I cantanti, essendo comuni mortali, possono cantare dove vogliono e per chi vogliono. Noi, tuttavia, siamo liberi di trarne le conseguenze e decidere se divorziare, simbolicamente, anche da voci che ci piacciono.

È quindi con sentito dispiacere che annuncio che da ora in poi non potrò più ascoltare la rauca voce di Fausto Leali con lo stesso piacere di prima. Sembra un annuncio da partecipazioni per il caro estinto, e in effetti un po’ lo è da quando il suddetto cantante ha partecipato con slancio alla manifestazione «Muro di Berlino», scarsamente partecipata, organizzata da Fratelli d’Italia a Milano, sabato 11 novembre.

Sul palco c’era un finto muro, di cartoni, con sopra scritte frasi che simboleggiano tutto ciò che la destra odia, in un sincretismo da minestrone facilone che denunciava «Carne sintetica. Austerità. Relativismo. How dare you (il celebre j’accuse pronunciato da Greta Tumberg all’assemblea dell’Onu). Odio religioso. Terrorismo islamico. Pensiero unico. Politically correct. Traffico esseri umani. Comunismo. Speculazione finanziaria. Guerre di aggressione. Follie green. Censura woke».

La redazione consiglia:
Fratelli d’Italia in piazza per il Muro consolati da Fausto Leali

PICCOLO INCISO su questa prassi del «Tutto fa brodo». L’assemblaggio di slogan percutanti è una prassi tipica di chi vuole ridurre la complessità a semplicismo, è uno stile di propaganda politica, un noi contro loro, un raccogli-rancori di facile presa, è la rissa contro il ragionamento, è un’arma infida e letale. Guardarsi le spalle da chi parla solo per slogan.

Tornando al pomeriggio milanese, il noto Fausto arriva, un po’ in ritardo per via del traffico, e quindi sul muro mancava la scritta, che so, «Giuseppe Sala ci fa venire il fiatone». Prima di iniziare a cantare, Leali fa il conto alla rovescia, poi dice «Giù il muro» che, essendo appunto di cartone, cade con un soffio, forse dato da Daniela Santanché che presentava l’iniziativa.

Stendiamo veli pietosi sulla rappresentazione teatrale di livello oratoriale, con tutto rispetto per gli oratori. Forse gliel’ha suggerita Geronimo La Russa, figlio del più noto Ignazio, presente al raduno. Geronimo è da poco stato nominato dal ministero della cultura, quello retto da Gennaro Sangiuliano che per sua stessa ammissione votò i libri allo Strega senza averli letti, nel consiglio di amministrazione del Piccolo Teatro di Milano, istituzione nata nel 1947 nei locali dove i fascisti di allora torturavano i prigionieri. Ignote finora le competenze di Geronimo in campo teatrale.

QUINDI, DICEVAMO,  Fausto Leali canta alcuni suoi successi. Quando scende dal palco qualcuno gli chiede se adesso lo accoppieranno con i partiti di destra. Lui si secca, non risponde e gira i tacchi.

In un’intervista con il Corriere specificherà che lui non è né di destra né di sinistra, ma va dove gli danno il cachet che chiede. Ne deduciamo che siccome ai concerti del primo maggio, per esempio, molti cantanti si esibiscono in cambio solo di un rimborso spese, non lo vedremo mai su quel palco.

Ci sono artisti per cui pecunia non olet, altri che non ce la fanno a esibirsi per qualcuno che non stimano e che mai voterebbero, altri ancora che si tengono alla larga dalla politica. Sono tutte scelte legittime, ma…

Dall’altra parte ci siamo noi che le canzoni le ascoltiamo, che abbiamo dei gusti e delle idee. A me è sempre piaciuto il modo di cantare di Fausto Leali, così aspro, sporco, fuori dagli schemi.

Da sabato 11 novembre farò fatica ad ascoltarlo perché va bene esibirsi per chi ti paga, ma ci sono denari e denari. Non sempre pecunia non olet. A volte olet tantissimo.

mariangela.mianiti@gmail.com