«Non è troppo tardi per parlarsi», «Sedetevi attorno a un tavolo», «Dialogate senza irrigidimenti, presentarsi divisi alle regionali espone al rischio di sprecare una grande occasione». Il premier Giuseppe Conte ce la mette davvero tutta per spingere i due partiti principali che lo sostengono- Pd e M5S – a stringere un accordo last minute in Puglia e Marche. Un appello che arriva dalle colonne del Fatto, inusuale per un premier che si è sempre tenuto un passo indietro rispetto alle vicende dei partiti. Fatta eccezione per la famosa foto di Narni, a ottobre del 2019, quando mise la faccia sull’alleanza giallorossa in Umbria.
Allora andò malissimo alle urne. Ora il pressing di Conte – arrivato a poche ore dalla chiusura delle list e- sembra destinato a cadere subito nel vuoto. Dal M5S infatti arriva un no secco e pesante al premier. I due candidati scelti con le regionarie in Puglia e Marche, Antonella Laricchia e Gian Marco Mercorelli, puntano i piedi. «Non chiedetemi di piegare la testa, trovate il coraggio di tagliarla», attacca lei, sostenuta dalla base pugliese e dai consiglieri regionali che le fanno quadrato attorno. Nelle Marche il Movimento è molto più diviso, ma il candidato – che esclude pressioni da Roma per un’intesa coi dem- resta irremovibile: «Comprendo Conte perfettamente, ma il suo appello arriva fuori tempo massimo: evidentemente non è al corrente di quello che succede sui territori. Ne è la prova che non siamo soli: su sei Regioni, in 5 non andremo con il Pd».
Al di là dei candidati, il de profundis all’appello del premier arriva dal M5S nazionale con il capo politico Vito Crimi: le alleanze sono un «valore aggiunto», spiega, «ma vanno fatte solo dove ci sono le condizioni». «Va rispettata la decisione legittima di quei territori che compiono scelte diverse, e nessuna forzatura deve essere fatta». Tradotto: salvo miracoli il M5s correrà da solo ovunque tranne in Liguria. Con il rischio che una sconfitta dei candidati Pd, che hanno più possibilità di giocarsela con la destra, si ripercuota anche sulla tenuta del governo. Lo dice senza fronzoli Goffredo Bettini, consigliere principe di Zingaretti: «Almeno l’accordo nelle Marche si può fare. Ritrarsi rnon è un danno solo per le Marche, ma è un segnale non favorevole anche per la tenuta della maggioranza che attualmente governa l’Italia».
Il mancato accordo tra i due partner di governo lascia macerie sul terreno. «Il M5S eviti un no ottuso», attacca il ministro dem Francesco Boccia. «Se non ci sarà una risposta positiva a Conte sarà inevitabile la nostra richiesta di voto disgiunto, perché se non si vota il candidato di centrosinistra vince la destra». Si indigna Danilo Toninelli: «Voto disgiunto? E’ un modo calcolatorio di concepire la politica, offensivo verso la nostra identità». «In Puglia e nelle Marche le condizioni per un’alleanza non ci sono. Non si può certo pensare a imposizioni dall’alto», mette in chiaro l’ex ministro dei Trasporti rivolto al premier ma anche ai vertici del M5S. Se è vero che Luigi Di Maio sta provando fino alla fine a dare corpo all’appello di Conte (i due leader hanno siglato una tregua pochi giorni fa), Alessandro Di Battista prova a mettersi alla testa dei ribelli e su Facebook loda la scelta della Laricchia: «Sei una donna eccezionale. Ti ho sempre stimata ma non pensavo fossi coraggiosa a tal punto». I consiglieri uscenti del M5S in Puglia fanno di più e a Conte, che aveva chiesto di archiviare gli scontri con Michele Emiliano, replicano: «Pd e affini non ci comprano con le poltrone. La loro presunzione nel pretendere l’alleanza, prima con le promesse, poi con le minacce, dimostra che sono distanti anni luce dal nostro mondo». «In Puglia non ci sono tavoli a cui sedersi», taglia corto l’ex ministra Barbara Lezzi.
Un vero e proprio schiaffo grillino al premier, dunque. Che prefigura le tensioni del dopo regionali di settembre: in caso di vittoria delle destre in 4 o più regioni il governo uscirà ammaccato. Nel Pd gli ex renziani (compreso il potente capogruppo al Senato Andrea Marcucci) sono pronti a chiedere la testa di Zingaretti con un congresso anticipato. E anche nel M5S si annunciano scossoni. Con Di Battista pronto ad approfittare dei guai dei governisti.