Lo scudo di Biden in soccorso di Israele. A Gaza altri 50 uccisi
Striscia continua Washington colma le lacune della difesa antiaerea del suo alleato. Il nord della Striscia resta sotto assedio, ospedali senza scorte
Striscia continua Washington colma le lacune della difesa antiaerea del suo alleato. Il nord della Striscia resta sotto assedio, ospedali senza scorte
Il Golan è un altopiano di 1.200 km quadrati di eccezionale bellezza e ricco di storia come tutte le alture che attraversano questa porzione di Medio oriente. Ma è anche un territorio siriano che Israele occupa da 57 anni e che domina il Libano. Qui l’esercito israeliano prepara il terreno per un’offensiva più ampia contro il paese dei cedri. Truppe israeliane dall’inizio di ottobre stanno bonificando il territorio notoriamente minato del Golan e creando nuove fortificazioni, oltre a una striscia smilitarizzata più all’interno delle attuali linee di armistizio con la Siria. La mossa suggerisce che Israele cercherà di colpire da una posizione più orientale, oltre a costruirsi le basi per tenere sotto un maggior controllo il confine con il Libano e parte del territorio siriano. La Reuters scrive che unità militari russe, nel sud della Siria a sostegno delle truppe regolari siriane, si sono ritirate da almeno un posto di osservazione nei pressi dell’area demilitarizzata che ospita l’Undof (Onu), il contingente incaricato di monitorare il disimpegno delle forze israeliane e siriane dopo la guerra del 1973. L’agenzia spiega che i russi se ne sono andati dopo accordi presi con gli israeliani per evitare possibili scontri.
In questo quadro, sarebbe a dir poco ingenuo sperare nella fine, entro qualche settimana, della guerra infinita che da oltre un anno il premier israeliano Netanyahu porta avanti allo scopo, afferma, di creare un «Nuovo ordine» in Medio oriente, convinto di avere ormai il controllo di Gaza e di poter costringere Hezbollah ad accettare le sue condizioni per la tregua evocata ieri dal numero 2 del movimento sciita, Naim Qassem. Eppure, nessun componente del fronte guidato dall’Iran manifesta l’intenzione di arrendersi e in Libano Hezbollah sembra aver ristabilito una certa deterrenza nei confronti di Israele dopo i colpi devastanti subiti a settembre. Inoltre, la sfida dei missili che l’Iran e i suoi alleati lanciano a Israele si sta rivelando troppo ampia persino per una potenza militare come quella israeliana. I sistemi antimissile di Tel Aviv – Iron Dome (corto raggio), Fionda di Davide (medio raggio) e Arrow (missili balistici a lungo raggio) – non si sono dimostrati insuperabili, anzi. E ciò pesa sui piani militari del governo Netanyahu.
L’attacco lanciato da Teheran il 1° ottobre – per vendicare le uccisioni di leader alleati come Hassan Nasrallah (Hezbollah) e Ismail Haniyeh (Hamas) – hanno fatto più danni di quelli ammessi da Israele (almeno 50 milioni di euro scriveva il giornale Yediot Ahronot). I missili balistici iraniani sono più precisi e veloci delle previsioni e l’Amministrazione Biden ha fatto arrivare ieri in Israele una batteria antiaerea Thaad per contrastarli, in previsione dell’attacco di Tel Aviv all’Iran e, di conseguenza, della risposta della Repubblica islamica. Il Financial Times scriveva ieri in una sua inchiesta che «Gli Stati Uniti stanno correndo a colmare le lacune nello scudo protettivo di Israele», tenendo conto che le scorte di missili intercettori negli arsenali americani «non sono illimitate». Israele ogni giorno impiega le sue difese per tentare di abbattere i razzi lanciati da Hezbollah, occasionalmente anche da Gaza, dagli Houthi yemeniti e le milizie sciite irachene e ha un bisogno continuo di rifornire le scorte. In poche parole, se Iran e Hezbollah faranno lanci massicci per giorni di droni, razzi e missili balistici, lo scudo israeliano potrebbe non reggere. Washington ne è consapevole, aiuta il suo alleato, anche fornendo le bombe che martellano Gaza e il Libano, ma in cambio, spiegano i media locali, ha chiesto e ottenuto che Netanyahu rinunci a colpire i siti nucleari e le installazioni petrolifere dell’Iran e, quindi, a trascinare gli Usa nell’escalation in corso.
Gli Stati Uniti avrebbero anche chiesto a Israele di «migliorare» la situazione umanitaria di Gaza altrimenti rischierà azioni legali e di perdere gli aiuti militari statunitensi. Così hanno scritto, sostiene il sito Axios, gli americani in un messaggio del 13 ottobre mandato al governo Netanyahu. I dubbi non mancano e, in ogni caso, la presunta intimazione non ha certo avuto riflessi sul terreno a Gaza dove la fame è tornata nella parte settentrionale nord isolata da Israele e teatro in questi giorni di una ennesima offensiva militare con bombardamenti devastanti. Ieri i raid aereo e le cannonate hanno ucciso almeno 50 palestinesi a Gaza, molti dei quali nel campo profughi di Jabaliya sotto assedio. Hamas, Jihad e altre organizzazioni palestinesi affermano che i loro combattenti sono impegnati in intensi scontri a fuoco con le forze israeliane a Jabaliya e nelle zone circostanti.
L’esercito ha nuovamente ordinato l’evacuazione dei tre ospedali operanti nel nord, ma il personale medico è determinato a restare al suo posto. «Manca tutto, le scorte si stanno esaurendo e potremmo trovarci di fronte a un disastro nei reparti maternità e neonatale», ha avvertito ieri il dottor Husam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, in un appello video alle organizzazioni umanitarie internazionali. A Sabra, alle porte di Gaza city, un aereo ha bombardato tre case e tra le macerie ieri sera si cercavano12 persone disperse. Anche al centro e sud della Striscia le uccisioni di civili non cessano. Otto palestinesi sono rimasti uccisi da una bomba che ha centrato una abitazione a Nuseirat.
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