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L’economia politica pretesa da Calderoli

L’economia politica pretesa da Calderoli

Autonomia Mario Pianta, presidente della società italiana di economia ha proposto (in Sbilanciamoci, 17 marzo 2023) un’analisi dell’economia politica dell’AD secondo cui essa va rintracciata nell’avvenuto indebolimento strutturale del nostro paese, […]

Pubblicato più di un anno faEdizione del 24 giugno 2023

Mario Pianta, presidente della società italiana di economia ha proposto (in Sbilanciamoci, 17 marzo 2023) un’analisi dell’economia politica dell’AD secondo cui essa va rintracciata nell’avvenuto indebolimento strutturale del nostro paese, nella divisione europea del lavoro, nel cui ambito l’Italia, e parte dello stesso nord est, sarebbero territori “semiperiferici” dipendenti dall’economia tedesca. Se ne ha conferma nel fatto che nel periodo 2008-2022 è diminuita la produzione manifatturiera rispetto a Francia e Germania, è peggiorata l’occupazione sia in quantità che in qualità (2/3 dei nuovi contratti di lavoro sono a termine), è crollato il potere d’acquisto dei salari italiani al netto dell’inflazione (perso il 12%, mentre i salari tedeschi sono cresciuti del 12% e quelli francesi del 6%,) e si è realizzato un sistema produttivo che ha i suoi punti di forza nell’asse Milano , Bologna , Verona e aree limitrofe. Dove si concentrano tecnologia, investimenti, lavoro qualificato , centri finanziari e di ricerca .

Così si è polarizzata la struttura produttiva e aggravato la condizione delle aree interne in tutte le regioni.

La forza che spinge l’AD deriva da questo stato di cose assunto dalla Lega in modo miope come conferma materiale della propria visione simbolica del rapporto Nord Sud. Servirebbe, dice Pianta , una “politica industriale” nazionale, oggi assente, per orientare investimenti e allargare la base produttiva. Gianluigi Coppola (in il Menabo, febbraio 2023), propone invece – quale precondizione per comprendere come si formano realmente i PIL territoriali – il superamento dell’impostazione dei modelli di crescita neoclassici o marginalisti. Emerge nella sua analisi che le relazioni interregionali vanno ritenute fattore di importanza tale da rendere il divario tra le regioni “un fenomeno di equilibrio stazionario, e non il risultato di un mancato o erroneo funzionamento del processo di convergenza tra le regioni, così come teorizzato dalla teoria neoclassica”. Se si ipotizzano infatti due regioni con strutture produttive diverse e con differenti livelli di produttività e di remuneratività del lavoro e del capitale, assisteremo al fenomeno per cui lavoro e capitale si spostano «dalla regione in cui la remuneratività è bassa verso quella in cui è più elevata».

Un modello teorico che descrive la natura dell’attuale dualismo territoriale italiano come fenomeno di equilibrio stazionario: nel cui ambito ad es. l’emigrazione di giovani anche ad elevata scolarità dal Sud al Nord, ha contribuito in modo determinante alla crescita economica (basata sulla disponibilità di lavoro e sul progresso tecnico) di quegli stessi territori. Se a tanto si aggiunge che nel Mezzogiorno, la cui domanda attiva il 14% del Pil del Centro e del Nord (Svimez, Sole 24 ore, 9.12.22), pesano i gravi ritardi di investimenti in infrastrutture e servizi pubblici, diviene chiaro quanto sia strutturale la reciproca dipendenza delle aree. Non è un caso quindi che la teoria marginalista – della quale è figlia diretta l’idea di AD che stiamo richiamando – non sia interessata a dar conto della distribuzione della ricchezza tra le classi (Marx), della insuperabile instabilità del sistema finanziario (Minsky) o dello stato dell’innovazione tecnologica (Shumpeter).

Questo spiega perché nel 2008 dominando la prassi di tale teoria, enormi quantità di denaro pubblico furono utilizzate per sostenere banche e grandi aziende sacrificando salari, spesa sociale e domanda interna. La descritta configurazione teorica dell’AD di Calderoli e soci, ne rivela poi la natura contraria agli interessi delle stesse regioni del Nord che taglierebbero il ramo su cui si regge in parte anche il loro sviluppo futuro. Persino Confindustria – che pure finge di non capire che i Lep non saranno finanziati – afferma la poca sostenibilità del progetto chiedendo la definizione dei Lep per tutte le materie trasferibili in astratto alle Regioni e il mantenimento allo Stato di tutte le competenze strategiche (audizione in Commissione Aff. Cost., 30 maggio 2023). La volontà di Lombardia Veneto Emilia Romagna di trattenere maggiori quote di ricchezza per finalizzarle al ciclo di rendite/profitti, colpirebbe le già drammaticamente scarse risorse per occupazione, welfare e istruzione per l’Italia in generale e per il Sud in particolare.

La mobilitazione promossa da CGIL e associazioni per il 30 settembre, la prossima discussione in Senato della LIP proposta dal CDC e sostenuta da 105 mila cittadin*, possono contribuire a battere questo progetto eversivo per l’unità dell’Italia. L’esito del conflitto è aperto, tutt* sono chiamati a parteciparvi.

* Curatore e coautore del libro “Le Regioni dell’egoismo”. Futura Editrice

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