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Lo Specialone se ne va, resteranno solo i cori

Lo Specialone se ne va, resteranno solo i coriJosé Mourinho – foto Ansa

Calcio Esonerato José Mourinho, allenatore alla Roma fino a giugno Daniele De Rossi. Rimangono due sesti posti e la vittoria della Conference League, ma anche frasi memorabili

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 17 gennaio 2024

Tutto è iniziato come Vacanze Romane ed è finito con I nuovi Mostri. Ciao José, bye bye Mourinho, Roma perde il suo re, è già successo con altri, accadrà ancora e in fondo non è mai stato un problema. Il Senato calcistico giallorosso ha scelto un figlio della Lupa, sulla panchina siederà Daniele De Rossi, buon calciatore diventato campione del mondo, fin qui allenatore più mediocre che brillante, faccia (e s’intenda solo faccia, nulla d’altro) da Romanzo Criminale, lui come il Freddo, Francesco Totti come il Dandy, in quelle coppie che solo le ballate romane sanno mettere insieme.

Mourinho però aveva fatto qualcosa di differente e a modo suo straordinario, perché pochi naviganti approdati nel porto fluviale della città erano diventati così romani prima ancora che romanisti, impresa mai riuscita né a certi stranieri pur apprezzati come Garçia o Fonseca né in fondo a romani veri come Claudio Ranieri da San Saba. Il portoghese Special One e lo Specialone cresciuto nella macelleria di papà al Testaccio, sono un’altra strofa di questa ballata che sembra scritta dall’Orchestraccia, con l’italiano prima nemico acerrimo e sbeffeggiato, quindi collega stimato, di una stima quasi ostentata, perché Mourinho è fatto così, catarsi perfetta dell’allenatore di Setubal, oltre Socrate e pure la filosofia platonica, direttamente alla voce «gran paraculo», un sorriso allarmante e poi disarmante. Perché Mourinho vorrebbe far sempre tutto lui, crea e disfa, in un ordine che non è necessariamente questo, ma è sempre disordine calcolato.

PERÒ, PENSATECI, qualcosa è cambiato, stavolta sono stati gli altri a disfare tutto, a mandarlo via e il fatto che l’uomo fosse preoccupato dagli sviluppi della contesa era chiaro ormai da qualche tempo, da quando ripeteva un po’ qua e un po’ là quella storia di aver rinunciato in estate a un bastimento carico di quattrini arabi, un po’ come fossero quei sassolini che Pollicino faceva cadere per non perdere il sentiero. Solo che il calcio non è più una favola, da un bel pezzo e non è neppure quello che sai raccontare, ma è la narrazione che fanno di te a far la differenza. Quella che adesso già prende piede racconta di un Mou che lascia in lacrime il centro sportivo di Trigoria e quelle sono lacrime diverse rispetto a quelle che asciugò sul bavero del cappotto, abbracciando il suo Marco Materazzi, nella notte del Triplete, quando disse addio all’Inter per passare al Real Madrid. Allora erano i goccioloni di un trionfatore, neppure si può sapere se in quei casi sono del tutto sinceri o invece è quella parte del cervello umano, il sistema parasimpatico, a far la differenza. Stavolta sembra tutta un’altra storia, le lacrime sono quelle che riempiono gli occhi quando sei in cerca di conforto o compagnia. De Rossi intanto è già in campo, ha gli occhi della tigre, il cuore della lupa, ma forse non basteranno due animali per scrivere un’altra favola.

Di Mourinho resteranno due sesti posti, una Conference League per poter dire (anche, ma non solo) che lui comunque un «titulo» lo ha vinto anche questa volta. Però la bellezza dello Special One diventato Specialone non sta solo nei numeri, ma anche nelle frasi, come quando si presentò a romanisti e romani, all’Italia e al mondo citando Marco Aurelio: «Nulla viene dal nulla e nulla ritorna nel nulla». Chissà se stavolta sarà davvero così. Perché per José Mourinho questo non è il primo esonero, ma potrebbe essere l’ultimo, come fosse arrivato non al capolinea, ma oltre, in quelle terre che amava raccontare Pier Paolo Pasolini. Se il calcio è un mezzo di trasporto, Mou a Roma venne subito dipinto come un nuovo Gregory Peck, in Vespa. Se ne va come «Il Malconcio» dei Nuovi Mostri, un uomo ferito caricato, in macchina da uno straordinario Alberto Sordi, che non aveva voglia di fare altro che finire la serata al Jackie O’.

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