasta nettamente con l’immagine attendista che taluno ha superficialmente ritenuto di attribuire al Mezzogiorno: gruppi di giovani combattenti, persone armate di ogni età, difendevano il territorio dalle distruzioni dei guastatori, gli uomini dalle razzie, le donne dalle violenze. In tutta Italia, la Resistenza (come lo era stato l’antifascismo durante il ventennio) fu un movimento che ebbe un significato unitario, quello della Liberazione dal nazifascismo».

DAL PIANO STORICO il presidente si è poi calato nella realtà contemporanea: «Oggi il valore della Resistenza supera i suoi stessi limiti temporali e geografici. Il mattino del 24 febbraio siamo stati tutti raggiunti dalla notizia che la Federazione russa aveva invaso l’Ucraina. Pensando a loro mi sono venute in mente, come alla senatrice Liliana Segre, le parole “Questa mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasor”. Sono le prime di Bella ciao. Il titolo di resistente va a tutti coloro che, con le armi o senza, mettendo in gioco la propria vita, si oppongono a una invasione straniera. Avvertiamo l’esigenza di fermare subito questa deriva di guerra prima che possa disarticolare la convivenza internazionale. Questo è il percorso per ripristinare la pace; perché possa tornare ad essere il cardine della vita d’Europa».

LA RICERCATRICE presso la Fondazione Museo della Shoah di Roma, Isabella Insolvibile, racconta cosa accadde nel 1943: «A settembre arrivano i tedeschi ad Acerra: il poco che resta viene saccheggiato, mentre inizia il rastrellamento degli uomini da avviare al lavoro forzato, almeno 200 gli acerrani deportati. Si formano due bande per proteggere la popolazione». La prima vittima è Gilda Ambrosino, 16 anni, uccisa mentre tenta di prelevare legna da vagoni ferroviari: «La sua uccisione – prosegue Insolvibile – convince della necessità di difendersi: arrivano le barricate di carretti e mobili. Per i tedeschi, invece, bisogna evitare che un popolo di straccioni ostacoli la ritirata dell’esercito, la strategia è il terrore. Ad Acerra ci saranno più di 80 morti inermi: una vendetta per Napoli, una rappresaglia contro gli acerrani e un’operazione tesa a garantire una ritirata indisturbata. Sparano con i carri armati, entrano nei cortili, bruciando tutto. A guidare il reparto è un sottotetto berlinese di 23 anni, mai punito per i suoi crimini. In Campania le persone uccise non in combattimento tra settembre e dicembre del ’43 sono state più di 1.400».

IL SINDACO della città metropolitana, Manfredi, ha poi ricordato: «Importante costruire le condizioni per un nuovo protagonismo dei cittadini, basato sui valori costituzionali e sull’impegno per i diritti al lavoro, all’istruzione, alla salute e all’ambiente, temi questi ultimi particolarmente cari alle nostre comunità e sicuramente a quella di Acerra, che ha sofferto danni ambientali significativi e oggi chiede sicurezza e salubrità». Manfredi ha toccato un tasto che non può essere eluso se si va ad Acerra, quello dell’inquinamento dovuto allo smaltimento illecito di rifiuti. Il presidente della regione De Luca ha invece usato un altro registro: «Siamo qui in quella che per tanti anni è stata la Terra dei Fuochi ma che oggi possiamo definire come il territorio più monitorato d’Italia».

PAROLE che non sono piaciute al vescovo di Acerra, Antonio Di Donna: «Sono contento per la visita di Mattarella ma oggi la Resistenza qui è contro l’inquinamento ambientale che produce i suoi martiri. Mattarella ha detto due parole all’inizio, un po’ pochino. Mi ha deluso l’onorevole De Luca che ha parlato di Terra dei Fuochi al passato. Non c’è più l’interramento dei fusti tossici come 30 anni fa, ma ci sono altri aspetti: i roghi, l’inquinamento e il fatto che la regione continua a dare autorizzazioni ad aziende che trattano rifiuti tossici nel nostro territorio. Sarebbe stato meglio che De Luca non avesse fatto alcun riferimento ma almeno è coerente perché la sua posizione è sempre stata negazionista».