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Ma adesso lo sceriffo deve sconfiggere la frammentazione del suo partito

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Campania Hanno vinto la aree più populiste, che ora potrebbero non votare

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 3 marzo 2015

A mezzanotte Vincenzo De Luca entra trionfante nella sede regionale del partito di via Santa Brigida, pronto a prendersi gli applausi e anche il Pd campano. A dispetto di quello che aveva chiesto Matteo Renzi, il ritiro dalla competizione, e anche di alcuni pronostici che davano l’europarlamentare Andrea Cozzolino favorito, di poco ma vincente. Così in mattinata il sindaco decaduto con una condanna per abuso d’ufficio sulle spalle, detto anche Vincenzo lo sceriffo o Bicienz’ a funtana (per le tante fontane costruite nella sua città), è a Salerno raggiante per la conferenza stampa della vittoria, pronto a elencare le cose da fare o non fare in questa campagna elettorale in cui sfiderà Stefano Caldoro, l’ex craxiano attuale governatore di centrodestra. Eccolo De Luca, che fino a ieri salmodiava sull’emittente locale LiraTv in versione ecumenica pronto a condividere il programma con tutti, a non preferire Salerno a Napoli (chiamata da sempre la città dei farabutti), disposto a cancellare dai programmi istituzionali il termovalorizzatore nel capoluogo per intercettare i voti arancioni e a estromettere la criminalità e la corruzione dalle istituzioni perché lui non è disposto a firmare cambiali. E se una volta eletto verrà dichiarato decaduto in base alla legge Severino? «Farò ricorso al Tar un secondo dopo» dice convinto.
Eppure oltre le dichiarazioni d’intenti c’è un dato in queste primarie che potrebbe determinare le prossime elezioni e far perdere la corsa come accaduto 5 anni fa proprio allo stesso De Luca, la frammentazione del partito campano. Il sindaco ha vinto per 12mila voti su 151mila votanti. Due i ritiri a pochi giorni dalle elezioni, quello di Gennaro Migliore visto di buon occhio dal presidente del consiglio e quello Nello Di Nardo Idv, con Marco Di Lello rimasto in gara giusto per fare numero. Chiaro che la sfida si sarebbe concentrata tra le correnti che avrebbero sostenuto De Luca o l’ex bassoliniano Cozzolino. E qui la debacle del secondo. Basti contare che nel napoletano hanno votato in 75mila e a Salerno in 56 mila. La macchina macina voti cozzoliniana non ha funzionato. A guardare alla finestra senza muovere un elettore sono rimasti in tanti, pare lo stesso Antonio Bassolino che si sarebbe legato al dito le vecchie «parlamentarie» dove la moglie Annamaria Carloni (che ora è entrata in parlamento) sarebbe stata poco sostenuta a favore della deputata Valeria Valente. Ieri l’ex governatore non solo ha telefonato al suo nemico storico, si è anche congratulato tramite Twitter.
Ma la lista di chi avrebbe remato contro Cozzolino è lunga a partire dalla frangia legata alla Cgil, con Gianluca Daniele e Giorgio Piccolo, l’AreaDem nonché Lello Topo, ex Dc, consigliere regionale più votato d’Italia e momentaneamente renziano. De Luca ha potuto quindi contare anche sull’appoggio dell’eurodeputato Massimo Paolucci, di due vecchie volpi ex Pci come Tonino Amato e Berardo Impegno e perfino del consigliere regionale Mario Casillo, che aveva raccolto le firme per Migliore. Insomma la solita zuppa democratica campana, dove pare che Renzi abbia timore a rimestare.
Più cauto nel disegnare scenari il presidente provinciale napoletano, Venanzio Carpentieri, che parla di voto d’opinione che ha premiato De Luca: «Ha iniziato la campagna prima di Cozzolino e ha seminato bene». E sul presidente del consiglio: «E’ stata una saggia decisione quella di non intervenire per l’eccessiva frammentazione del partito e per non creare ulteriori tensioni». Ma diplomazia a parte Renzi ha perso le primarie alla faccia della rottamazione e nel napoletano si aspettavano almeno 100mila votanti che forse avrebbero fatto la differenza per l’ex assessore regionale meno indigesto a Roma. Cosa è successo? Lo spiega meglio Valeria Vespa, consigliere di municipalità rappresentate di lista di Cozzolino: «Una grossa fetta del partito non ha saputo fare rete, hanno vinto le aree campane più populiste – dice – se non si riusciranno a ricostruire gli strappi diversi gruppi non andranno proprio a votare alle regionali e potrebbe addirittura vincere Caldoro». Oppure andranno a votare la lista di Cozzolino annunciata nelle ultime ore. Perché l’incubo del Pd in Campania al momento, come avvenuto per il comune di Napoli nel 2011, è la dispersione di voti alle vere elezioni. Di traverso ci si mette anche Sel che continua a sostenere la candidatura dell’assessore alla cultura Nino Daniele.

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