Le trasferte titaniche di un patrimonio archeologico in prestito
«Atlante Farnese», Museo Archeologico Nazionale, Napoli
Cultura

Le trasferte titaniche di un patrimonio archeologico in prestito

GEOGRAFIE L’Atlante Farnese volerà da Napoli alla volta di Osaka. Mentre Manneddu di Mont’e Prama visiterà Madrid. Nessuna riflessione sui rischi conservativi per gli spostamenti delle statue
Pubblicato 3 mesi faEdizione del 31 agosto 2024

I visitatori che dal 13 aprile al 13 ottobre 2025 si recheranno al Museo archeologico nazionale di Napoli (Mann) non troveranno, nella maestosa Sala della Meridiana, una delle sue opere più prestigiose: l’Atlante Farnese. Durante quel periodo, infatti, la scultura in marmo del II secolo d.C. raffigurante il Titano Atlante che sorregge il globo, volerà nell’isola artificiale di Yumeshima, a Osaka, per l’«Expo 2025». Lo ha annunciato giovedì scorso il ministro della Cultura, affermando che «mettere al centro del Padiglione Italia un capolavoro nonché icona di valore inestimabile come l’Atlante Farnese (…) significa far conoscere a tutti un’opera che rappresenta l’eredità culturale della nostra Nazione». Malgrado lo stesso ministro riconosca che «la preziosa scultura, insieme ad altre opere della collezione, ha contribuito a fare del Mann uno dei musei archeologici più importanti al mondo, determinando un forte impulso alla diffusione della nostra cultura e al riconoscimento dell’Italia come custode di un patrimonio unico a livello globale», non sorprende che l’Atlante possa lasciare Napoli.

CIÒ ERA GIÀ AVVENUTO, infatti, nel 2021 in occasione della mostra Terracqueo allestita al Palazzo Reale di Palermo. Inoltre, nel 2022 l’imponente statua acquisita da Alessandro Farnese nel 1562 e che già da allora godette di grande fama non solo per le qualità artistiche ma anche per l’interesse astronomico e scientifico (sul globo è impressa una delle più complete e antiche descrizioni della sfera celeste e dello zodiaco) era stata spostata a Roma nel quadro della rassegna Raffaello e la Domus Aurea: l’invenzione delle grottesche. Questa volta però, il Titano lascerà – per usare un’espressione cara a Sangiuliano – il patrio suolo. Al titolare del dicastero fa eco il Direttore generale dei Musei Massimo Osanna (attualmente anche direttore ad interim del Mann), il quale dichiara che la scultura – unica copia di un originale greco della Scuola rodia – raggiungerà il Giappone «per incarnare (…) il superamento delle frontiere della conoscenza attraverso la curiositas, il desiderio di scoperta e l’attrazione per l’ignoto, connaturati nell’animo umano e che da sempre hanno contribuito a creare ponti e stabilire relazioni tra mondi e popoli diversi, tra Occidente e Oriente». Parole che suonano come un maldestro tentativo di elogiare il trasferimento di un’opera poderosa alta circa 2 metri, che servirà invece da «mobilio di lusso» per una fiera internazionale dedicata alla società del futuro, in cui si discuterà di robotica e intelligenza artificiale.
Osanna è d’altronde avvezzo a questo genere di operazioni avendo, sempre in veste di direttore generale dei musei, favorito il prestito di altre due opere iconiche del Mann – gli splendidi bronzi del I secolo a.C. denominati Corridori di Ercolano – per decorare la scenografia della sfilata di Bottega Veneta alla Milano Fashion Week del marzo 2023.

NEGLI SCORSI GIORNI è stato anche annunciato l’ennesimo viaggio di un altro «gigante». Si tratta di Manneddu, uno dei «pugilatori» appartenente al complesso scultoreo di Mont’e Prama (X-IX secolo a.C.). La scultura in calcare sarà esposta dal 17 settembre al 12 gennaio 2025 al Museo archeologico nazionale di Madrid. La tappa iberica, organizzata dalla Fondazione Mont’e Prama in collaborazione con l’Ambasciata italiana in Spagna e l’Istituto italiano di cultura di Madrid, arriva a meno di un anno di distanza da quella americana presso il Metropolitan Musem of Art di New York. Anche in quest’ultimo caso, il reperto non sarà inserito in una mostra scientifica ma costituirà – come si legge nel comunicato del museo ospitante – un «oggetto invitato».
Così, nel 50esimo anniversario della scoperta del gruppo monumentale, diviso tra il Museo archeologico nazionale di Cagliari e il Museo civico di Cabras (Oristano), si decide di celebrare la ricorrenza con una mera decontestualizzazione, spacciata per successo culturale. Eppure di Manneddu è stata realizzata una minuziosa copia, molto più leggera dei 330 chilogrammi dell’originale. A questo proposito tornano in mente le immagini dell’arrivo di Manneddu al museo di Napoli per l’allestimento della mostra Sardegna Isola Megalitica, quando fu necessario far passare la statua dal balcone del primo piano tramite una gru. Con tutta evidenza, nessuna riflessione sui rischi conservativi vale quanto la promozione commerciale e politica dell’archeologia.

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