Il sogno di qualsiasi adolescente: «Viaggia, impara una lingua e scopri il mondo». Education First da oltre 50 anni è l’organizzazione leader nel settore dell’educazione all’estero con programmi linguistici come vacanze studio e corsi di lingue.
Il mondo dorato delle summer school in cui centinaia di migliaia di famiglie italiane – circa 25 mila con Ef, la leader del settore – mandano i loro figli, ha un lato oscuro di sfruttamento. I «tutori legali» dei ragazzi, senza adeguata formazione, hanno condizioni lavorative pessime: 24 ore su 24 di reperibilità, lasciati allo sbaraglio e paghe che equivalgono a meno di un euro l’ora. Il tutto pagato tramite la sola ricarica di una carta di credito grazie al diritto del lavoro svizzero, senza alcuna tutela e contributo sociale.

La filosofia è chiara: far passare un lavoro di grande responsabilità come «una vacanza pagata anche per loro». Settimane in cui i cosiddetti «course leader» prendono in consegna anche bambini di soli 8 anni – sebbene la maggior parte sia nella fascia di età 14-18 anni – all’aeroporto di partenza italiano (dove li riconsegneranno) e poi devono sempre essere a loro disposizione per qualunque cosa possa succedere: hanno la reperibilità anche di notte in quanto loro «tutor legali».

La denuncia di un gruppo di lavoratori
«Pochissima formazione, lasciati allo sbando senza alcun supporto, lo stipendio per quattro settimane negli Usa è di 28 euro al giorno»

Le denunce di un gruppo numeroso di lavoratori – non solo italiani – sono precise e circostanziate, sebbene impongano l’anominato per impedire ritorsioni. Ef infatti punta sul grande turn over fra i «course leader» per evitare che si coalizzino e condividano condizioni e critiche. Ma questa volta sembra proprio che la denuncia dell’«exploitation» (sfruttamento) abbia valicato i confini e debordato.

Fondata in Svizzera, Ef, è ormai da decenni un colosso globale con sedi in tutta Europa. Era il 1965 quando il miliardario svedese Bertil Hult portava il primo gruppo di ragazzi in un viaggio studio in Inghilterra. Da quel giorno Education First ha fatto tanta strada (e profitti): si è piano piano estesa sul continente e oggi è presente in 50 paesi con 580 tra scuole e uffici. L’Italia non fa eccezione.

OGNI ESTATE OLTRE 100 MILA famiglie pagano le vacanze-studio ai proprio figli a prezzi tutt’altro che risibili. Per due settimane nel Regno Unito e Irlanda – mete naturalmente più ambite per imparare l’inglese con la pronuncia più classica – il costo si aggira sui 3.500 euro. Chi può permetterselo, può optare per la transoceanica: due settimane negli Stati Uniti costano 4.500 euro, in Australia la cifra si alza a 5.300 euro.

Cifre con cui Education First si garantisce entrate cospicue che portano a bilanci con attivi da capogiro, tanto da sponsorizzare una squadra di ciclismo elite.

Nel 2022 la branca italiana ha chiuso con un fatturato di 8.665.034 euro, recuperando in fretta i livelli pre Covid e punta a chiudere quest’anno con un risultato molto migliore. Se già nel 2022 gli italiani erano tornati a viaggiare, l’estate 2023 per le vacanze studio registra un incremento di oltre il 50% rispetto allo scorso anno.

Il «bouquet» di offerte di Ef per le summer school è amplissimo e promette «gite, divertimento» al pari «delle garanzie che i genitori si aspettano: sicurezza, qualità e assistenza constante di personale esperto».

«PERSONALE ESPERTO» CHE PERÒ denuncia condizioni di «sfruttamento», confermati dai racconti coraggiosi di alcuni di loro che, sfidando il colosso, chiedono almeno di cambiare i loro nomi.

Un team di Education First

Il quadro è condiviso anche da lavoratori di altre nazioni. Si parte dalla formazione: un giorno di formazione che non comprende alcun rimborso spese, neanche per chi debba sorbirsi lunghi viaggi per raggiungere la città che ospita il corso.

La paga dipende da vari fattori ma in tutti i casi è da fame. Si parte dai 350 euro per due settimane nel caso di trattamento a pensione completa. La cifra sale a 550 euro nel caso in cui sia coperta solo la colazione e il malcapitato debba pagarsi tutti i pasti restanti.

L’anzianità di servizio è riconosciuta solo dal terzo anno ed equivale alla miseria di soli 50 euro in più sia sulle due settimane che sulle tre settimane.

PIÙ SI LAVORA E, IN PROPORZIONE, meno si guadagna in proporzione: per quattro settimane negli Stati Uniti si prendono solo 800 euro pari 28,57 euro al giorno. Considerando la reperibilità 24 ore su 24, il calcolo è semplice: poco più di un euro l’ora. Cinque volte in meno dei contratti nazionali pirata che hanno portato a chiedere un «salario minimo orario» da 9 euro.

IL SEDICENTE «CONTRATTO» è qualcosa di inenarrabile ed è normato sulla legislazione della Svizzera, paese in cui Ef ha sede legale. Prevede una rigida «clausola di segretezza», il lavoratore è considerato «indipendent contractor» – lavoratore autonomo – su cui «ricade la responsabilità della tassazione sul reddito, l’assicurazione nazionale e i contributi». Il pagamento avviene su una carta prepagata – B4b payments – ricaricata con l’ammontare previsto al terzo giorno di lavoro. È chiaro dunque che la società non paga alcun contributo previdenziale né tasse e imposte sul valore aggiunto.

«Personalmente – racconta Francesco (nome di fantasia) – ho visto e vissuto molte situazioni spiacevoli durante la mia attività lavorativa con Ef: al di fuori della paga da fame, quando le famiglie pagano tutti quei soldi mi aspetto perlomeno un trattamento di tutto rispetto nei confronti degli studenti (se i soldi non vanno a noi tutori, andranno nei servizi, no?); invece questo non accade. I genitori a volte attendono ore prima che qualcuno dagli uffici italiani gli risponda; ogni anno si sente di genitori che vogliono sporgere denuncia per la qualità del servizio; il livello di disorganizzazione nelle mete che ho visto e di cui ho sentito parlare da colleghi e colleghe è disarmante. Lato nostro, di chi lavora, è invece come parlare a un muro di gomma, sia con le sedi locali che con l’ufficio italiano. Quando segnaliamo le problematiche, anche gravi, ci vengono propinate frasi di cortesia del tipo: “Capisco il tuo punto di vista” ma alla fine della fiera non cambia niente e ti sembra di aver solo buttato del tempo. Ti dicono di “farlo per i ragazzi”, ma capisci che è solo un modo per tenerti a bada giocando la carta dell’empatia. Quando quella non funziona, c’è quella del senso di colpa: una vera manipolazione psicologica», conclude Francesco.

«Ovviamente – prosegue Veronica (anch’esso nome di fantasia) – chi riceve la frustrazione delle famiglie e dei ragazzi sono i course leader, essendo gli unici effettivamente operativi in loco, ed essere rimbalzati continuamente anche dal datore di lavoro (gli uffici Ef) è davvero pessimo. In più va sottolineata la condizione di stress in cui (non solo) i course leader vengono messi, tanto da portare in certi casi a delle crisi di pianto: ne ho viste tante nelle mie settimane di lavoro», conclude Veronica.

Education First, contattata dal manifesto, si difende così: «Solo dall’Italia partono ogni anno oltre 250-300 course leader. Si tratta di una figura che consente di fare un’esperienza internazionale professionale, di viaggio e aggiornamento linguistico a costo zero: Ef offre una retribuzione settimanale e copre i costi di viaggio, vitto, alloggio e assicurazione. Chi supera la selezione riceve le informazioni sul corso Ef assegnato (date, durata, destinazione), un’intera giornata (oltre 8 ore) di training specifico sulla gestione dei gruppi, con staff Ef internazionale. Ricevono un dettagliato Leader Manual, con tutte le informazioni relative al ruolo, i dettagli della destinazione, i numeri di emergenza disponibili 24/7. Ricevono il contratto in cui sono evidenziati compenso totale, oltre a vitto, alloggio e viaggio, assicurazione gratuiti, il periodo di validità e tutti i termini che regolano il rapporto tra le parti. Dieci giorni prima della partenza ogni leader viene contattato via zoom per un webinar pre-partenza. Ciò detto, pur comprendendo che in alta stagione si possano verificare alcune limitate situazioni che richiedano un particolare impegno da parte di alcuni Leader, Ef mette sempre al primo posto la loro sicurezza e quella degli studenti. E sulla base dei singoli episodi, da sempre, di anno in anno Ef rivede le proprie procedure per garantire programmi di qualità in ogni dettaglio».

LE CONTRODEDUZIONI dei lavoratori sono precise: «Veniamo pagati per le nostre conoscenze linguistiche, sociali e per essere persone responsabili, molte volte lasciati a noi stessi perché soprattutto durante il mese di luglio è il caos anche con lo staff locale, che riesce a malapena ad aiutare se stesso, figuriamoci noi, mentre l’ufficio di Roma rimanda la risoluzione del problema il più a lungo possibile, non prestando ascolto alle rimostranze. Messa in questo modo sembra ci stiano facendo un favore, quando è palese che a guadagnarci siano loro, considerata la paga da fame, la pessima qualità di vita durante il lavoro e la mancanza di giorni di riposo che dobbiamo affrontare. Il processo di selezione è quanto mai blando e fanno partire pressoché chiunque. Dicono di avere 250-300 persone disponibili, eppure per tutta l’estate i course leader ricevono mail di richieste di partenze in emergenza con solleciti perché parecchie persone rinunciano al secondo viaggio-lavoro dopo aver vissuto il primo, o altre che, sentendo certe storie da chi è tornato, rinunciano persino al primo. E quindi poi la tecnica usata è la pesca a strascico. La formazione in nessun modo prepara a quella che è l’esperienza reale, ricadendo invece nello spettro di una presentazione pompata commerciale, con autoesaltazione in stile convention americana», concludono i lavoratori.