«Una parte della sinistra non perdona a Syriza le scelte impopolari che è stata costretta a prendere, ma ho la sensazione che molti voteranno lo stesso quel partito davanti all’alternativa Tsipras o Mitsotakis», dice Sotiris Maniatis, direttore di Efsyn. La sigla sta per «giornale dei redattori», un quotidiano nato durante la crisi, nel novembre 2012, in cui oggi lavorano 127 persone. Ha un orientamento di sinistra, favorevole a Syriza. Maniatis lavora come giornalista da 30 anni. Ci accoglie nel suo ufficio, vicino piazza Syntagma. Dietro la vetrata spicca l’Acropoli.

Due mesi fa a Tempi si è verificato il più grande incidente ferroviario della storia greca. Sono state stimate 2,5 milioni di persone nelle strade a chiedere giustizia. Pensa che questo influenzerà le elezioni? 

Penso di sì. Soprattutto dopo le ultime dichiarazioni del primo ministro, che ha più o meno attaccato i parenti delle vittime, c’è stata molta tensione su questa vicenda. Che comunque ha generato un grande dibattito. Noi come giornale abbiamo scritto molte volte negli ultimi anni di ciò che stava accadendo sulla rete ferroviaria con le privatizzazioni. Ma è stata una voce che gridava nel deserto. Nessuno si è occupato del problema. Fino a questo incidente. Neanche dopo le cose sono cambiate. Ci vorrà ancora molto tempo. Dobbiamo insistere con perseveranza per cambiare la situazione. Comunque sì, credo che avrà un ruolo. Soprattutto per il modo in cui il governo ha gestito un caso che il governo di Nea Dimokratia voleva silenziare, senza assumersene la responsabilità.

Syriza ha messo fine ai memorandum. Con loro è finita anche l’austerity?

No. L’austerità e la stretta sui conti rimangono. La verità è che a causa della pandemia, il governo di Nea Dimkoratia ha beneficiato dell’Unione Europea, che ha aperto i rubinetti dal punto di vista economico. Mentre nel periodo precedente, quando  la Grecia stava affrontando problemi molto grandi, l’Ue ha rifiutato quasi tutte le proposte che sono state fatte. Questo ha permesso all’esecutivo uscente di distribuire denaro ma a determinati interessi. Molti miliardi di euro sono stati dati tramite appalti diretti. Cioè, non sono stati messi a gara come stabilisce la legge. Anche per cose che non avevano nulla a che fare con la pandemia. Ne hanno beneficiato anche quelle persone che fino a qualche anno fa dicevano No alla politica dei sussidi. Soprattutto negli ultimi mesi, mentre si preparavano le urne. Ovviamente è un modo per strizzare l’occhio agli elettori. In generale la situazione economica non è migliorata. Anzi probabilmente è peggiorata. Nea Dimokratia non lo dice, sostiene bugie o mezze verità. È vero che ha aumentato il salario medio, ma l’inflazione è alle stelle. Con l’aumento dei prezzi dell’energia tutte le famiglie greche stanno soffrendo. La classe medio-bassa e i poveri sono diventati ancora più poveri.

I dati economici, però, sembrerebbero incoraggianti. Il Pil è passato da 173 miliardi nel 2019 a 184 miliardi l’anno scorso. La disoccupazione è scesa dal 17.3% del 2019 all’11,9% del 2021. La Commissione europea ha dichiarato che l’anno prossimo la crescita economica greca sarà del 2,4%, quarto posto tra gli Stati membri. Inoltre, l’inflazione in Grecia per il mese di marzo è del 5,4%, mentre in Italia è dell’8,1% e nell’eurozona del 6,9%. Eppure la sensazione diffusa è quella che diceva lei, di trovarsi in una situazione economica peggiore di 7, 8, 9 anni fa. Come è possibile?

Il Pil è salito ma con l’inflazione il vantaggio è andato perduto. Il governo presenta un modello di crescita e investimenti, ma la maggior parte sono acquisizioni o fusioni. Questo non crea nuovi posti di lavoro. Non migliora le condizioni di vita della popolazione. Per quanto riguarda la disoccupazione insistono sul fatto che sia diminuita. Persino il presidente dell’Unione dei Lavoratori è uscito allo scoperto e ha detto che le cifre che presentano sono sbagliate. Sono false, problematiche. Non tengono conto del fatto che tantissime persone sono andate all’estero. Che molti sono stanchi di cercare lavoro e si fermano. Non si registrano nemmeno presso gli uffici di collocamento. Più recentemente l’inflazione è diminuita, ma i prezzi dei beni alimentari continuano a crescere. Se guardiamo ai prezzi dei supermercati nell’ultimo trimestre le differenze sono notevoli. Una volta si diceva: «I numeri prosperano, i cittadini soffrono». Dalle statistiche ufficiali viene fuori un’immagine falsata. Per questo ho parlato prima di bugie o mezze verità. La realtà è un’altra: la classe media e i poveri hanno vissuto dieci anni sotto i memorandum e ora stanno ancora peggio di prima. Non vivono una fase migliore.

Nel mondo della sinistra tutti sono d’accordo che il governo di Nea Dimokratia sia stato un disastro. Per i diritti, l’economia, la libertà di stampa. Ma pare che Syriza riuscirà a beneficiare solo parzialmente di questo malcontento. Molte persone, soprattutto quelle attive politicamente, che hanno votato per Syriza fino al 2015 dicono di non lo faranno di nuovo. Nonostante abbiano vissuto quattro anni sotto il governo Mitsotakis. Pensa che questo fenomeno avrà un peso? 

Syriza al governo è stata costretta a implementare misure impopolari e molto dure per i cittadini. Ma non poteva fare altrimenti. Qualunque governo sarebbe stato costretto a scelte simili. A quanto pare alcuni non lo perdonano al partito, neanche adesso che è all’opposizione. Ho la sensazione che una buona parte andrà a votare comunque per Syriza, perché a un certo punto si porrà l’alternativa Mitsotakis o Tsipras. Cioè, bisognerà scegliere chi si vuole avere per i prossimi quattro anni. L’altro aspetto importante è, dopo diversi anni, c’è di nuovo una grande spaccatura tra il centro-sinistra e la sinistra. Oltre a Syriza ci sono Pasok, Kke, Mera25 e vari altri gruppi più piccoli. Non si ha un quadro chiaro di ciò sta per succedere. I sondaggi mostrano una differenza tra il 3,5% e il 6% tra Nea Dimokratia e Syriza. Non so se sono veri o assomigliano più a quelli della Turchia. Perché c’è una grossa fetta di indecisi e nessuno sa come si esprimeranno nelle urne. Quindi aspettiamo. Mancano poche ore e lo capiremo.

In generale sembra che queste elezioni rispetto a quelle degli ultimi dieci anni destino meno passione e interesse nella popolazione. È d’accordo?

In generale penso di sì. Ho l’impressione che dopo le seconde elezioni del 2015, successive al referendum e al terzo memorandum, le cose si siano un po’ calmate. C’è meno passione. Capitano momenti di tensione perché esplodono questioni molto importanti, ma non è più come prima. Forse la gente è anche un po’ stanca dell’intero processo. Forse anche perché i politici, sebbene a volte inaspriscano e polarizzino la situazione, cercano di confrontarsi con toni più morbidi.

Un tema importante è il voto dei giovani. Efsyn ci ha fatto una prima pagina alcuni giorni fa. Votano anche i nati nel 2006, nonostante diversi ostacoli. Quali problemi stanno emergendo?

Questa volta voteranno circa 420.000 nuovi elettori. È un grande bacino. Analizzando la situazione e ascoltando le discussioni che si svolgono nelle università, nelle facoltà e così via, sembra che i giovani andranno a votare. Se lo faranno ho la sensazione che una grossa fetta si sposterà verso Syriza o anche oltre, sui partiti più a sinistra. Per la prima volta voteranno anche i 16enni. È molto interessante, ma al momento non abbiamo dati al riguardo. Stiamo solo ascoltando le persone: quello che dicono, come si muovono. Sarà un voto critico.

La sinistra ha cercato di cambiare alcune leggi per rendere più semplice il voto giovanile, ma Nea Dimokratia si è opposta. Cosa è successo?

Si vota dove si ha la residenza. Il problema è che molti lavorano lontano da casa. Soprattutto ora che siamo entrati nella stagione turistica c’è una grossa fetta di giovani impiegata sulle isole o comunque in posti diversi dalla residenza legale. A Tinos, Mykonos, Paros, in Calcidica. Anche se vivono ad Atene o Salonicco. Syriza [e altri partiti di sinistra, nda] ha chiesto di approvare una misura che permetta a queste persone di votare dove lavorano. Ma non è passata. Così molti saranno esclusi: non è facile lasciare il posto di lavoro. Se ci sarà una seconda tornata elettorale, come sembra a parte il caso in cui Syriza diventi primo partito, sarà ancora più complicato. Più persone saranno escluse. 

Per libertà di stampa la Grecia è al posto numero 107 su 180. Il più basso tra i paesi europei. Com’è la situazione e che ruolo stanno svolgendo i media durante la campagna elettorale?

La maggior parte dei media in Grecia stanno con Nea Dimokratia. Il governo stesso si è preoccupato di ridurre il più possibile le entrate pubblicitarie di tutti gli altri. Per esempio Efsyn è un giornale critico con il governo e per questo riceve pochissimo sostegno dalle pubblicità pubbliche. Anche quelle private possono essere limitate e questo accade anche con noi. Tentano di soffocarti finanziariamente. Soprattutto dopo la pandemia la tiratura dei giornali è calata molto. Solo in pochi sono tornati in edicola. I media che stanno con il governo nascondono le notizie o ne pubblicano una parte. Ovviamente questo durante la campagna elettorale è molto importante perché si favorisce nettamente una certa parte politica. Questo fenomeno fa parte di una generale riduzione dello stato di diritto a cui Mitsotakis ha lavorato. Per esempio con lo scandalo delle intercettazioni di altri leader politici. Ha posto il servizio di intelligence nazionale direttamente sotto il suo ufficio. Perfino con i giudici sono nati grossi problemi. Anche prima si presentavano situazioni simili ma mai a questo livello.