Massacro a Baghdad. Sciopero generale
L'editoriale di Luigi Pintor del 17 gennaio 1991 Proviamo un senso di nausea. Palestinesi, israeliani, arabi e poi americani, europei, russi, dentro una macchina di distruzione che si moltiplica, in un mare di denaro, di petrolio, di fame e di morte. E una Italia irriconoscibile
L'editoriale di Luigi Pintor del 17 gennaio 1991 Proviamo un senso di nausea. Palestinesi, israeliani, arabi e poi americani, europei, russi, dentro una macchina di distruzione che si moltiplica, in un mare di denaro, di petrolio, di fame e di morte. E una Italia irriconoscibile
È una cosa mostruosa. Vederla è peggio che immaginarla. Vederla come spettacolo, tutto il mondo seduto a guardare, ad ascoltare quegli automi della televisione: è la terza ondata, la quinta ondata, il cielo è in fiamme, si sente il fragore delle bombe?
Oh, i morti ancora non si vedono, ma domani forse sì. Quanti saranno? Pochi, è ancora il primo giorno. È una guerra giusta contro il tiranno, riporteremo sul trono l’emiro. Non sarà Saddam a morire e nemmeno Bush, ma certamente una quantità di iracheni di ogni età e condizione, forse molti americani, forse anche qualche italiano, e poi non si sa. E anche noi muoriamo, fatti a pezzi dentro di noi.
Il declino dell’umanità, la degenerazione dell’umanità, non sta in questo massacro annunciato e attuato. Sta in questo spettacolo mai visto, in questa modernità oscena: assistiamo a Hiroshima. Lo spettacolo è offerto gratis dalla comunità internazionale, ventotto nazioni evolute e una gettata allo sbaraglio. Così finisce, o inizia il millennio.
E poi? Proviamo un senso di nausea. Palestinesi, israeliani, arabi e poi americani, europei, russi, dentro una macchina di distruzione che si moltiplica, in un mare di denaro, di petrolio, di fame e di morte. E una Italia irriconoscibile.
Nausea sì, ma anche rivolta dell’animo. Che ognuno dica di no, protesti, scioperi, come può, dentro di sé e nei propri comportamenti.
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