Può la musica sperimentale conquistare il grande pubblico? Caterina Barbieri, con le sue composizioni elettroniche costruite con sintetizzatori analogici modulari, ci dimostra che è possibile: la sua musica è capace di trasportare gli ascoltatori in un’altra dimensione, di farli accedere a spazi interiori dimenticati, di estasi e incanto, da condividere insieme alla folla che si ritrova a ballare sul dancefloor. E questo accade sui palchi dei più importanti festival, come Primavera, Sonar, Terraforma, la Biennale. Questo venerdì sarà al Robot Festival a Bologna, a novembre al C2C a Torino, mentre nella primavera prossima andrà in tour negli Stati Uniti.

La copertina di «Spirit Exit»

IL SUO ULTIMO disco Spirit Exit, uscito per light-years, label spin-off gestita da Caterina Barbieri sotto il cappello della mitica Warp Records, va ancora più in profondità, mettendoci in connessione con gli altri, con la natura, con l’intero universo. Oltre al synth, il suono è arricchito da chitarre, pianoforte, archi, mentre per la prima volta ci sono dei brani cantati, in italiano e in inglese, ad accentuare il contrasto tra i suoni della macchina e la vulnerabilità troppo umana di tutti noi.
«L’album è stato composto in gran parte durante il primo lockdown del 2020» racconta Caterina Barbieri, «ed è il primo lavoro che produco interamente in studio. Prima scrivevo sempre mentre ero in tour: testavo di volta in volta il materiale dal vivo, in dialogo con la dimensione live fin dall’inizio. Lavorare in studio mi ha permesso di espandere la mia strumentazione e lavorare su arrangiamenti più complessi, aprendo l’universo sonoro in nuove direzioni».

IN UN MOMENTO di isolamento totale, l’ispirazione è arrivata anche grazie alla lettura di autrici come la mistica Teresa D’Avila, le poesie di Emily Dickinson, le teorie sul postumano della filosofa italiana Rosi Braidotti. «Ho passato due mesi letteralmente chiusa tra le quattro mura del mio appartamento, senza mai lasciarlo. Mi sono trovata a immaginare le pensatrici donne del passato, che spesso vivevano vite segregate e represse. Ho pensato alla forza visionaria di queste donne e agli squarci cosmici che riuscivano ad aprire sul loro mondo interiore. La musica è stata per me come un portale su un altrove che non era possibile trovare altrimenti, una tensione vitale a sfondare le mura del mio studio, per aprire un varco verso spazi vasti, liberi, infiniti. Questo disco è stato il mio castello interiore, la mia finestra sul mondo».

Caterina Barbieri
La musica nasce da qualcosa di molto profondo e pre-linguistico, pre-logico. Le parole arrivano solo fino a un certo punto, rimangono i suoni, e il loro risuonare nel silenzioC’è un brano come The landscape listens che suona come un appello, un tentativo di connessione con la natura, in un abbraccio cosmico. «La musica nasce da qualcosa di molto profondo e pre-linguistico, pre-logico. La poesia, la letteratura, l’arte, possono ispirare una visione, un sentire che risuona col tuo vissuto in quel momento, offrendo metafore, simboli, chiavi di lettura. Ma le parole arrivano solo fino a un certo punto. Rimangono i suoni, e il loro risuonare nel silenzio. Per me la musica è l’espressione che più si avvicina alla natura e al suo linguaggio divino, perché permette di esprimere quelle sensazioni ineffabili e complesse che può evocare un paesaggio, un tramonto, una montagna. Va aldilà delle parole e ci porta oltre i limiti della nostra fisicità individuale, in una dimensione di comunione con l’universo».

QUESTA DIMENSIONE di apertura è la stessa che negli ultimi tempi ha portato Caterina Barbieri a cercare sempre più legami e collaborazioni. Dai Forse Ora, band formata con Lorenzo Senni e Jim C. Nedd, con strumenti come chitarra, basso e batteria, alla partecipazione al disco Strega Musica, in cui diversi autori hanno composto un brano sullo Strega, strumento progettato da Alessandro Cortini (tra le altre cose membro dei Nine Inch Nails) e l’azienda Make Noise.
La compositrice bolognese, dopo gli esordi a Stoccolma e un periodo passato a Berlino, da qualche tempo è tornata in Italia, a Milano. Da qui, durante il lungo stop ai concerti a causa della pandemia, si è unita a Nuova Musica, che mette insieme sperimentatori e musicisti di ricerca. «In Italia la musica sperimentale sta malissimo», osserva Barbieri. «C’è una forbice sempre più ampia tra realtà corporate che vogliono creare un monopolio territoriale soffocando tutto il resto, e un sottobosco di piccolissime realtà che non riescono a fare una programmazione continuativa. Al momento, salvo casi rarissimi, è veramente dura, se non impossibile, rendere questa musica una professione in Italia. Io sono davvero molto fortunata, ma il mio percorso me lo sono costruito a partire dall’estero, ancora oggi il punto di riferimento principale per la mia carriera. Il 90 per cento delle persone con cui lavoro abitano a Berlino, e anche io sto valutando l’idea di un ritorno là, soprattutto adesso che la situazione politica all’orizzonte non promette bene».