La lunga settimana azzurra. Mancano una manciata di punti per lo scudetto del Napoli con i galloni dell’ufficialità. Forse in Campania (e non solo, nei principali di quartieri di New York la festa è in preparazione da settimane) si stapperà domenica pomeriggio, se i partenopei battessero la Salernitana 24 ore prima al “Maradona” e poi la Lazio non vincesse a San Siro con l’Inter. In sostanza, poco cambia, a sette turni dal termine: il successo azzurro all’Allianz Stadium sulla Juventus rappresenta la polaroid meglio riuscita di un torneo che sostanzialmente non è mai stato in bilico. Ci sono stati Spalletti, Osimhen, Kvaratskhelia e, a distanza siderale, per punti, qualità di gioco, intensità e bellezza, le altre grandi del torneo, che in verità si sono prese le loro soddisfazioni nelle coppe europee, con le milanesi contro in semifinale di Champions League e poi Juve e Roma, in semifinale di Europa League. Una superiorità che porta in queste ore i tifosi del Napoli a festeggiare in anticipo, la città è imbandita da settimane.Ci sono stati Spalletti, Osimhen, Kvaratskhelia e, a distanza siderale, per punti, qualità di gioco, intensità e bellezza, le altre grandi del torneo, che in verità si sono prese le loro soddisfazioni nelle coppe europee

SONO PASSATI 33 anni dall’ultimo scudetto del Napoli. Era caduto da qualche mese il Muro di Berlino, Diego Armando Maradona, il dio del calcio, rappresentava il punto più alto di una Serie A di caratura straordinaria, forse irripetibile: il formidabile trio olandese al Milan, Matthaeus e la colonia tedesca all’Inter, Rudi Voeller alla Roma, solo per citarne alcuni. La versione anti litteram della Champions League si giocava in Italia, gli altri tornei europei (la Premier League non era ancora stata coniata) rappresentavano la seconda, terza scelta. Tutto è cambiato, la globalizzazione del pallone ha lasciato l’Italia un giro indietro rispetto ai competitor, ora dominano i fondi di private equity, gli investitori americani, i petrodollari. E anche per questo motivo che il successo del Napoli, che è gestito come fosse una pmi – con il presidente De Laurentiis al comando, con la collaborazione di un paio di dirigenti – è un po’ una rivoluzione: gli azzurri tornano a vincere dopo l’estate del cambiamento, con l’arrivo di giovani, alcuni poco conosciuti, di grande valore e il saluto a una generazione che è andata più volte assai vicino allo scudetto, soprattutto nella controversa edizione del 2018. Tutto in nome di un bilancio sano, senza debiti, senza ricorso a prestiti dalle banche. E’ una nuova traccia, seguita anche da Lazio e Atalanta. Forse, la strada giusta.