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L’unico paese che manda i ragazzini davanti ai tribunali militari

L’unico paese che manda i ragazzini davanti ai tribunali militariParenti di reclusi palestinesi – Ansa

Dopo l'accordo Nella lista dei detenuti da liberare donne e minori. Ma non mancano militanti di Hamas. La condizione nelle carceri di Israele resta critica: torture e 6 morti dal 7 ottobre

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 23 novembre 2023

Dal 7 ottobre Hamas ha fatto del rilascio dei prigionieri palestinesi uno dei suoi principali obiettivi, indicando che la cattura degli ostaggi aveva lo scopo di «ottenere il rilascio di tutti i detenuti palestinesi». Prima dell’operazione “Tempesta di al-Aqsa”, il loro numero nelle carceri israeliane era di circa 5.300. Ma sono diventati «10mila in un mese, con oltre 2mila in detenzione amministrativa, senza nessuna accusa precisa», secondo quanto riporta Human Rights Watch.

L’ELENCO dei prigionieri inclusi nell’accordo di mercoledì è stato rivelato ieri dal ministero della Giustizia israeliano. Secondo il quotidiano Haaretz la lista include 300 nomi – prevalentemente donne e minori -, un numero dunque doppio rispetto a quanto concordato, «nel caso Hamas localizzi altri ostaggi israeliani che possano essere rilasciati in cambio di altri prigionieri». Tel Aviv ha rifiutato di rilasciare i prigionieri condannati per omicidio, mentre sempre secondo Haaretz ha detto sì alla liberazione di «detenuti e attivisti appartenenti ad Hamas, al Jihad islamico o al Fronte popolare per la liberazione della Palestina».

Ieri Addameer – un’organizzazione non governativa palestinese che monitora le condizioni di detenzione dei prigionieri – e la Commissione Indipendente per i Diritti Umani hanno fatto un aggiornamento relativo alla condizione dei detenuti nelle prigioni israeliane. «Il servizio carcerario israeliano (Ips) – indica l’ultimo report dell’Ong – continua a reprimere i prigionieri in modo brutale con numerose forme di tortura fisica e psicologica tra cui la disidratazione, la fame, la confisca dei beni di prima necessità e la mancanza di cura per i malati».

DAL 7 OTTOBRE, «sei prigionieri palestinesi sono morti in prigione», ha dichiarato Qaddoura Fares, ministro dell’Autorità palestinese responsabile per i detenuti palestinesi, che accusa Israele «di negare l’accesso alle cure», sostenendo che Tha’er Abu Asab, l’ultimo prigioniero deceduto, sia morto di cancro per «mancanza di cure adeguate».
Addameer ha indicato che attualmente sarebbero in detenzione oltre «200 minorenni e 75 donne». Tra loro spicca anche l’incarcerazione di Ahed Tamimi, attivista per la causa palestinese, accusata «di aver pubblicato su Instagram un post incitante la resistenza alle violenze israeliane».

Come denunciato da Save the Children, Israele è l’unico paese al mondo che «detiene e persegue i minori nei tribunali militari con processi iniqui, arresti violenti e interrogatori coercitivi». Dal report Injustice, pubblicato dall’ong lo scorso luglio, emerge che ogni anno «tra i 500 e i 1000 minori della Cisgiordania sono trattenuti all’interno del sistema di detenzione militare israeliano» e la principale accusa a loro carico sarebbe «il lancio di pietre», che può comportare una condanna a 20 anni di carcere.

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