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Lettere per Lidia Menapace

Lettere per Lidia MenapaceLidia Menapace – Aleandro Biagiotti

Ciao Lidia I saluti che arrivano al giornale per la compagna e partigiana "Brisca"

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 12 dicembre 2020

 


Venerdì 11 dicembre

Un ricordo personale

Ho letto in questi giorni cose importanti su Lidia Menapace. Io ho un piccolo ricordo personale. Parecchi anni fa a un convegno ho sentito Lidia Menapace fare un discorso che mi aveva ‘intrigato’. Si parlava di famiglia e lei ha usato questa espressione: “Bisogna arrivare a una genitorialità condivisa”. Contro un fondamentale istinto “proprietario” nei confronti dei figli, e contro una “deresponsabilizzazione” da parte di adulti non genitori. Mi è sembrata, allora, e mi sembra ancora un’idea fondativa di una realtà diversa, liberata e liberante. I bambini, i figli, come patrimonio comune, nel senso più pieno e profondo. E concludeva, ridendo: “Anche per non venire denunciati per pedofilia se si posa la mano sulla testa di un bambino”. 

Luisella Paiusco

 

Per Lidia 

Quest’anno per il mio piccolo pantheon è stato un disastro, una devastazione e per me è stata una serie infinita di dolori. Sono morti Rossana Rossanda, Franco Bolelli, il filosofo pop, Philippe Daverio, il filosofo dell’arte e Giulio Giorello, il filosofo della scienza. Con tutti loro ho condiviso pezzi di vita e di nessuno sono andato ai funerali. Non sono andato ai funerali nemmeno di Lidia, ma con lei ho condiviso il percorso più lungo. La prima volta che ho parlato in pubblico di politica è perché lei me lo ha chiesto. Ero in Cattolica ed era – credo il 1967. Ero a un suo seminario e lei mi chiese un’opinione su non ricordo più che cosa.

Lidia aveva questa straordinaria capacità di interrogare, ma non per dare voti: per curiosità di sapere e per simpatia. Anni dopo la ritrovai a Roma. Erano gli anni di via Tomacelli e del PdUP, un’esperienza straordinaria, il partito più bello di cui abbia mai fatto parte. Una volta sulle scale di quell’edificio austero mi disse, io ero riluttante a prendere un incarico, che in fondo ero un meraviglioso artigiano. Era una critica e un complimento. Voleva dire che io ero riluttante a prendermi grandi doveri e a usare parole che squadrano da ogni lato.

Senza saperlo stava divinando quel che, poi, sarebbe stato il mio futuro, nella seconda parte della mia vita mi sono occupato intensamente di artigiani e di designer, degli impareggiabili oggetti che, per fortuna, continuiamo a fare nelle piazze e nelle strade, all’ombra dei campanili. In realtà stava parlando anche di sé, anche lei era un po’ così: capace, sempre, di ricostruire i grandi ideali che abbiamo avuto con gli argomenti del presente, votata, con pazienza e tenacia a ricostruire, a ricucire tra le posizioni diverse. In questi anni difficili per la sinistra ho spesso ripensato a quella frase come alla condizione migliore di quel che si può e si deve fare.

Anche se negli ultimi anni ci siamo persi di vista, sono queste le virtù di Lidia che più mi mancano e il suo sorriso; mi manca molto il suo sorriso. I morti migliori sono quelli che ci portiamo dentro. Emanuele Severino il mio grande professore alla Cattolica, anche Lidia lo conosceva bene, abbiamo in comune tutti e tre d’esser stati cacciati – per meriti diversi – da quell’università, quando in tarda età si scoprì assediato dalla vittoria straripante del suo deuteragonista, quando si accorse che tutto scorreva inesorabilmente, ebbe un colpo di genio, come solo i grandi possono avere, disse: è vero tutte scorre, come Eraclito dice, ma tutto quel che conta è nel presente.

Fuori dal presente c’è solo la delusione per quel che non è stato e la debole speranza di quel che sarà. Tutto scorre ma tutto resta. Ogni tanto mentre indosso le pantofole in casa sento i passi di mio padre. Ogni tanto sento la voce di Lidia che interroga e ricuce. Ed è la più grande delle consolazioni.

Giovanni Lanzone

 

Un grazie dal beneventano 

Carissima Lidia, nel giorno della tua commemorazione, desideriamo comunicarti il nostro indelebile Grazie, dai territori del Sannio beneventano, dove, negli anni lontani, abbiamo vissuto con te, intense e militanti giornate di incontri per la Scuola, per la difesa della 194 e l’autodeterminazione delle donne, per la pace, insieme con il Collettivo de “il Manifesto” e del PdUP per il Comunismo.

Grazie per gli orizzonti culturali che ci hai aiutato ad aprire e per la tua straordinaria testimonianza nel Cattolicesimo del Dissenso e, poi, nei Cristiani per il Socialismo. Ma soprattutto grazie per la tua disponibilità umana e impegno intellettuale a promuovere, esortare, coinvolgerci, con tenace determinazione, intorno ai valori che ci mantengono umani. Non ti dimenticheremo. Continui a vivere nel nostro impegno. 

Raffaele Simone, Benevento

 

Giovedì 10 dicembre

Voglia di dire, di più, voglia di ascoltare

Lidia Menapace, come sanno tutte e tutti coloro che l’hanno conosciuta e amata, conduceva sempre, con dolcissima passione, una sua “lotta” instancabile contro tutto ciò (parole, gesti, azioni, di ordine politico e/o privato) che le sembrasse intriso di violenza. Ricordo ancora con commozione un convegno che organizzammo negli anni Novanta (su Egemonia e non violenza) dopo che lei, alla luce di un vaglio rigoroso, decise di “accettare” la nozione gramsciana di egemonia. Aveva sempre tantissime cose da dire, ma anche tantissima voglia di ascoltare. Grazie, Lidia. Grazie

Pasquale Voza, Bari

Ripensare al percorso fatto

La scomparsa di Lidia Menapace rappresenta un altro di quei momenti in cui si sente la necessità di volgere lo sguardo all’indietro e ripensare al cammino percorso. Aver vissuto con Lidia una lunga stagione di impegno intellettuale e politico ha rappresentato sicuramente un grande privilegio, una occasione di conoscenza, espressione di coerenza, capacità di visione nella ricerca di una realtà sociale diversa. Partendo dai valori della Resistenza e cercando di comprendere quanto stesse cambiando attorno a noi nelle tante diversità che il moderno portava con sé, Lidia ha sempre portato nella quotidianità del pensare e del fare la sua capacità di far comprendere come fosse sempre così complesso progettare il futuro.  Una compagna di lotta che ci è stata anche una grande maestra.

Franco Astengo

Più avanti e più serena

Non avrei mai voluto salutarti, e di conseguenza scrivere queste righe. Perché ti ho sempre vista più avanti, più serena, più giovane, pur se più grande di trenta anni. La prima volta, dopo un incontro femminista, ci facesti morire dal ridere perché un nostro amico, dopo avere fatto una scenetta un po’ pecoreccia, ti chiese scusa, e tu rispondesti che invece stavi ridendo di gusto. Durante una campagna elettorale di Rifondazione eri nelle Marche e cosa ti regalammo per il tuo compleanno? Un diario di viaggio, sempre avanti. Dopo una mattinata passata a costruire un elenco che poi si rivelò inutile ero sinceramente deluso di avere sprecato del tempo e tu mi dicesti: “Non l’hai sprecato, l’hai impiegato, ora ti resteranno in mente meglio quei compagni e quelle compagne”.
Non ti voglio salutare, voglio ricordare i tuoi esempi e praticarli, imparando quella serenità e quella gioventù.

Marcello Pesarini

Immacolata Concezione

Cari compagni, se ricordo bene Lidia Menapace scrisse un articolo molto critico quando per la prima volta Argan sindaco di Roma (o Petroselli) incontrò il Papa a Piazza di Spagna il giorno dell’Immacolata Concezione. Una bellissima lezione da una credente. Penso che sarebbe molto bello ripubblicarlo.

Massimo Leone

Fu lei a sposarci come consigliera comunale

Pochi giornali lo ricordano, ma Lidia Menapace, nel 1981 fece parte del Consiglio comunale di Roma, eletta nelle liste del Pdup, di cui anche noi eravamo militanti. Nel 1982 quando decidemmo di sposarci, ci rivolgemmo proprio a Lidia Menapace per officiare il rito civile. Ci accolse con un sorriso gentile. L’11 giugno 1982, poco prima della cerimonia nella sala del Campidoglio preposta alle unioni civili, ci chiese se eravamo d’accordo di fare un discorso sulla situazione palestinese e in particolar modo sui campi profughi di Sabra e Shatila sotto assedio da qualche mese, che purtroppo terminò il 16 e 17 settembre del 1982 con l’eccidio di un numero imprecisato di vittime civili ad opera delle milizie cristiano-falangiste libanesi e con la colpevole copertura dell’esercito israeliano. Certamente, dicemmo, ci sembra un omaggio doveroso a sostegno della giusta causa palestinese. E così fece. Ecco, ci piace ricordare Lidia Menapace in quel momento, tra i tanti altri, testimone di un tempo in cui si faceva politica non soltanto nelle sezioni di partito, ma sempre e in ogni occasione, che si trattasse di un matrimonio civile o di un compleanno, oppure di una semplice cena tra compagne e compagni in qualche piccola trattoria della periferia romana. Che la terra ti sia lieve, Lidia Menapace, partigiana nella lotta di liberazione e militante della pace.

Maria Virtuani e Gianni Mereu

Quante cose ci hai insegnato

Ciao Lidia, quante cose ci hai insegnato, grazie! In un tardo pomeriggio di tanti anni fa, in una sala affollata di uomini e donne in cui il relatore esordì “Compagni!”, Ti alzassi e dicesti cortese: “Scusate, non sapevo che si trattasse di un riunione per soli uomini”. E andasti via. Ci insegnasti che esiste un linguaggio di genere.  Ospiti in un salone dell’Arci raccontasti di un magistrato, Oscar Luigi Scalfaro, che nell’immediato dopoguerra firmò contemporaneamente per la stessa persona. La sentenza di morte e la domanda di grazia. Ci insegnasti che la Giustizia per non essere vendetta va accompagnata alla pietas. Nei seminari dell’Mpa all’Impruneta, Scuola Edili, parlando delle “quattro contraddizioni dotate di autonomia fondativa” – capitale/lavoro, uomo/donna, produzione/ambiente, guerra/pace – ci insegnasti che per un mondo migliore bisogna lottare per superarle tutte e quattro; per questo, dicesti, la pace non è assenza di conflitto ma il luogo dove lo si gestisce senza pretesa di distruggere l’avversario. Facendo politica al di fuori dai partiti ci spiegasti anche, al suo insorgere, la crisi della forma partito. Che grande eredità ci hai lasciato, ancora tutta da spendere. Ci hai insegnato soprattutto, compagna Lidia che si può essere partigiana/o della Giustizia finché si ha vita.

Nino Lisi

Mercoledì 9 dicembre

Lidia poliedrica

Oggi, alla ricerca di memorie di Lidia, mi sono imbattuta in una sua opera autobiografica “Un anno al Senato- lucido diario di fine legislatura ” (2009) contenente questa dedica “Ad Antonia Sani carissima compagna e amica da decenni con riconoscente affetto e considerazione Lidia. Roma, 24.IV.2009”. Mi sono salite le lagrime agli occhi, e un nodo alla gola… Lei, così presente e viva in queste parole , irrimediabilmente scomparsa per sempre. Girano in rete messaggi su messaggi . Donne che da Lei hanno appreso parole, pensieri, insegnamenti. “Una cordata d’amore” è stata messa in piedi , come fossimo state vicine al suo letto nelle ore di agonia. Così erano solite fare le donne dei secoli scorsi recitando preghiere intrecciate a rievocazioni…. Lidia non lo saprà mai, ma quanta serenità avrebbe ricavato dalle tante testimonianze così forti, spontanee e piene di affetto che L’hanno accompagnata tra la vita e la morte! Credo che questo avrebbe significato “andarsene in pace”. La mia amicizia con Lidia tocca una parte della Sua vita di cui fino a oggi non si è parlato. Siamo nel 1984, alla riunione nazionale in cui c’erano pronunciamenti per lo scioglimento del PDUP, i cui membri Lucio Magri stava traghettando nel PCI, con grande partecipazione della gran parte di compagne/i. Eravamo in pochi/e a non partecipare a quella che, secondo noi, era la rinuncia agli obiettivi per i quali era nato il PDUP. Lidia Menapace con altri compagni e compagne faceva parte di un piccolo gruppo in disparte. Da quel momento Lidia si è dimostrata ben determinata a indicare un percorso che significava non arrendersi. Insieme ai compagni che intendevano avviare un cammino ha indicato chiaramente una strada. Per noi è stata un’ancora di salvezza. Nasceva a Roma “Il Movimento Politico per l’Alternativa “, con un proprio periodico , e un programma di lavoro politico da lei enunciato. Ogni volta che ci incontravamo Lidia procedeva con proposte innovative che affermava con quella sua innata sicurezza non meravigliandosi dello sconvolgimento che poteva procurare. Famose le 4 contraddizioni che dovevano costituire la base della nostra iniziativa politica , da lei – con la sua ricca cultura e preparazione storico-filosofica – proiettate in ambiti ancora non ben precisati. Le contraddizioni erano uomo/donna, pace/guerra, capitale/lavoro, produzione/ambiente… Traggo da un suo intervento : ” Considero il patriarcato e la contraddizione uomo/donna un punto essenziale di analisi politica e sono d’accordo con la lettura che ne dà Engels: la contraddizione uomo/donna è originaria, quella capitale/lavoro è principale, sono reciprocamente autonomamente fondate, e se si intrecciano danno un verso alla storia. …Se dunque il patriarcato si intreccia col capitalismo, lo sorregge, se invece il patriarcato si intreccia col movimento operaio, pure, e la storia va per due versi opposti. Sono interessatissima. Osservo che il primo caso è molto più frequente e stabile, sicché vi sono molti uomini che essendo patriarchi senza rendersene conto, credono di poter essere insieme comunisti. ” (tipica spregiudicata conclusione di Lidia). E ancora ” Ogni evento storico ha il suo oro e il suo fango , anche la Resistenza della qual voglio poter narrare anche le cose sbagliate, così come anche i torti italiani in Libia e nella ex Jugoslavia, altrimenti non riuscirò mai a costruire una memoria storica che possieda insieme il rigore del giudizio e la comprensione umana”. Questi “seminari” in cui Lidia metteva in evidenza il senso della non adesione al PCI, avevano luogo anche a livello nazionale. Luogo privilegiato era in Toscana, a Impruneta, in una sede CGIL. Mangiavamo favolosi risotti ai funghi porcini accompagnati da ottimo Chianti che Lidia beveva con grande piacere suo e nostro. Poi passeggiavamo nei prati circostanti e commentavamo quanto era stato messo in campo. Lidia si manifestava col suo sterminato bagaglio culturale, usato senza premesse , con citazioni argute che però nulla toglievano ai testi e agli autori citati…… La sua era una personalità poliedrica, aperta a sollecitazioni che la distoglievano da quello che sarebbe stato il suo ruolo di “dirigente” del nostro movimento. Invitata ovunque dai movimenti delle donne, pronta a opporsi a chi colpiva la sua visione laica, contro l’ uso militarista delle “frecce tricolori”, maestra a proporre un linguaggio scevro di termini bellicisti, a puntualizzare le differenze linguistiche tra i termini rivolti a uomini e donne…era davvero sorprendente . A Bolzano, a casa sua, l’ho vista immersa dal vivo nella “Scienza della vita quotidiana”da lei praticata nell’UDI. Ricordo barattoli vitrei ben allineati su scaffali in cucina contenenti vari tipi di pasta, vassoietti con cibi appetitosi, pronti nel frigo per il simpatico marito dall’accento trentino, per i giorni in cui lei era in giro per l’Italia… Lidia ha incarnato la parabola del “buon seminatore”, pronto a diffondere la “buona novella” a coloro che hanno sete di giustizia. Questo era Lidia, instancabile nei vari ruoli ,come molti e molte hanno ampiamente sottolineato. La sua sterminata cultura, il piacere di essere condivisa, la sua partecipazione alla vita politica non solo italiana. Il suo amore per gli ideali formativi della sua esistenza, difesi fino all’ultimo, senza remore, l’attività svolta in settori diversi hanno messo in evidenza la sua natura indelebile di protagonista. Lidia non avrebbe potuto né voluto dirigere un partito, ma esprimere con convinzione se stessa, questo sì.

Antonia Sani

Martedì 8 dicembre

Cordoglio per la scomparsa, è parte della nostra storia

“A nome di tutta la Cgil e mio personale esprimo profondo cordoglio per la scomparsa di Lidia Menapace. Proveniente dall’esperienza del mondo cattolico, partigiana, Lidia Menapace è stata protagonista di primissimo piano, fin dall’inizio, della storia del Manifesto e in tutti questi difficili anni non ha mai fatto mancare il suo impegno, la sua passione, la sua intelligenza, per ridare voce e spessore alla sinistra italiana. Sentiamo Lidia Menapace parte della nostra storia per il contributo che ha sempre voluto dare alla lotta per l’emancipazine e la libertà’ del mondo del lavoro”.

Maurizio Landini segretario generale della Cgil

Un pilastro fondamentale della lotta per un’altra società

È stato stimolante e mi ha insegnato molto avere condiviso con Lidia l’idea di immaginare e lottare per un’altra società. Ci incontrammo nel 1969 nel Manifesto entrambi convinti che il suo ambizioso progetto di rifondare il movimento operaio italiano, innestandovi la domanda di cambiamento del ‘68 studentesco e ‘69 operaio, avrebbe non solo saputo cogliere la necessità di un’altra società, ma l’avrebbe resa anche possibile. Un progetto di cui sei stata uno dei pilastri fondamentali, animando le varie espressioni politiche in cui si è via via espresso, dalla decisione di far nascere un quotidiano a quella di dar vita al PdUP per il Comunismo. Il tuo contributo di idee e progettualità a questa lunga esperienza collettiva è stato continuo e mi ha sempre colpito la tua capacità di innovarla e arricchirla, facendoti contaminare dalle spinte più innovative che salivano dalla società, a cominciare dal femminismo. Amavi la lotta politica, che hai sempre condotto con leggerezza e ironia, puntando a costruire sintesi e soluzioni collettive. Ciao cara Lidia e grazie

Massimo Serafini

Lidia non è più

Si porta con lei un grande pezzo della storia delle donne e degli uomini di questo nostro paese. La Resistenza, la tenace e continua lotta (non mi avrebbe mai permesso di usare la parola “battaglia”) per la pace, un femminismo intessuto di riflessione sociale, l’utopia sana del comunismo, l’attenzione costante e solerte ai problemi dell’oggi, delle persone comuni, il gusto delle grandi come delle piccole cose Ma a ben guardare tutte queste cose, che le sono appartenute, ce le ha restituite moltiplicate con la sua vita attiva e intensa. Ed è perciò che resteranno con e tra di noi, assieme al ricordo incancellabile della sua straordinaria persona. Ciao, Lidia.

Alfonso Gianni

Un vuoto e tanti insegnamenti

“Purtroppo Lidia non ce l’ha fatta. Un grande dolore. Se ne va una donna tanto minuta nel fisico quanto grande nella statura morale e ideale. Lascia un vuoto ma anche tanti insegnamenti. Ciao Lidia”. Lo scrive su Twitter la Vice Ministra degli Esteri Marina Sereni a proposito della scomparsa di Lidia Menapace.

Marina Sereni, Vice Ministra degli Esteri

Addio compagna partigiana

Partigiana, comunista, pacifista, femminista. Se ne è andata Lidia Menapace, grande protagonista del Novecento italiano, una vita trascorsa con impegno e con passione. Da giovanissima prende parte alla Resistenza e nel 1969 è tra le fondatrici de il Manifesto. Lidia Menapace ha vissuto da protagonista le stagioni delle lotte operaie e dei movimenti studenteschi, è stata voce del femminismo e delle mobilitazioni pacifiste e per l’ambiente. È’ parte della nostra storia. Compagna Lidia, ci mancherai.

Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil

Una bella esistenza

La bella vita di Lidia Menapace si è conclusa, ma continuerà a dare frutti. Era assessora Provinciale della Dc, protagonista di un rapporto propositivo con l’autonomia che stava maturando. Cercava interlocutori non canonici e, nel 1967, fa parte con Alexander Langer di una delegazione che si incontra con personalità politiche e religiose in Austria, e tra questi con il cardinale di Vienna König. Il 30 aprile del 1968 prende parte a Bolzano ad una manifestazione che contesta le politiche del ministro dell’istruzione Gui. Guarda con interesse all’attivismo promosso dalla rivista die Brücke e da gruppi ecclesiali informali ispirati alle novità portate dal Concilio. Letture bibliche nelle case private fanno maturare amicizie. Poi l’irruzione di due elementi che chiedono di schierarsi. L’invasione sovietica della Praga che voleva libertà, vissuta in presenza da un piccolo gruppo di sudtirolesi, e a seguire una proficua discussione nelle sezioni del Pci. Poi in autunno la decisione di creare, proprio con quel partito, una lista innovativa “sinistra unita” per le elezioni provinciali, con Lidia Menapace che sarà prima dei non eletti. Tornavano intanto a Bolzano persone allora giovani dalle università in Austria e Italia. Ci si divise ben presto in tanti rivoli, anche con Lidia, non per ostilità reciproca ma perché c’era spazio per le modalità di azione ed esperienze le più diverse, frutto di soddisfacenti frequentazioni prima di tutto. Ma era un bel ritrovarsi ogni volta. E raccontarsi. Ora con più nostalgia. Grazie Lidia.

Edi Rabini

Una maestra di vita, anche per il linguaggio

Lidia mi è stata maestra di vita, la più cara. Maestra di linguaggio perfino, insegnandomi linguaggi di pace rispetto a quello bellico della nostra tradizione. E ha insegnato cosa sia la generosità militante: dare sempre tutto alle compagne e ai compagni. Ho avuto l’onore di essere con Lidia al Senato quando la designammo come presidente della Commissione Difesa.
I poteri militari, con il determinante aiuto di Berlusconi, evitarono la sua elezione. La sua vita pacifista li sconvolgeva. Ricordo le tante feste di Liberazione, in cui dialogavamo sulla Costituzione tradita dal nuovo Titolo V, dal maggioritario, dal nuovo art. 81 sul “pareggio di bilancio”. Ci faceva vivere la Resistenza come storia di popolo, perchè aborriva la retorica. Ma Lidia era anche una acuta dirigente politica e una finissima comunista libertaria. Ricordo il piccolo saggio che scrivemmo alla fine degli anni ’70, “l’eterna questione”, sul tormentato rapporto tra PCI e Nuova Sinistra. Soprattutto mi viene in mente un convegno, qualche anno fa, sulla “caduta del Muro di Berlino”. Lidia illustrava la sua marxiana “tecnica del rovesciamento”: il comunismo non come dottrina e statualità ma come “movimento reale” a cui viene affidato il “rovesciamento pratico dei rapporti sociali esistenti”. Guardiamo avanti, ci dicemmo ; come nella lettura che Benjamin fa dell’ “Angelus Novus” di Paul Klee: avere il capo proteso in avanti ma la testa volta all’indietro, verso le rovine che delineano la linea della storia tra passato e futuro. Grazie della tua splendida vita, mia cara Lidia.

Giovanni Russo Spena

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