Manuela Fraire, la differenza sotto il segno del sesso
Da «La favorita» di Yorgos Lanthimos
Alias Domenica

Manuela Fraire, la differenza sotto il segno del sesso

Saggi «La porta delle madri», da Cronopio

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 ottobre 2023

Poco più di centoquaranta pagine sono state sufficienti a Manuela Fraire per riportare all’attenzione del lettore, nel suo saggio La porta delle madri (Cronopio, pp. 146, € 13,00), i temi che la sua attività di psicoanalista e di donna impegnata nel movimento femminista ha da sempre incrociato e studiato.

Tra questi, il concetto di differenza sembra occupare un posto centrale: particolarmente efficace, un passaggio nel quale specifica (rettificando errate opinioni) che «la differenza sessuale nel discorso del femminismo non è quella della donna dall’uomo ma il quid che li unisce e li separa al di là di ogni complementarietà. Se femminile e maschile si spartissero tutte le parti che appartengono all’una o all’altro, non vi sarebbe alcun resto, mentre nella differenza sessuale c’è un resto che per la psicoanalisi è il sessuale».

A venire interrogata non è dunque, semplicisticamente, la diversità dell’universo maschile rispetto a quello femminile, bensì l’impossibilità per entrambi di sapere qualcosa sulla sessualità dell’altro. Fraire compie questo passaggio mettendo a fuoco la sottomissione di qualunque corpo umano al regime pulsionale nel quale il dato biologico si interseca con quello linguistico, il reale del corpo con il simbolico della parola, il soma – direbbe Freud – con la psiche. In questa ottica, studia la differenza tra madre e donna, tra madre e gestante, tra femminilità e disposizione alla passività, tra istinto e pulsione, tra genere e sesso. E orienta il suo interesse verso le nuove forme di famiglia (omogenitoriali e monoparentali, in particolare), le nuove forme di gravidanza che la tecnologia ha reso possibile e gli aspetti etici legati alle trasformazioni di quello che un tempo veniva definito «legame primario». Anche in questo ambito, ciò che sembra attrarre soprattutto l’attenzione di Fraire è la differenza: tra l’accudimento del bambino da parte del genitore donna e quello da parte del genitore uomo, ovvero tra un’esperienza di cura radicata nella tradizione e la prassi di chi «non ha ancora accumulato abbastanza esperienza di allevamento di un infans senza la supervisione di una donna» che gli consenta di «contare su un sesto senso che gli permetta di decifrare e anticipare i bisogni di chi ancora non parla».

Il libro di Manuela Fraire offre anche, all’interno della sua prospettiva concettuale, una riflessione sulla pratica analitica, alla luce di una serie di interrogativi: sull’eventuale condizionamento del sesso dell’analista, su quanto il controtransfert risenta dei pregiudizi «sessuali» dell’analista, su quale sia il peso dell’identificazione proiettiva.

Tre film, narrati da altrettanti registi uomini – The Favourite diretto da Yorgos Lanthimos, Vier Minuten diretto da Chris Kraus, e The French Lieutenant’s Woman di Karel Reisz – consentono all’autrice di analizzare altre differenze ancora: quella tra l’atteso e l’ospite, e quelle tra  l’essere e il sentirsi soli e, ancora, l’avvertire se stessi come diversi, «i tre volti che può assumere la condizione che chiamiamo solitudine».

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